Introduzione


La maggior parte dell storie inizia da una fine.
Per me, una fine è stata la vendita della mia Jeep Grand Cherokee CRD del 20013, un'auto che ho amato moltissimo, ma che era divenuta insostenibile.
Un anno fa circa ho cambiato lavoro, e avevo bisogno di un'auto più piccola, pratica e con una classificazione ecologica migliore, per quanto l'etichetta Euro sia una delle grandi ipocrisie dell'industria automobilistica.

Recycling is serious, catalytic is not.

Il potente e lussuoso fuoristrada è stato rimpiazzato da una affidabile, sobria ed anonima berlina coreana, di cui non pubblico la foto, perché verrebbe dimenticata subito. 

Ma la mia storia d'amore con la trazione integrale era solo brace sotto la cenere.

A far scoccare la scintilla ci ha pensato la Suzuki Samurai, il primo fuoristrada su cui io sia mai salito a metà degli anni 80, e rimasto nel mio cuore per la costruzione robusta e spartana. Solo contenuti e sostanza, zero fronzoli.

L'inizio. 

Dopo qualche ricerca, mi sono imbattuto in un esemplare di SJ500 non lontano da casa (il che facilitava tutto), trentennale (il che lo rende più che storico con tutte le agevolazioni fiscali e assicurative), con motore 1.3 e non mille, converito a GPL, ben messo di meccanica. Molto meno ben messo di carrozzeria. 

Valutati i pro e i contro , che nella testa di un autodipendente con me sono ovviamente soggettivi e parziali, e il prezzo decisamente vantaggioso visto l'elenco di lavori meccanici appena eseguiti, ho deciso di acquistare questa piccola vecchia Suzuki.
A parte qualche fioritura di ruggine, è obiettivamente un mix di telaio, parafanghi e porte originali su cui sono stati momntati cabina, cofano, portellone, mascherina bianchi. Un bicolor un po' azzardato.
Di per sé il veicolo poteva andare bene com'era.
Ma siccome una parte fondamentale di questo progetto era l'iscrizione ad un registro storico per avere un'assicurazione RC a tariffa convenzionata, procedura che ha tempi abbastanza lunghi, ho deciso di dedicare un budget per portare avanti un "restauro" conservativo.
Le virgolette significano: spendere il meno possibile per dare un aspetto gradevole ad un mezzo affidabile ed eliminare tutti i problemi noti.

Oltre ai disgusti cromatici, la lista delle cose un po' così non è brevissima. Nulla di drammatico.
Ad esempio alcune tubazioni del motore lasciano a desiderare.



Il vano bagagliaio è occupato quasi per intero dalla bombola GPL, peraltro appena sostituita, e coperta da un pezzo di moquette nera. Per ora accettabile.


Gli interni sono integri ma sporchi e polverosi. Dovranno essere ripuliti. 




Ecco i particolari non belli: oltre all'acostamento cromatico, qualche punto di ruggine.


Le fasi del restauro

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