Sto ascoltando il nuovo album dei Mastodon, appena uscito. E' il quinto album in studio della band di Atlanta, un gruppo che ho scoperto alcuni anni fa e che mi ha colpito; ed è grazie ai Mastodon che ho conosciuto e apprezzato i Baroness.
Su The hunter ho letto recensioni decisamente favorevoli e molto meno positive.
Per me è prematuro formulare un giudizio completo e definitivo. E' condivisibile la considerazione scritta da molti relativa alla svolta rock del gruppo che ha abbandonato (per ora, per sempre?) le sonorità più dure, aggressive ed estreme dei primi due album di studio; svolta che già si presagiva con Crack the skye ma che in The hunter è evidente, arricchita da influenze
I Mastodon sono comunque una delle band metal (o rock, fate voi) più interessanti ed innovative sulla scena attuale per cui l'ascolto di questo CD è vivamente consigliato.
28 settembre 2011
19 settembre 2011
Test e recensione: Vesrah, pastiglie per freni a disco.
Anche se si cerca di pedalare tutto l'anno, la stagione estiva – per il maggior tempo libero e per il meteo favorevole – è quella in cui la bici si utilizza maggiormente, non solo per le lunghe escursioni ma anche per divertirsi nei bike park. Ed è anche la stagione in cui si consuma più materiale, soprattutto per quel che riguarda i freni. Dovendo fare provviste di pastiglie per i miei Elixir (in sostituzione delle pastiglie sinterizzate di prima fornitura), ho dato uno sguardo al mercato, cercando anche al di fuori dei prodotti Avid, con l’intento di comprare pastiglie affidabili risparmiando qualche euro.
Cercando in rete, alla fine mi sono orientato sulle pastiglie Vesrah, un marchio giapponese che conoscevo in ambito motociclistico (in particolare con Suzuki), che produce pastiglie per mountain bike in quattro mescole, stranamente tutte organiche, indicate rispettivamente Cross Country, Cross Country SL, Long Life e Downhill.
Ammetto che la mancanza di mescole metalliche o semimetalliche e la lacunosità delle informazioni disponibili in rete (non ho trovato opinioni o prove in italiano), inizialmente, mi convincevano poco.
Ho però valutato anche il fattore prezzo: rispetto al prodotto originale (Avid nel mio caso), le pastiglie Vesrah permettono un risparmio nell’ordine del 40%, un aspetto rilevante date le spese continue per la manutenzione (e i capricci) della bici: per capirci, due coppie di pastiglie Avid (anteriore più posteriore) mi costano circa 40 euro mentre per le Vesrah ne spendo circa 25. La curiosità di provarle ha avuto la meglio e sono passato all'acquisto di una fornitura (due coppie) per ciascuna mescola. Vediamo come sono andate le cose.
Montaggio
Quando sono arrivate a casa, non ho potuto fare a meno di notare l'aria un po' cheap della confezione in blister cartonato: niente indicazioni in dettaglio, niente foglietto di istruzioni, ma almeno sono fornite di una molla robusta. Le placche di sostegno dei ferodi sono in acciaio (ad esclusione del modello Cross Country SL che ha i supporti in alluminio con un risparmio di peso dichiarato del 50%) verniciato di nero. Sono rifinite molto bene e non presentano imprecisioni nell'incollaggio delle parti. Il montaggio non comporta alcun problema difficoltà, ma questo dipende molto da come sono progettate le pinze dei freni: gli Elixir hanno un cambio pastiglie piuttosto facile, tanto che le ho sempre sostituite durante i trasferimenti in cabinovia. Purtroppo il modello o il codice non sono serigrafati sul retro dei supporti, accorgimento che faciliterebbe il riconoscimento tra una mescola e l'altra.
Impressioni d'uso
Qui di seguito vi condivido gli appunti presi durante le prove delle diverse pastiglie; il test è stato effettuato in contesti alpini e nello specifico nei bike park Kona di Crans-Montana (Svizzera) e Alpi Bike Resort di Sauze (Torino), nonché su sentieri della Alta Val di Susa. I percorsi affrontati sono stati molto vari: si va dal tracciato nero Chetseron, con fondo molto irregolare, ripido e ricco di ostacoli, al Mont Lachaux e alla Sportinia Express, tracce downhill molto guidate e veloci, prive di passaggi tecnici particolarmente ripidi ma che per le caratteristiche richiedono un'azione quasi costante sui freni: un ottimo benchmark per valutare diversi set di pastiglie. Ho cercato di mantenere un metodo di prova il più possibile oggettivo e confrontabile, cercando di percorrere con un set di pastiglie un mix uniforme di percorsi con un dislivello negativo totale il più costante possibile (compreso tra 2200 e 3000 metri). Alla fine dell’ultima discesa, le pastiglie sono state smontate, analizzate e sostituite con un altro set.
