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28 gennaio 2024

Ho provato la Ineos Grenadier

Come molti appassionati di auto e di fuoristrada, ho seguito la gestazione del progetto Ineos Grenadier fin dagli inizi, il concept, la prototipazione, poi i lunghi collaudi, sia tramite la comunicazione istituzionale che su gruppi di appassionati. 

Quando la produzione è arrivata al passo finale delle immatricolazioni, in giro per l'Europa sono iniziati i tour promozionali e i test drive, che ho seguito con passione ed invidia. 

Per questo, quando ho visto che a Bardonecchia era possibile partecipare al test drive in anteprima in Italia, o almeno credo, non ci ho pensato un attimo. 

Di questa vettura esistono dozzine di articoli, recensioni, analisi ecc. , per cui vi rimando a questi per le specifiche e le caratteristiche. 

Credo che, tra tutti, questo video sia equilibrato e ben realizzato, ed è apprezzabile anche questo breve articolo, tuttavia non completamente condivisibile. 

Il concessionario Novelli ha portato in esposizione due allestimenti, il Trail Master e il Field Master (più civile), ma per il test drive era disponibile il Field Master con motorozzazione BMW 3 litri a benzina, e trasmissione automatica ZF ad 8 rapporti. 

Essendo tra i fan (virtuali) della prima ora, mi è sembrata subito familiare, tanto negli esterni imponenti quanto negli interni, con un cockpit estremamente ergonomico e comandi di ispirazione areonautica. 






Gli interni sono curatissimi, completi, rifiniti. Comodo e avvolgente il sedile anteriore. La posizione di guida è alta, con una visibilità ottimale e un solo punto cieco nei pressi nel piantone destr (ma i grandi specchietti laterali sono un utile aiuto); i comandi e la strumentazione sono funzionali, robusti, di visibilità immediata (a parte il contagiri).

All'accensione, il 6 cilindri ha un suono gradevole, quasi sornione, ma non silenziosissimo. La partenza a bassa velocità impressiona subito per la dolcezza e la progressione del motore, ma soprattutto per la velocità e la silenziosità del cambio, con cui si arriva alla sesta marcia in pochi secondi, senza accorgersi delle cambiate.  




Se si affonda il piede con più decisione, il turbo benzina è eccezionalmente pronto e reattivo, con un'accelerazione che mostra i quasi 300 cavalli sotto il cofano, e che spinge con vigore questo veicolo da quasi tre tonnellate. Ne risentono i consumi, sui 5-6 km al litro, ma non si sceglie il Grenadier per risparmiare carburante.

Sul web trovate descrizione minuziose tanto dei comandi nella plancia centrale e sul tetto, quanto delle funzionalità del display. Ne cito solo due: inclinometro digitale e profilo altimetrico del paesaggio. Per il resto, niente fronzoli, niente touch, niente ADAS: pulsanti robusti di ispirazione areonautica (per certi versi ricorda la cabina di un elicottero), indicazioni chiari e ben visibili, inserimento delle ridotte con leva meccanica, old school.   

Il test è stato prevalentemente su strade asfaltate di montagna ma c'è stata la possibilità di affrontare qualche breve tratto innevato, piazzali fangosi e un passaggio sterrato. Poco per farsi un'idea completa, ma sufficienti per capire che il controllo di trazione funziona egregiamente e che, nonostante lo schema da fuoristrada duro puro con telaio a longheroni e ammortizatori a balestre, la vettura garantisce un buon comfort anche su pietre, buchi e dossi. 

Lo sterzo, molto demoltiplicato, richiede un minimo di tempo per familiarizzare ma offre un angolo di sterzata ragguardevole: non si può dire che la Grenadier la giri in un fazzoletto ma penso che sarebbe a suo agio nei tornanti stretti più di competitor con lo stesso passo: le critiche mosse allo sterzo mi sono sembrate pertanto poco contestualizzate. 


L'allestimento esterno, anche del Field Master, ha particolari notevoli: dai grandi fari di profondità sulla calandra anteriore alla scaletta sul portellone posteriore.



