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30 ottobre 2025

Chrono24 e il diritto civile: quando la compravendita online ignora le regole del contratto

Negli ultimi mesi mi è capitato di vivere - per la seconda volta - un’esperienza piuttosto singolare su Chrono24, la piattaforma internazionale più nota per la compravendita di orologi.

È una piattaforma che risponde ai criteri di business platform, e che conosco e rispetto: sicura e ben strutturata sotto molti aspetti. Tuttavia, credo sia importante condividere un problema che, a mio avviso, merita attenzione: il disallineamento tra il workflow interno di Chrono24 e i princìpi fondamentali del diritto civile che regolano le transazioni tra privati.

Un caso concreto (e ricorrente)

Ho messo in vendita un orologio Zenith da donna: non certo un pezzo da collezione, ma un modello elegante, offerto a un prezzo onesto. Dopo pochi giorni ricevo una proposta di acquisto da un acquirente con un’offerta al ribasso.

Chrono24 offerta orologio

Secondo il workflow di Chrono24 avevo tre opzioni: rifiutare, accettare o proporre un controprezzo.

Ho deciso di accettare integralmente l’offerta, indicando soltanto le spese minime di spedizione (nota: su Chrono24 non è possibile impostarle al momento di pubblicazione di un annuncio di vendita; sono normalmente calcolate e comunicate durante la transazione). 

E attenzione: il pulsante per accettare le condizioni del venditore ha un nome curioso, vincolante. Ma per chi?

Non è chiaro nemmeno nel riepilogo


Dal punto di vista giuridico, a questo punto il contratto di compravendita, come dispone l’articolo 1326 del Codice Civile, dovrebbe considerarsi perfezionato: l’offerta è stata accettata, il consenso è espresso, l’accordo è concluso.

E invece, pochi istanti dopo la mia accettazione, l’acquirente ha ritirato la propria offerta, annullando la transazione.

Chrono24 annullamento offerta

Chrono24 ha consentito questa azione senza alcuna conseguenza per chi si è ritirato e senza nessuna tutela per me, venditore.

Chrono24 schermata contratto

La risposta di Chrono24: corretta sulla carta, incoerente nei fatti

Ho contattato l’assistenza spiegando che, secondo la normativa, l’accettazione perfeziona il contratto e che la revoca successiva costituisce inadempimento contrattuale. La risposta che ho ricevuto è stata cortese e, sulla teoria, coerente: una volta accettata l’offerta si perfeziona il contratto e il mancato pagamento configura inadempimento.

Lo dico più chiaramente: Chrono24 stessa considera il fatto da me segnalato un inadempimento contrattuale. Peccato che nella pratica il sistema consenta comunque al compratore di annullare la transazione con un semplice clic. Ancora più rilevante: la piattaforma non consente al venditore di lasciare un feedback pubblico o di segnalare formalmente l’inadempienza dell’acquirente.

Assistenza Chrono24

Il problema non è l’acquirente: è il sistema

Quello che emerge non è solo l’inadempienza del singolo, ma una criticità strutturale nel workflow. Chrono24 permette infatti al compratore di:

  1. proporre un prezzo inferiore (imponendo in pratica una condizione di vendita);
  2. attendere l’accettazione integrale del venditore;
  3. ritirarsi subito dopo senza subire conseguenze.

Questa sequenza contraddice il principio cardine del diritto civile: l’accettazione perfeziona il contratto e vincola le parti. La facoltà tecnica di disdire dopo l’accettazione non cancella, sul piano giuridico, la qualificazione dell’atto come inadempimento.

Rischi per la fiducia e la trasparenza

Una piattaforma che trattiene commissioni sulle vendite dovrebbe bilanciare i rischi di entrambe le parti. L’impossibilità di segnalare pubblicamente comportamenti scorretti riduce la trasparenza e favorisce la ripetizione di pratiche scorrette, con un impatto negativo sulla fiducia complessiva degli utenti.

Conclusione: serve maggiore chiarezza e coerenza giuridica

La mia esperienza solleva una domanda semplice ma importante:

Può una piattaforma consentire la disdetta unilaterale di un contratto già perfezionato, senza prevedere conseguenze o tutele per la controparte?

Le comuni transazioni sulle business platforms e sulle piattaforme di e-commerce che utilizziamo quotidianamente (da Uber a Amazon) hanno regole precise e workflow ingegnerizzati al fine di tutelare entrambe le parti coinvolte. Un workflow di pagamento e il sistema di feedback ne sono due esempi consolidati.

Dovrebbero essere il senso comune e le consuetudini (da cui buona parte della giurisprudenza ha origine) a suggerire che nel momento in cui venditore ed acquirente concordano su prezzo e condizioni di una transazione, essa va onorata, ed eventuali inadempimenti sono oggetto di sanzioni.

Se nella vita reale un acquirente chiedesse uno sconto, ottenesse l’accettazione e poi si tirasse indietro, sarebbe probabilmente ripreso o allontanato dal negozio. Se tale comportamento diventasse sistematico, il settore si doterebbe di strumenti di tutela.

Per questo, reputo discutibile, se non inaccettabile, che una piattaforma con un modello paid — che trattiene commissioni — non applichi i principi fondamentali di correttezza contrattuale che essa stessa richiama.

Note legali

Articolo 1326 del Codice Civile – Formazione del contratto
“Il contratto è concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta ha conoscenza dell’accettazione dell’altra parte.”

Articolo 1374 del Codice Civile – Integrazione del contratto
“Il contratto obbliga le parti non solo a quanto è nel medesimo espresso, ma anche a tutte le conseguenze che ne derivano secondo la legge, l’equità, gli usi.”

In base a questi principi, l’accettazione dell’offerta tramite piattaforma digitale crea obblighi reciproci: l’utente che revoca unilateralmente l’accordo dopo l’accettazione si pone in posizione di potenziale inadempimento, mentre il venditore resta privo di adeguate tutele operative se la piattaforma non mette a disposizione strumenti di segnalazione o sanzione.