Per semplicità, riassumo le impressioni d'uso di ciascuna delle quattro mescole Vesrah.
Mescola Cross Country
Fin dalla primissima frenata lunga sulla carrareccia di collegamento, quella in cui, generalmente, si effettua un rodaggio della superficie frenante delle pastiglie, la risposta è stata pronta, molto efficace, decisamente modulabile ma comunque potente. Le caratteristiche si sono mantenute costanti per tutta la durata del test senza alcun segno di affaticamento o fading così come non ho riscontrato problemi di surriscaldamento nonostante il supporto in metallo sia in alluminio leggero. La frenata molto ben modulabile è di aiuto nelle sezioni tecniche e ripide, affrontate a velocità ridotte, per avere controllo sul bloccaggio delle ruote e sul superamento di ostacoli diversi (roccia, radici). Inoltre, si apprezza la particolare silenziosità di questo prodotto in tutte le situazioni e temperature. Al controllo effettuato dopo lo smontaggio, le pastiglie hanno mostrato un'usura della superficie frenante molto regolare e inferiore a quanto atteso da una mescola organica.
Sintesi: un prodotto molto valido e soprattutto affidabile, consigliato senz'altro per cross country, marathon, trail ride e all mountain.
Mescola Cross Country SL
Prodotto sostanzialmente simile al precedente: stessa mescola ma supporto in alluminio anziché in acciaio; sul sito Vesrah si parla una riduzione di peso del 50%. Difficile valutare i reali vantaggi in termini di peso mentre mi sentirei di dire che i supporti di alluminio leggero hanno contribuito a dissipare più velocemente il calore, a beneficio dell’impianto e della qualità della frenata. Delicata, invece, la verniciatura dei supporti di alluminio, che ha riportato diverse abrasioni provocate dal contatto con la superficie dei pistonicini. Ininfluente dal punto di vista funzionale, ma comunque un aspetto migliorabile.
Sintesi: ottima per cross country e marathon anche agonistico, interessante la scelta dell'alluminio per le sue proprietà termiche.
Mescola Long life
Della gamma Vesrah, forse sono quelle che, nelle discese lunghe e ripide, mi hanno convinto di meno, ma in qualche modo mi aspettavo questo risultato: il nome (che non si trova scritto sulla confezione ma lo si evince dal sito dei rivenditori) suggerisce una mescola meno morbida fatta per durare più a lungo in situazioni usuali. La frenata è risultata meno modulabile rispetto alle altre mescole Vesrah, ma comunque efficiente, sebbene gli spazi di frenata siano un po' più lunghi; in genere ho dovuto esercitare più forza sulle leve. A questo si aggiunge una rumorosità (comunque molto contenuta) sia a basse che ad alte velocità. A fine prova, il consumo dei ferodi può considerarsi molto regolare e contenuto.
Sintesi: una mescola buona per usi non troppo impegnativi, pastiglie buone da scegliere su bici front con un occhio al risparmio.
Mescola Downhill
Offrono subito una frenata aggressiva, davvero efficace, che consentono staccate e uno stile di guida aggressivo; ma non sono on/off: la frenata è sempre modulabile, si riesce a rallentare e mantenere la traiettoria impostata così come accompagnano nei tratti trialistici su radici e gradoni, permettendo di controllare (ed evitare) il bloccaggio delle ruote. Un acquazzone estivo ha permesso di valutare anche la frenata in condizioni di terreno bagnato, fango e roccia resa viscida, sempre con un feeling molto buono. Anche la mescola Downhill, come le Cross Country, si è rivelata sempre silenziosa. Al controllo effettuato dopo lo smontaggio, le pastiglie hanno mostrato un'usura della superficie frenante molto regolare e contenuta.
Sintesi: davvero potenti e affidabili, ideali per freeride e downhill, ma le userei anche su una bici all mountain su sentieri alpini per avere il pieno controllo della frenata.
Due parole conclusive.
Le pastiglie Vesrah mi hanno decisamente soddisfatto e sono state all’altezza delle aspettative nell’uso più gravoso, la discesa con un mezzo da freeride. In particolare la mescola Downhill, con la frenata prontissima ed aggressiva, è un prodotto interessante così come, per un uso trailride, lo sono le mescole Cross Country.