Un ringraziamento a BiAuto Novelli di Settimo torinese per la gentilezza, la disponibilità e la professionalità. 

21 gennaio 2014

[Recensione e Test] Freni a disco Formula C1.

Nel 2013 Formula ha presentato, tra i prodotti della gamma 2014, il nuovo set di freni C1, che sono considerati low end e destinati prevalentemente al mercato OEM, ma comunque disponibili al dettaglio. Il termine low end, o basso di gamma, mi piace poco e ho invece apprezzato la definizione di budget brakeset che ne è stata fatta durante uno dei servizi all’Eurobike: ovvero un prodotto realizzato con l’attenzione ai costi non significa realizzato in economia, ma in efficienza.
C1 è un impianto frenante indicato principalmente per usi cross country, trail, all mountain e può essere adoperato anche in contesti gravity non impegnativi, anche se non sono consigliati per uso in downhill.
Lo scopo di questo test è verificare, tra le altre cose, quali siano le caratteristiche di potenza e resistenza di questi freni, stressandoli con discese molti metri di dislivello e stili di guida diversi.

Analisi statica
La caratteristica distintiva è la loro progettazione e costruzione con il master cylinder a cartuccia sigillata: il pompante è sostanzialmente un monoblocco integrato sulla cui idraulica non è possibile intervenire con revisioni e rebuild. Questo schema progettuale ha tre risvolti interessanti:
1. consente di produrre un corpo pompante dalle dimensioni particolarmente compatte;
2. in fase di assemblaggio consente di contenere i costi produttivi e, quindi, il prezzo finale;
3. infine fa sì che le parti in movimento siano realizzate con tolleranze migliori che aumentano l’affidabilità del componente.



Circa il punto 1, la compattezza del pompante assiale ha anche il vantaggio di avvicinare la leva al manubrio, a beneficio di chi ha mani più piccole e, in generale, dell'ergonomia del freno. La forma ricorda la serie Oro K18, un impianto frenante potente e affidabile che ho avuto su una trailbike da cui mi sono separato recentemente.

Alcuni, leggendo che il master cylinder non è ricostruibile, potrebbero storcere il naso: ma obiettivamente, negli ultimi anni, quante volte vi è capitato di effettuare una revisione completa del pompante? A me, mai. In primo luogo perché le generazioni più recenti di pompanti sono molto robusti e resistenti; inoltre la ricostruzione del pompante è raramente un'operazione economicamente conveniente per cui accade più spesso che set di freni un po’ provati da uso e cadute passino di mano come ricambi o allestiscano un muletto.



Iniziamo, come di consueto, con il rito dell’unboxing. I freni sono venduti e confezionati separatamente, anteriore e posteriore, in scatole di cartone e protetti da una busta di plastica, in cui troviamo anche due viti M5 già predisposte con il frenafiletti medio, connettori per accorciare le tubazioni, libretto di istruzioni e un po' di adesivi Formula, gadget sempre molto gradito.



Ovviamente i freni sono già pronti all’uso, dotati di pastiglie e muniti dei distanziali in plastica. Le pastiglie sono semimetalliche e, come sostenuto dal rappresentante Formula Jeff Stoudt intervistato durante Interbike, è la mescola metallica più silenziosa che Formula abbia mai prodotto. Ecco l'intervista durante la fiera:


I rotori sono opzionali e acquistabili a parte. Per il test utilizzerò i rotori Formula da 203 mm già montati sulla mia bici.




Ad ogni tubo è attaccato il cartellino con le precauzioni di uso e montaggio.
Il corpo dei freni è in metallo verniciato. Esistono in versione total black, verniciati in nero lucido, oppure quelli che ho scelto, bianchi con collarini e leve neri, un po’ diversi dal solito.
Formula C1 è un impianto frenante abbastanza leggero, come vediamo negli immancabili scatti sulla bilancia.
 



