24 maggio 2006

L'Istat, la povertà e l'economia sommersa.

Se ora mi metto a scrivere quello che penso del reale stato di ricchezza del nostro Paese, non la finisco più. Quindi, diciamo solo che l'Istat ha scritto quello che è sotto gli occhi di molti: aumentano i poveri e le disueguaglianze, la produzione è ancora molto debole, le imprese sono troppo piccole, diminuisce il potere d'acquisto del salario, i giovani faticano a trovare impiego.

Io al PIL allo 0.2% non ci ho mai creduto, perché se calcoliamo il PIL sull'effettivo fatturato dell'impresa (e quindi anche della piccolissima impresa) siamo lontani di un bel po' dalla reale ricchezza che viene prodotta in Italia. Per un motivo tanto semplice e banale: la piccola impresa fa tutto (o tutto quello che può) in nero. L'artigianato, ad esempio, è una categoria pressoché sconosciuta al fisco, ma nessuno sembra preoccuparse più di tanto, perché va bene a tutti evitare di pagare l'IVA.

Così come non credo all'inflazione al 2,2%, che l'Istat -- istituto non indipendente ma governativo -- calcola su un paniere di beni che non mi va bene e non rispecchia i consumi reali.

La povertà cambia forma: stiamo diventando un Paese in via di sviluppo (o del Terzo mondo, tanto per non celarsi dietro aforismi): pochi ricchi, molti poveri, una classe media che era la migliore conquista e il miglior prodotto dello sviluppo economico degli anni 60 e che è andata completamente distrutta. Ai semafori continueremo a vedere i Cayenne degli evasori fiscali che partono sgommando e le Panda prese a rate dei lavoratori dipendenti padri di famiglia; partenze rete per risparmiare sulla benzina che sta a 1,4€ al litro.

Si stanno arricchendo i lavoratori autonomi, ma non con l'ingegno e l'onesta, bensì con l'evasione e i cartelli di prezzo. L'altra sera, dopo aver pagato 37 euro per due pizze, un antipasto e due birre, il titolare della pizzeria (completo di Armani gessato) si lamentava per le mostruose commissioni imposte dalle banche e dai servizi finanziari. Aveva ragione? Sì e no. Aveva ragione perché le banche e in genere i servizi finanziari - puntando sul cancro del credito al consumo - stanno accumuilando capitali enormi distrggendo il risparmio delle famiglie. E aveva torto, perché i ristoartori sono stati i primi a gonfiare i prezzi -- tutti insieme, tutti d'accordo.

Vado avanti? No, meglio di no. Se qualche artigiano si arrabbiasse leggendo questo articolo, è pregato di farmi esaminare libri contabili e matrici delle fatture rilasciate diciamo dal 2002 ad oggi.

Non succederà.

10 commenti:

Anonimo ha detto...

Non ci siamo!
Il tuo ragionamento assomiglia troppo a quello che il Centro-Sinistra potrebbe mettere in atto con risultati umani drammatici. Te lo dice un "coglione" che ha votato "contro le sue tasche" e lo rifarebbe persino. Bisogna smetterla con l'ideologia del dipendente "onesto" che paga per tutti. Non esistono solo lavoratori autonomi che evadono per vivere nel lusso, ma anche migliaia e migliaia di persone che evadono per pura e semplice NECESSITA'!! Gente buttata fuori dalle aziende o troppo vecchia per essere assunta; gente che ha attività marginali (fatti un giro su per monti e valli...), gente schiacciata dal "minimale INPS" (sai cos'è?) e dagli "Studi di settore": veri e propri letti di Procuste fiscale. Fino a quando tutti i "piccoli" non si riconoscerano come UGUALI e si uniranno in un unico fronte(dipendenti, precari, artigiani, commercianti, professionisti)non si arriverà mai ad una vera giustizia fiscale. Ma stai tranquillo che le lobby forti soffieranno sempre sul fuoco per dividere con l'odio il dipendente dall'autonomo e con la paura l'autonomo dallo Stato.
L'anonimato di questo post non è dettato da vigliaccheria, ma dal comune buon senso di consegnarsi al cappio del boia ideologico.