La scelta di adottare mescole organiche, probabilmente di nuova generazione, può dirsi corretta ed azzeccata: non servono tempi tecnici per raggiungere la temperatura di esercizio come avviene nelle mescole metalliche; al contempo, l’usura del materiale frenante si è rivelato contenuto, anche con un uso molto intenso; la frenata è potente ma sempre molto ben modulabile; non si sono verificati, se non nella mescola più general purpose, rumori e fischi.
Al termine delle prove la superficie frenante delle pastiglie nelle quattro mescole era integra ed uniforme.
Da segnalare solo la già citata delicatezza dei supporti delle Cross Country SL che hanno perso parte della verniciatura superficiale.
Se a queste considerazioni tecniche aggiungiamo un risparmio notevole rispetto al prezzo dei prodotti originali (senza nulla togliere loro), credo che le pastiglie Vesrah siano una scelta molto valida.
Informazioni aggiuntive: sito web di Vesrah.
05 settembre 2011
Portaborraccia e Sganci rapidi in carbonio CTK Light.
Degli altri componenti in carbonio che ho installato sulle bici (i manubri e il reggisella) vi ho già parlato; ma i miei acquisti in casa CTK Light sono proseguiti, convinto dalla qualità di materiali con altri componenti che si stanno dimostrando molto validi oltre che bellissimi: portaborracce e sganci rapidi. Andiamo con ordine.
Portaborraccia ad estrazione laterale in carbonio CTK Light
Il portaborraccia CTK Light è realizzato in fibra di carbonio, è leggerissimo (ma sul serio: 23 grammi, verificati dal sottoscritto) ed ha una forma che presenta due grandi vantaggi: primo, consente l’estrazione della borraccia sia in senso verticale che laterale; secondo, date le dimensioni ridotte, può essere alloggiato in tutti i telai, anche quelli che per geometria e schemi di sospensione offrono pochissimo spazio nel triangolo e rendono complicato se non impossibile l’estrazione verticale della borraccia.
Per questo motivo, ho installato i portaborraccia CTK Light sia sulla bici da XC chesu quella da freeride, dove le dimensioni dei tubi e l’ingombro dell’ammortizzatore lasciano pochi centimetri liberi.
L’aspetto estetico è sorprendente, sia nella versione nera che mette maggiormente in risalto la trama 3K del carbonio che in quella bianca, più discreta (ma la trama è visibile). Per capire quanto è leggero, basta tenere in una mano questo CTK Light e nell’altra il portaborraccia appena smontato dalla bici.
Montaggio.
Il montaggio sul tubo obliquo (con due viti a testa cava esagonale) è un'operazione molto semplice: è sufficiente una chiave a brugola lunga; la parte inferiore del portaborraccia presenta un'aletta sporgente e un tacco di gomma zigrinato che assicurano saldamente la borraccia standard da ciclismo.
Impressioni d’uso.
Il materiale e la struttura lo rendono molto flessibile ed elastico e al contempo robusto: si flette e si allarga ma non si deforma né si rompe. Grazie a questa caratteristica, la borraccia può essere estratta sia dal basso verso l’alto ma anche verso l’esterno con un gesto deciso; è un vantaggio non da poco perché consente un’estrazione rapida, senza far perdere concentrazione ed equilibrio in salita o in velocità sui rettilinei.
Inoltre, mantiene sempre la stessa forma quindi la presa sulla borraccia non cambia nel tempo, a differenza di quanto accade con quelle in alluminio che devono essere “strette” di tanto in tanto. La costruzione di questo CTK è robustissima: la struttura è elastica e resistente alle sollecitazioni.
Lo trovo utilissimo sulla bici da cross country perché è vero che nelle escursioni lunghe si usa lo zaino con la sacca idrica ma è altrettanto vero che non rinuncio alla borraccia con i sali minerali tipo Polase (che non metterei nel Camelbak). Ed è altrettanto utile sulla bici da freeride perché un sorso d’acqua, alla fine di una discesa polverosa, fa sempre piacere.
Come al solito, mano in tasca: on line costa 23 €, per quanto ne so il prezzo più ragionevole per un portaborraccia in carbonio (ho fatto ricerche sul web e nei negozi, e siamo sempre intorno al doppio per altre marche) e non distante anni luce da un prodotto in alluminio non proprio da supermercato. Se poi avete poco spazio nel triangolo del telaio, con questo siete sulla buona strada.