241 grammi per l’anteriore
258 grammi per il posteriore

Le pesate si riferiscono al set di freni ancora equipaggiati dei due distanziali di plastica (circa 10 grammi l'uno); il peso complessivo si aggira sui 480 grammi per il set completo. Un parametro da tenere in considerazione se stiamo allestendo una nuova bici o progettando un upgrade.

Pompanti
La caratteristica dei C1 è il pompante con master cylinder a cartuccia sigillata; si tratta di una pompa assiale con l’idraulica, composta da cartuccia e serbatoio, e disposta in posizione parallela rispetto al manubrio. Come scritto, questo schema contribuisce a ridurre gli ingombri ed agevola la presa sulla leva. Il corpo è verniciato in bianco lucido e con alcune serigrafie (marca e modello, Made in Italy, indicazioni sul fluido DOT da usare e un barcode). La verniciatura dei miei esemplari non è impeccabile e presenta qualche imperfezione di cui peraltro non mi curo assolutamente perché, è noto, i freni sono componenti esposti a graffi ed usura anche nelle semplici operazioni di carico e scarico dall'automobile, per cui non sarebbero rimasti immacolati.


I collarini sono in metallo accuratamente anodizzato nero lucido. Noto con piacere che anche per questo modello, come per i T1, Formula ha adottato le viti a testa cava esagonale, molto più pratiche da stringere e allentare anche con il classico multitool che teniamo nello zaino, rispetto alle viti Torx che ho avuto (e subito sostituito) sui Formula RX1.

Le leve hanno un aspetto robusto e sono realizzate in alluminio anodizzato nero con una superficie ruvida che sembra assicurare un ottimo grip anche a mani nude. La distanza della leva, e quindi la corsa totale, è regolabile mediante una vite a testa cava esagonale. Le leve sembrano essere parte integrante del pompante e non sostituibili (infatti non si trovano nel documento delle parti di ricambio) in caso di rottura. Questo aspetto può rappresentare un limite perché potrebbero effettivamente piegarsi o rompersi per una caduta o un urto contro una roccia.


Sono freni reversibili (cioè un pompante può essere montato indifferentemente a destra o a sinistra); la vite di spurgo (con testa Torx come di consueto) è posizionata esattamente al centro del corpo per non modificarne l'accesso a seconda del montaggio. E' da verificare se lo spazio tra il pompante e il manubrio, rende agevole l'operazione di spurgo.







Pinze.
Anche le pinze, come i pompanti, sono stati progettati da zero. Dal punto di vista estetico, la forma è simile ad altri modelli Formula. Si tratta di una pinza monoblocco, scelta progettuale già adottata da Formula per altri modelli, realizzata in metallo verniciato ed equipaggiata con due pistoncini da 22 mm di diametro: una dimensione generosa, quasi sovradimensionata per utilizzi prettamente cross country, e che fa presagire una buona potenza di frenata.



La vernice non è perfettamente applicata su tutta la superficie: alcuni punti critici, dove le pinze sono state probabilmente a contatto con sostegni durante la verniciatura, non sono rifiniti.
Anche sulle pinze sono presenti le serigrafie Formula con modello, codici a barre e la scritta Made in Italy.



Sul lato esterno è posizionata la vite Torx per effettuare lo spurgo.
Le tubazioni sono molto lunghe, soprattutto quella del freno posteriore, caratteristica che ne agevola il montaggio anche su telai full suspended da 29" in taglie extra large. Come scritto nella confezione sono inclusi i raccordi da utilizzare se si volesse accorciare i tubi; personalmente sono dell'idea di lasciarli lunghi: la qualità dei materiali e dei fluidi usati dovrebbe prevenire il cosiddetto "effetto polmone" che anni fa si aveva sulle tubazioni lunghe dei freni idraulici.





Montaggio
Il montaggio dei freni Formula non è dissimile da quello di altri modelli ed è facilitato dai collarini smontabili dei pompanti, dai bulloni in dotazione già dotati di frenafiletti medio.


Dopo aver rimosso i freni già montati (i Formula T1S forniti di serie sulla mia bici), si procede montando il freno anteriore, iniziando dal pompante.