Giuseppe ha detto...

l'anonimato non mi piace in nessun contesto, tanto che ho scelto di tenere un blog con nome e cognome.
questo premesso, ti ringrazio per l'intervento -- apprezzo il tempo che hai speso -- che però non condivido.
ho usato toni un po' forti, ma sinceri: se hai dovuto rivolgerti ad artigiani per lavori di ristrutturazione o riparazione o per forniture di materiali, ti sarai imbattuto nella domanda di rito "le serve la ricevuta?", e quando avrai intestao 4 assegni a moglie, cognato, nipote e zia, tu avrai risparmiato il 20% di iva e a loro il 30% di tasse.
chi sopravvive in condizioni di quasi povertà ha tutto il mio rispetto e la mia piena considerazione perché -- ti sembrerà strano -- con il mio stipendio da dipendente campo se non a fatica certo privo degli agi che un tempo la classe media aveva. e non sono gli agi a mancarmi: è il dispiacere di sapere che fino a qualche anno fa avevamo un benesse più diffuso in maniera uniforme sulla poppolazione, mentre adesso si rilevano situazioni di grande e incontrollata ricchezza contreo una crescente povertà.

Anonimo ha detto...

Il clima ideologico in cui si affronta il tema fiscale, non mi rende tranquillo e quindi ti chiedo di volermi scusare, se non comprendere, per la scelta di proseguire nell'anonimato il nostro interessante scambio di idee.
La caduta del tenore di vita della attuale classe media italiana non si può ascrivere, secondo me, all'evasione fiscale. Negli anni '60 tanta classe media si arricchiva proprio evadendo le tasse, con il beneplacito dei governi democristiani. Molti dipendenti ricevevano stipendi che consentivano loro, risparmiando certo per anni, di comprare case e terreni(sui quali poi pagare magari meno tasse del dovuto grazie ad un catasto colabrodo). Tanti dipendenti potevano anche contare sulla rete di salvataggio dei "patrimoni di famiglia" non sempre accumulati senza peccati fiscali.
Quindi il vero nemico della classe media d'oggi è un altro: da quando non si può più fare la furbata di svalutare la liretta per gonfiare le esportazioni, facendo così una certa concorrenza sleale, è saltato il meccanismo principale del famoso "miracolo italiano". Un'Italia costretta a rispettare le regole in Europa è un'Italia più povera e svantaggiata perché è non è "attrezzata moralmente" per produrre reddito competendo alla pari. Pensa, tanto per non parlare solo di lavoratori autonomi, quanta onestà morale c'è nei lavoratori dipendenti che "rubano" il tempo del loro lavoro per dedicarsi ad attività personali (telefonate, internet, ecc.). Pensa anche a quanti dipendenti continuano a "rubare" il loro, magari magro, ma indiscusso, stipendio, condannando così all'inefficienza le loro aziende. In sostanza, non è facendo la caccia all'untore verso i lavoratori autonomi che si risolleva il benessere economico della classe media, ma rifondando la intera moralità personale, sociale, politica ed economica di questo disgraziato Paese.

Giuseppe ha detto...

ho letto con molta attenzione queste tue righe pacate e ragionevolissime.
rispetto il tuo anonimato. il mio blog è un luogo libero.
la tua analisi è generalmente condivisibile e molto ben argomentata.
sono persuaso anch'io di come una certa evasione fiscale abbia rappresentato negli anni una forma di risparmio delle famiglie. non credo tuttavia di aver affermato nel mio post che la distruzione della classe media è ascrivibile all'evasione fiscale. la situazione è molto più complessa e, come hai scritto, in un'europa fatta di regole, un paese sregolato come il nostro naviga in cattive acque. ma mi limito a constatare che l'avvento dell'euro ha creato un cleavage socio economico fortissimo e senza precedenti: non più i ceti sociali divisi - marxianamente - per il possesso o la mancanza degli strumenti del proprio lavoro bensìdivisi in base alla capacità di influenzare e decidere il proprio reddito e, conseguentemente, il proprio potere d'acquisto. non è solo un parlare comune affermare che il settore della ristorazione ha fatto cartello per duplicare i prezzi al consumo, così come è avvenuto per altri servizi alle famiglie (i servizi bancari) e per molti beni di prima necessità, a cominciare da quelli alimentari.
per essere esplicito: se l'artigiano o il ristoratore (e in genere la loro classe) decide che quanto ieri mi costava 10 d'ora in poi mi costerà 16 o 17, il lavoratore dipendente può solo sobbarcarsi una spesa maggiore o rinunciare al bene/servizio perché non ha il potere di influire sul proprio reddito.
poco importa se un lettore dvd costa 30 euro quando la frutta, la verdura, il pane, il biglietto del cinema, i bollettini postali e i francobolli aumentano senza controlli e senza garanzie per il consumatore.
la crisi del medioriente e il conseguente rialzo del prezzo del petrolio al barile ha comportato una serie di costi diretti e indiretti che hanno vieppiù impoverito i consumatori.
sull'onesta morale del lavoro dipendente mi trovi generalmente d'accordo. lavoro in una grande azienda (privata, ma in passato pubblica) e so che è facile fare i furbetti. ma questo fenomeno mi sembra più diffuso in altre realtà, diciamo diretta emanazione della cosa pubblica.
la discussione è intrigante e suggestiva. uno stimolo prezioso.