Sganci rapidi in titanio e carbonio CTK Light
L’upgrade e l’alleggerimento della mia bici si conclude (per ora) con un componente fondamentale dal punto di vista funzionale ma che in genere non è molto considerato: gli sganci rapidi.
Portaborraccia ad estrazione laterale in carbonio CTK Light
Il portaborraccia CTK Light è realizzato in fibra di carbonio, è leggerissimo (ma sul serio: 23 grammi, verificati dal sottoscritto) ed ha una forma che presenta due grandi vantaggi: primo, consente l’estrazione della borraccia sia in senso verticale che laterale; secondo, date le dimensioni ridotte, può essere alloggiato in tutti i telai, anche quelli che per geometria e schemi di sospensione offrono pochissimo spazio nel triangolo e rendono complicato se non impossibile l’estrazione verticale della borraccia.
Per questo motivo, ho installato i portaborraccia CTK Light sia sulla bici da XC chesu quella da freeride, dove le dimensioni dei tubi e l’ingombro dell’ammortizzatore lasciano pochi centimetri liberi.
Bianco e nero, la trama 3K del carbonio è ben visibile |
Un elemento in gomma zigrinata permette di trattenere saldamente la borraccia. |
L’aspetto estetico è sorprendente, sia nella versione nera che mette maggiormente in risalto la trama 3K del carbonio che in quella bianca, più discreta (ma la trama è visibile). Per capire quanto è leggero, basta tenere in una mano questo CTK Light e nell’altra il portaborraccia appena smontato dalla bici.
Montaggio.
Il montaggio sul tubo obliquo (con due viti a testa cava esagonale) è un'operazione molto semplice: è sufficiente una chiave a brugola lunga; la parte inferiore del portaborraccia presenta un'aletta sporgente e un tacco di gomma zigrinato che assicurano saldamente la borraccia standard da ciclismo.
Impressioni d’uso.
Il materiale e la struttura lo rendono molto flessibile ed elastico e al contempo robusto: si flette e si allarga ma non si deforma né si rompe. Grazie a questa caratteristica, la borraccia può essere estratta sia dal basso verso l’alto ma anche verso l’esterno con un gesto deciso; è un vantaggio non da poco perché consente un’estrazione rapida, senza far perdere concentrazione ed equilibrio in salita o in velocità sui rettilinei.
Inoltre, mantiene sempre la stessa forma quindi la presa sulla borraccia non cambia nel tempo, a differenza di quanto accade con quelle in alluminio che devono essere “strette” di tanto in tanto. La costruzione di questo CTK è robustissima: la struttura è elastica e resistente alle sollecitazioni.
Lo trovo utilissimo sulla bici da cross country perché è vero che nelle escursioni lunghe si usa lo zaino con la sacca idrica ma è altrettanto vero che non rinuncio alla borraccia con i sali minerali tipo Polase (che non metterei nel Camelbak). Ed è altrettanto utile sulla bici da freeride perché un sorso d’acqua, alla fine di una discesa polverosa, fa sempre piacere.
Non interferisce con lo schema della sospensione |
Come al solito, mano in tasca: on line costa 23 €, per quanto ne so il prezzo più ragionevole per un portaborraccia in carbonio (ho fatto ricerche sul web e nei negozi, e siamo sempre intorno al doppio per altre marche) e non distante anni luce da un prodotto in alluminio non proprio da supermercato. Se poi avete poco spazio nel triangolo del telaio, con questo siete sulla buona strada.
Sganci rapidi in titanio e carbonio CTK Light
L’upgrade e l’alleggerimento della mia bici si conclude (per ora) con un componente fondamentale dal punto di vista funzionale ma che in genere non è molto considerato: gli sganci rapidi.
Dovendo smontare di frequente le ruote per pulire la bici o caricarla in auto, avevo già sostituito gli sganci di serie con un’altra coppia in acciaio i cui movimenti, tuttavia, hanno perso fluidità in tempi abbastanza brevi.
Un po’ per l’estetica e un po’ per la soddisfazione degli altri prodotti di casa CTK Light, mi sono regalato questa stupenda coppia di sganci rapidi con asse in titanio, leva in carbonio, testa e ghiere in alluminio anodizzato.
Dal vivo sono una meraviglia, le foto non rendono giustizia alla finitura della leva e alla cura dei particolari ma soprattutto non fanno capire quanto siano leggeri in confronto agli altri sganci: con 43 grammi la coppia, una ventina di grammi per sgancio, un terzo del peso di quelli standard, sono semplicemente i più leggeri sul mercato.