Operazione naturalmente semplice. I collarini si lasciano allentati per stringerli dopo averli posizionati con l'inclinazione giusta.


Quindi si prosegue montando la pinza alla forcella. Nella confezione standard, non sono inclusi gli adattatori per cui uso quelli da 203 mm già presenti, e i bulloni forniti. Il frenafiletti è applicato con generosità ed offre resistenza al serraggio.
La centratura va liscia come l'olio al primo tentativo: è sufficiente lasciare i due bulloni leggermente allentati, far girare la ruota, dare una frenata decisa e, tenendo la leva tirata, stringere i due bulloni con la chiave esagonale; per verificare che la pinza sia centrata, basta girare lentamente la ruota ed osservare il rotore muoversi tra le pastiglie, meglio se in controluce.


I freni C1 hanno come accessori rotori dedicati, leggermente più spessi di quelli forniti in genere con i T1; per compensare questa differenza di spessore può essere necessaria una regolazione della distanza della leva.
Le operazioni si ripetono per il freno posteriore, con in più il fissaggio al carro del tubo idraulico mediante fascette elastiche.


Il tubo è super lungo, per cui si opta per un passaggio "comodo" e disteso.





Anche la centratura del freno posteriore è un'operazione immediata: stessa tecnica, una veloce verifica del corretto posizionamento e quindi si stringono i bulloni.

Bianco su bianco è un accostamento stupendo!
Per completare il montaggio, occorrono ancora due regolazioni molto personali; la prima è l'inclinazione dei pompanti; qui ognuno segue le proprie abitudini: io preferisco mettermi in assetto da discesa e regolare l'angolo dei pompanti in modo che siano virtualmente allineati all'avambraccio disteso. A questo punto si possono stringere i bulloni sui collarini.



La seconda regolazione è la corsa delle leve; si agisce con una chiave esagonale ruotando un piccolo registro in senso orario o antiorario, come di consueto.
Anche l'assenza di una regolazione di tipo tool less rientra nel contenimento dei costi. Per me non è un problema in quanto una volta che ho regolato la corsa, a meno di anomalie (aria nell'impianto, pastiglie a zero), intervengo molto di rado per modificarla. Comunque questa regolazione mi dà anche l'occasione per fare le primissime frenate nello spazio antistante il garage. Ovviamente le pastiglie devono "rodarsi", ma il feeling sulle leve è buono, solido.
Conclusa anche questa regolazione, ora si devono mettere le ruote su strada (anzi, fuori strada) , imboccare un bel po' di discese e frenare. Servono a questo, no?



Prova pratica
Prima ancora di frenare, l'aspetto che mi colpisce positivamente dei C1 è l'ergonomia, un aspetto che in Formula conoscono bene e che qui hanno applicato al meglio. Le leve sono posizionate abbastanza vicine alle manopole da consentire una presa immediata anche se si hanno dita di media lunghezza; al contempo, la corsa utile è ampiamente dimensionata per regolarla a seconda delle preferenze e avere sempre la frenata sotto controllo. Le leve sono in alluminio anodizzato trattato con una finitura ruvida che dà un ottimo grip in tutte le situazioni, come ho potuto verificare: guanti sottili, guanti invernali, mani nude, bagnato.



Il rodaggio delle pastiglie è stato veloce: sono state sufficienti quattro o cinque frenate decise e la sensazione è cambiata radicalmente, con una risposta alla frenata immediata. Concluso il rodaggio, si può procedere con le prove pratiche che sono state condotte in condizioni abbastanza eterogenee, nonostante la stagione invernale: sentieri, mulattiere, fondi asciutti, innevati, bagnati, roccia, terra compatta, pietre smosse, erba. Per semplicità, riporto qui le mie osservazioni suddivise per condizioni di frenata.

Nota preliminare. I freni sono arrivati in condizioni eccellenti, perfettamente spurgati e con un buon movimento dei pistoncini nelle pinze. Magari a qualcuno potrebbe sembrare ovvio, invece è la testimonianza di un controllo di qualità efficace.