Anonimo ha detto...

Sì, vedo anch'io che il nostro scambio d'idee procede in modo interessante. Arrivati a questo punto spero però che si possa convenire sul fatto che la vulgata "autonomo=evasore fiscale=causa dei mali del Paese" è una comoda scusa ideologica per indirizzare su una sola categoria di lavoratori l'astio di tutte le altre per la vita grama che i più fanno. La vera differenza tra autonomi e dipendenti è che i primi possono tentare di alzare i loro redditi con vari mezzi, anche illegali, perché sono "liberi" di agire sul mercato, mentre i secondi sono impiccati al loro benedetto/maledetto stipendio e possono solo spendere meno tempo (rubandolo al datore di lavoro) o soldi. Si tratta però di una differenza più fittizia che reale. Se la frutta e la verdura rincarano non si ingrassa il bancarellaro, né il coltivatore, ma la distribuzione all'ingrosso (non a caso nelle mire delle varie mafie). Se la ristorazione raddoppia i prezzi, non ci guadagna il pizzaiolo con 4 tavolini, ma il giro dei ristoranti di buon livello. Inoltre un altro paradosso. La pizzeria dove hai cenato era per caso vuota? I locali notturni della tua città languono senza clienti? Il consumo di droghe e prostituzione è crollato? Non penserai spero siano solo festanti e arricchiti autonomi a spendere il loro denaro in svaghi e notti bianche. Questo significa che la reale situazione è diversa da come la dipingevi all'inizio. La percezione dell'impoverimento, sarebbe riassunta nell'assioma: un euro ha il suo valore nominale quando lo si guadagna e vale solo la metà quando lo si spende. Questa situazione riguarda però solo una parte, cospicua, del Paese: i redditi medio-bassi. Oltre una soglia collocabile sui 2.500-3.000 euro al mese, a persona, la percezione del valore dell'euro si riequilibra. Questo accade perché oltre quella soglia, da ben prima dell'euro, i servizi si sono sempre pagati due volte: sanità (visite private), poste (corrieri privati), trasporti (mezzi privati), ecc. ecc. Quindi la categoria veramente svantaggiata è quella, ripeto, dei PICCOLI, non importa se in proprio o dipendenti. Conosco onestissimi artigiani che non evadono un'euro e vivono poveramente pur facendo girare buoni fatturati perché hanno le mogli a carico con 3 figli da crescere. Campano così male non perché siano "coglioni", ma solo perché hanno scelto di vivere "senza padroni" e non se la sentono di fregare lo Stato per dormire tranquilli la notte. Quella gente lì, e ce n'è più di quanta immagini, è più impiccata di te perché il 27 del mese non accade nessuna miracolosa "apertura della busta paga", lo Stato vuole i soldi anche se i clienti non li hanno ancora pagati e i clienti che non pagano sono in preoccupante, e dallo Stato impunito, aumento. Gente che anticipa i costi dei materiali su cui lavora e viene pagata, se va bene, a 90-120 giorni, mentre i fornitori i soldi li vogliono a 30-60 sennò non ti danno più le successive forniture e tu chiudi.
Insomma, non facciamola lunga oltremodo, il vero nemico di classe del "neoproletario" italiano non sono direttamente i furbetti. Il vero nemico è lo Stato nella sua vile e premeditata creazione della palude di inefficienza che seleziona per la sopravvivenza un solo genere antopologico: i furbetti. Tieni presente che questo non è un discorso da "Uomo Qualunque". Lo Stato ha nomi e cognomi in prevalenza annidati nelle alte burocrazie e nel sottobosco governativo. Persone che ricevono da decenni lauti stipendi, e a volte pure medaglie, per i "servizi resi al paese". Un cancro trasversale che impronta la morale comune. Solo settori "comunisti" e idealisti della Magistratura si danno da fare per raddrizzare le gambe a questa dannata cagna chiamata Italia. Che Dio, se c'è, ce li conservi.