Se l’obiettivo è alleggerire una bici (o costruirne una leggera) senza spendere cifre immorali, gli sganci CTK sono LA scelta: costano 30 euro, tre volte quelli da supermercato e meno di un paio di Shimano XTR, ma sono una piuma e l’impatto visivo non manca.
Montaggio.
Dal punto di vista funzionale, sono sganci quick release da 9 mm con ghiera a vite e leva di chiusura, per cui si montano con la consueta facilità. Ma è quando si chiudono che si capisce la differenza. La leva (in carbonio satinato e alluminio verniciato) è imperniata sulla testa in posizione eccentrica per assicurare la chiusura sulla rondella che insiste sui foderi di forcella e carro. Il movimento è fluido, preciso; la ghiera a vite ha la testa zigrinata antiscivolo e una superficie di contatto che aderisce al fodero opposto con fermezza ma senza sverniciarlo. Sono forniti con una coppia di molle coniche di rimando.
L’operazione di apertura è semplice; grazie alla leva vantaggiosa, al meccanismo della testa e alla superficie arrotondata del sottile terminale in carbonio, la forza richiesta è ridotta, ma senza mai compromettere il serraggio. Gli assi in titanio sono super rigidi e scorrono nei mozzi che è un piacere: ci si può scordare assi un po’ storti e coperti da quella triste patina di ruggine.
Una volta montati, la resa estetica è di quelle che non passano inosservate, specie in abbinamento ad altri componenti con particolari anodizzati: io li ho presi rossi per accostarli ai rotori Ashima con spider rosso.
Leva in carbonio e testa in alluminio anodizzato. |
Ghiera in alluminio anodizzato. |
Oltre alla già descritta facilità e smoothness delle operazioni di apertura e chiusura, gli sganci offrono un’ottima rigidità e, soprattutto, sono del tutto immuni dagli effetti degli agenti atmosferici, quindi niente ruggine né ossidazione. Il terminale della leva in carbonio è resistente a graffi e colpi ai quali è comunque poco esposto per le sue dimensioni ridotte e la forma cilindrica. Anche le parti anodizzate sembrano resistere bene. Durante l’uso non si sono riscontrati né allentamenti nella chiusura né perdita di fluidità del movimento.
Insomma, un prodotto soddisfacente, ben progettato e molto funzionale oltre che esteticamente riuscito e venduto ad un prezzo decisamente conveniente.
02 settembre 2011
Pinkie - Il mio dito mignolo.
Càpita di cadere quando si va in bici. Un po' per la forza di gravità, un po' perché c'è sempre qualcosa da imparare. La stanchezza alla fine di una bellissima gita. Mettici anche una gomma sgonfia, quella davanti.
Cosa è successo non l'ho mica capito. E' successo in fretta e mi sono ritrovato con la testa al posto sbagliato e i piedi molto più in alto del solito. E molto del mio peso appoggiato ad un dito: il mignolino.
Ma c'era la discesa da fare e cosa non si farebbe per una discesa, tutta d'un fiato, senza mai posare un piede a terra? Si sopporta la fatica, il dolore nemmeno si sente.
La mattina dopo faccio meno il galletto. Ho un dito, il mio dito mignolo della mano destra, storto, gonfio come una salsiccia di maiale e di un colore poco rassicurante, tendente al blu notte. Fa un male cane. Non c'è un'invitante discesa da lenire il dolore. No no.
Il seguito è noto a chi pratica sport: due di picche dalla guardia medica, lunga attesa al pronto soccorso di Chivasso, radiografie, referto un po' affrettato e rassicurante ("Ci metta del ghiaccio").
Le settimane e i mesi passano. Visita dall'ortopedico ("Lo massaggi nell'acqua calda e con la crema"), fisioterapia, ricerche in rete per scovare la patologia. Buchi nell'acqua. Il dito rimane storto. Siamo precisi: rimane in atteggiamento flesso. Significa che è un po' piegato. Esteticamente fa schifo, funzionalmente è quasi a posto, ma duole.
Qualche settimana la decisione: rivoglio il mio mignolo com'era prima della caduta. Più o meno, non sto a spaccare il capello in quattro.