Mulattiera o single track asciutti e ripidi. Una delle condizioni più desiderabili a livello di tenuta e quindi di velocità, non inusuale anche nella stagione invernale. Si procede a velocità sostenuta, controllando velocità e traiettoria con una frenata leggera e ripartita uniformemente su anteriore e posteriore, senza sforzi né staccate. La potenza è sempre più che adeguata ma quello che convince è la progressione e la sensibilità della frenata, che non ha mai fatto percepire alcun segno di affaticamento (e conseguente fading) anche con dislivelli importanti. Rotori di grosse dimensioni aiutano, ma la resistenza è ottima. Confermata la promessa del portavoce ad Interbike: le nuove pastiglie sono straordinariamente silenziose.


Fondo viscido, smosso, con presenza di fango e neve. Al contrario della precedente, questa è la situazione più consueta dei mesi invernali, qualcosa con cui si deve sempre fare i conti durante un'uscita che preveda passaggi boschivi e silvestri, quindi i classici giri cross country. Notoriamente, è la condizione dove una frenata controllabile e progressiva fa la differenza, ed è più importante di una grande potenza. Io credo che sia l'ambito dove i Formula C1 hanno dato il meglio di sé; capiamoci, sono freni molto potenti, ma le loro qualità migliori -- una frenata estremamente modulabile e progressiva, una mescola che funziona bene a tutte le temperature, sia a freddo che alla fine di una lunga discesa -- sono emerse soprattutto sui fondi insidiosi, come la neve ghiacciata per l'appunto, con il carico maggiormente ripartito al posteriore. E' possibile controllare il rallentamento senza mai bloccare la ruota, e quindi controllare la traiettoria con precisione. Anche dopo passaggi nella neve, nel fango e non pochi guadi, le pastiglie sono silenziose e la frenata è costante, pronta.


Tratti tecnici lenti, fondo asciutto. Benissimo anche in questa situazione dove non ho mai sentito l'esigenza di una potenza maggiore; la sensazione sulle leve è sempre stata rassicurante, un insieme di rock solid e controllo molto preciso della potenza esercitata. Sono molto contento anche delle pastiglie: anche se la mescola è prevalentemente metallica, non richiedono di raggiungere particolari temperature di esercizio, e la frenata è ottima anche a freddo. Notevole l'ergonomia e il grip sule leve, sia con i guanti invernali, che in genere fanno perdere un po' di sensibilità, sia con guanti molto sottili e anche -- quando la temperatura lo permetteva -- a mani nude.

Staccate. Personalmente con il mio stile di guida in montagna, le frenate brusche, le "inchiodate" e le staccate non sono frequenti, anche se occorre saperle gestire; qualche volta accade di arrivare ad un tornantino semi nascosto alla fine di un tratto veloce, oppure di dover fare una frenata di emergenza durante un trasferimento su asfalto. Ho provato più volte a sollecitare i C1 in queste situazioni: la potenza è sempre stata adeguata e sufficiente ma, soprattutto, sempre controllabile. A livello di potenza espressa sono inferiori ai T1 e ad altri freni specificamente progettati per gravity, ma mi hanno finora permesso qualunque tipo di frenata in tutta sicurezza.

Analisi post test.

Usura delle pastiglie. Grazie alla centratura perfetta, l'usura è moderata e uniforme. E' sempre difficile raffrontare empiricamente l'usura di pastiglie diverse (occorrerebbe effettuare il test in laboratorio, con apparecchi che consentano di riprodurre sempre i medesimi parametri: forza esercitata sulle leve, resistenza, velocità e durata), ma l'occhio esperto dice che è simile o di poco superiore a quella verificata su altre pastiglie Formula (montate sui T1). Ho riscontrato la formazione di un leggero strato di ossido sulle placchette metalliche.

Resistenza dei materiali. La verniciatura di pinze e pompanti, non ai massimi livelli come precisione, si è però dimostrata molto resistente ai maltrattamenti tipi della mountain bike: finora non ho riscontrato graffi o segni dovuti a pietre, rami ecc.