Anonimo ha detto...

chiudo questo approfondito scambio di opinioni con una semplice considerazione adatta forse ad alleggerire i toni, ma cercherò di non uscire troppo dal tema iniziale che affrontate. Ieri sera ho seguito una trasmissione di una mezzoretta il cui tema era la presa di posizione svizzera contro i SUV, e la conseguente affermazione di Pecoraro Scanio, che promette di 'valutare metodi di disincentivazione, ma senza fare crociate'.
Tralasciando che il 90% degli intervistati a bordo dei gipponi dichiarava di usarla in pieno centro per pura casualità, poichè solitamente la guidano in montagna per necessità, e tralasciando che uno di questi era proprio un parlamentare esponente dei verdi possessore di un RAV 4, utile per fare cross sui sanpietrini romani, mi domando invece perchè la politica italiana è sempre sullo stile 'valutiamo ma non facciamo crociate'.
Vale a dire, perchè mi sono sobbarcato l'onere di pagare il canone RAI, e sono il solo dei miei amici a farlo (e lo rimpiango)?
Perchè se vado al cinema a Londra, come per magia mi rendo conto che la fila deve essere una fila per creare un precedente e un successivo, e non un mucchio selvaggio come spesso qui da noi?
In sostanza, credo che lo Stato in quanto tale dovrebbe utilizzare la politica per dare delle regole e dovrebbe utilizzare le istituzoni per farle rispettare. Quindi se vengono fatte pagare le tasse, dovrebbero esistere adeguati sistemi di verifica, idem per il canone RAI, per l'utilizzo della cintura di sicurezza in auto e del casco in motorino, e della concessione di un finanziamento.
Fino a quando il guinzaglio sarà troppo lungo, ciascun cane andrà dove vorrà. Solo scrivendolo però mi rendo conto di poter essere additato come fascista, e non sono di certo un politico. Come prendersela coi politici, dunque, che tentano solo di accontentare un po tutti, per farsi felici per primi...

Anonimo ha detto...

(OT e in ritardo, visto che era il 26...ma Buon onomastico! :-** )

Giuseppe ha detto...

ringrazio di cuore l'anonimo amico che ha scritto le sue sensate e pacatissime riflessioni che sono state d'aiuto anche a me per vedere le cose da un altro punto di vista.
torna!

Giuseppe ha detto...

Placida Signora : grazie!!

Anonimo ha detto...

Piè

A proposito di quello che dice l'amico anonimo, riporto una cosa che ho trovato stamattina a scuola nella bacheca:

“Quando un popolo, divorato dalla sete della libertà, si trova ad avere a capo dei coppieri che gliene versano quante ne vuole, fino ad ubriacarlo, accade allora che, se i governanti resistono alle richieste dei sempre più esigenti sudditi, son dichiarati tiranni.

E avviene pure che chi si dimostra disciplinato nei confronti dei superiori è definito un uomo senza carattere, servo; che il padre impaurito finisce per trattare il figlio come suo pari e non è più rispettato, che il maestro non osa rimproverare gli scolari e costoro si fanno beffe di lui; che i giovani pretendono gli stessi diritti, le stesse considerazioni dei vecchi e questi, per non parere troppo severi, danno ragione ai giovani.

In questo clima di libertà, nel nome della medesima, non vi è più riguardo né rispetto per nessuno. In mezzo a tale licenza nasce e si sviluppa una mala pianta: la tirannia”.

La Repubblica di Platone