Nuove radiografie, nuove ecografie, finalmente si capisce qualcosa di più. Ma l'ultima parola spetta ad un chirurgo della mano, uno che ci deve capire parecchio perché la diagnosi me la fa guardandomi da mezzo metro (una lesione, si tratta di deformità ad asola o “en boutonniére") e trovando la conferma nelle immagini delle radiografie. Insomma, quei dottori che incontri sempre troppo tardi. Il nome, se serve, ve lo dico in un orecchio.
Non si può operare, il ditino. E' passato troppo tempo dal trauma (inciso: di dottori ne ho visto almeno un paio: non mi sarebbe dispiaciuto se ci avessero azzeccato anche loro al momento giusto). E quindi... che si fa?
Pare che si debba mettere h24 questo trespolo di metallo
che si chiama ferula di Bunnel e non è molto bello a vedersi così come deve essere piuttosto fastidioso da indossare. Forse, con un po' di pazienza, fortuna e costanza, in capo a uno o due mesi qualche risultato lo vedrò (leggi: recupero di qualche grado di estensione della falange). Mettiamola così: c'è chi, per avere un argomento di conversazione, si compra un cucciolo di labrador; io girerò con una gabbietta attaccata ad un mignolo e dovrò ripetere un po' di volte la stessa storia.
Morale della favola. Primo: no, non smetto di andare in bici. Secondo: se ci si fa male, il pronto soccorso va bene per riportare la pelle a casa, ma per il resto meglio chiedere a chi ha più tempo e voglia.Terzo: per un bel po', avrò qualcosa di molto appariscente di cui rendere conto agli sguardi dei curiosi.
Cosa è successo non l'ho mica capito. E' successo in fretta e mi sono ritrovato con la testa al posto sbagliato e i piedi molto più in alto del solito. E molto del mio peso appoggiato ad un dito: il mignolino.
Ma c'era la discesa da fare e cosa non si farebbe per una discesa, tutta d'un fiato, senza mai posare un piede a terra? Si sopporta la fatica, il dolore nemmeno si sente.
La mattina dopo faccio meno il galletto. Ho un dito, il mio dito mignolo della mano destra, storto, gonfio come una salsiccia di maiale e di un colore poco rassicurante, tendente al blu notte. Fa un male cane. Non c'è un'invitante discesa da lenire il dolore. No no.
Il seguito è noto a chi pratica sport: due di picche dalla guardia medica, lunga attesa al pronto soccorso di Chivasso, radiografie, referto un po' affrettato e rassicurante ("Ci metta del ghiaccio").
Le settimane e i mesi passano. Visita dall'ortopedico ("Lo massaggi nell'acqua calda e con la crema"), fisioterapia, ricerche in rete per scovare la patologia. Buchi nell'acqua. Il dito rimane storto. Siamo precisi: rimane in atteggiamento flesso. Significa che è un po' piegato. Esteticamente fa schifo, funzionalmente è quasi a posto, ma duole.
Qualche settimana la decisione: rivoglio il mio mignolo com'era prima della caduta. Più o meno, non sto a spaccare il capello in quattro.
Nuove radiografie, nuove ecografie, finalmente si capisce qualcosa di più. Ma l'ultima parola spetta ad un chirurgo della mano, uno che ci deve capire parecchio perché la diagnosi me la fa guardandomi da mezzo metro (una lesione, si tratta di deformità ad asola o “en boutonniére") e trovando la conferma nelle immagini delle radiografie. Insomma, quei dottori che incontri sempre troppo tardi. Il nome, se serve, ve lo dico in un orecchio.
Non si può operare, il ditino. E' passato troppo tempo dal trauma (inciso: di dottori ne ho visto almeno un paio: non mi sarebbe dispiaciuto se ci avessero azzeccato anche loro al momento giusto). E quindi... che si fa?
Pare che si debba mettere h24 questo trespolo di metallo
che si chiama ferula di Bunnel e non è molto bello a vedersi così come deve essere piuttosto fastidioso da indossare. Forse, con un po' di pazienza, fortuna e costanza, in capo a uno o due mesi qualche risultato lo vedrò (leggi: recupero di qualche grado di estensione della falange). Mettiamola così: c'è chi, per avere un argomento di conversazione, si compra un cucciolo di labrador; io girerò con una gabbietta attaccata ad un mignolo e dovrò ripetere un po' di volte la stessa storia.
Morale della favola. Primo: no, non smetto di andare in bici. Secondo: se ci si fa male, il pronto soccorso va bene per riportare la pelle a casa, ma per il resto meglio chiedere a chi ha più tempo e voglia.Terzo: per un bel po', avrò qualcosa di molto appariscente di cui rendere conto agli sguardi dei curiosi.
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