Tenuta del circuito. Ancora presto per il verdetto definitivo, ma in queste settimane di uso (e trasporti, capovolgimenti...) posso escludere qualsiasi formazione di aria nel circuito. Il feeling delle leve e la potenza sono sempre uguali.

Se pensate che parole e foto ancora non rendano l'idea, di seguito trovate un video che ho realizzato unendo clip registrati negli scorsi mesi utilizzando sempre i Formula C1. Per comodità ho diviso il video in tre sezioni, una per tipo di terreno e fondo.



Due parole a conclusione del test.

Mi sto trovando benissimo con i C1, che stanno prendendo, almeno in questi mesi, il posto dei T1, quindi li confronto con un impianto quasi al top. Formula consiglia i C1 per cross country, trail e light gravity. E' una classificazione condivisibile: sto usando questi freni dalla fine dell'autunno, una stagione in cui i percorsi devono necessariamente scendere di quota e quindi diminuire di dislivello ma sono comunque impegnativi per lo stato del fondo, raramente asciutto e compatto, che richiede cautela e sensibilità. Credo che siano i freni ideali per chi pratica il cross country e l'all mountain, magari su mezzi nei formati 29" e 650B, e vuole freni affidabili, super modulabili, adeguatamente potenti e facili da mantenere senza spendere un capitale; sono perfetti per i giri invernali quando le lunghe discese polverose lasciano il posto a sentieri coperti dal fogliame e fondi scivolosi. Ma sono la scelta giusta, e ne sono convinto, anche per chi si spinge un po' oltre e affronta le discese con decisione: potenza e controllo sui C1 vanno d'accordo.

Pregi
Frenata pronta ed estremamente progressiva
Facili da montare, centrare e mantenere
Super silenziosi
Prezzo contenuto per un prodotto progettato e costruito in Italia

Difetti
La leva non è sostituibile
Verniciatura con qualche imprecisione

17 dicembre 2013

[Test] Guarnitura doppia CTK Light X-Hollow Race 2014 (parte II)

La prima parte di questo articolo si era conclusa con l’analisi statica ed il montaggio della guarnitura CTK Light X-Hollow sulla mia bici, in sostituzione della RaceFace Turbine di serie. Montaggio che ha richiesto solo qualche prova per trovare il corretto spessore dei distanziali nella calotta destra del movimento centrale per ottenere un corretto allineamento tra catena e deragliatore. Quindi è seguito il montaggio dei pedali; per la precisione, due tipi di pedali diversi: flat (Xpedo Utmost 16) e a sgancio (i classicissimi Shimano M520) per mettere alla prova le caratteristiche di rigidità a fronte di sollecitazioni diverse: spinta e trazione.


Completata questa operazione, è iniziato il test vero e proprio: quello su strada, ma soprattutto in fuoristrada.




Le prime due sensazioni sono positive: leggerezza, come testimoniato dal risparmio di peso misurato sulla bilancia, e scorrevolezza apprezzabile. Ero già rimasto molto soddisfatto qualche anno fa dal movimento centrale ceramico CTK e ho potuto trovare conferma anche con questo montaggio.

Pedalata su strada.
Un trasferimento più o meno lungo su strada asfaltata, in genere su salita con pendenze variabili dal 6 al 12%, è una condizione usuale in molte uscite in mountain bike, almeno delle mie. È anche un contesto ideale per provare le diverse tecniche di pedalata (seduta, fuorisella), al reattività al cambio, la risposta alle sollecitazioni (spinta e, in misura minore, trazione).
In questa condizione, si chiudono le sospensioni (posizione Climb su componenti Fox, nel caso specifico) per ridurre il più possibile i fenomeni di bobbing e di dispersione dell’energia cinematica, e si inizia a pedalare. La prima sensazione positiva è che le pedivelle hanno una conformazione ideale: la sagoma è allineata all’asse del pedale, non ingombra né sporge quindi non intralcia mai la caviglia o il tallone nella fase concentrica del movimento. Un aspetto apprezzabile soprattutto quando si montano i pedali flat che da un lato consentono più libertà di spostamento del piede e dall’altro in genere sono accompagnati dall’uso di calzature da freeride caratterizzate da tomaie abbastanza ingombranti.



Nella pedalata rotonda con rapporti agili (22-32 e 22-36 nei tratti più ripidi) e posizione seduta, la guarnitura si comporta da attese: rigida nella struttura e fluida nel movimento. È la situazione che probabilmente sollecita in misura minore questo componente.
È nella pedalata fuorisella con rapporti un po’ più lunghi (22-24 e 22-21), il peso spostato in avanti e scaricato in maniera più evidente sui pedali, che emerge la straordinaria rigidità strutturale di questo componente, che risponde in maniera reattiva e lineare alla spinta esercitata, senza lasciar percepire alcun tipo di flessione; anche spostando il carico su un lato, in un’andatura oscillatoria, l’intero gruppo rimane rigido, con una risposta lineare e in assenza di deformazioni.
Indossando scarpe e pedali con attacchi SPD, la fase concentrica del movimento contribuisce a sgravare il pedale dal peso dell’arto e ad esercitare una trazione la cui forza si somma alla spinta della gamba opposta; medesima sensazione di rigidità; anche accentuando le sollecitazioni di spinta, nessuna percezione di flessione.

Pedalata su sentiero
Il contesto preso ad esempio è un sentiero con fondo pedalabile, pendenza da moderata ad accentuata, tratti di falsopiano e presenza di alcuni ostacoli naturali, una situazione usuale nei percorsi collinari e di montagna, che l’uso di un reggisella telescopico agevola notevolmente soprattutto nei rilanci. La cadenza è meno uniforme rispetto alla salita su asfalto e si alternano tratti più impegnativi in termini di spinta ad altri più rilassati con un RPM superiore e una forza impressa inferiore. Anche in questo contesto le caratteristiche di rigidità e la fluidità sono confermate.


Discesa tecnica
L’assenza di un bashplate in teoria può destare qualche preoccupazione nell’affrontare sentieri con sporgenze e ostacoli; tuttavia una configurazione come la 36-22 installata su una bici da all mountain con un movimento centrale non troppo basso lascia una luce da terra sufficiente a scongiurare incontri ravvicinati tra la corona e il solito pietrone che spunta in mezzo al tornante. Nessun gioco o imprecisione riscontrati durante i tratti più lenti e tecnici delle discese.




Discesa veloce in freeride
La CTK Light non è, almeno in teoria, una guarnitura concepita e venduta per scopi heavy duty; ma si è rivelata sorprendentemente rigida, affidabile e robusta anche quando ho affrontato i terreni sconnessi dei lunghi single track della Valle di Susa, il che significa pietre smosse, radici, buche e drop, a velocità sostenuta. Certo, le escursioni di una bici da all mountain assorbono molte delle sollecitazioni che in bici  più orientate al XC sono normalmente a carico del punto di contatto tra la bici e il ciclista: i pedali e gli elementi ad essi solidali, ovvero la guarnitura. Ciò non toglie che il comportamento e le prestazioni della CTK Light 2014 siano ottimi anche al di fuori della principale destinazione d’uso. Questa sensazione di rigidità e affidabilità si è percepita anche su drop naturali e piccoli salti.


Considerazioni ulteriori
In ogni tipo di uso, ciò che ha colpito positivamente è la cambiata: rapida, precisissima, senza esitazioni anche sotto sforzo. Nonostante gli usi gravosi, le condizioni climatiche non proprio ideali (freddo, neve, fango, acqua, pietre), durante il test non si sono riscontrati problemi o malfunzionamenti ma nemmeno scricchiolii o altri rumori. Il trattamento superficiale di anodizzazione si è rivelato sufficientemente resistente a usura, graffi, urti accidentali e agenti atmosferici; i denti della corona presentano una lieve usura superficiale da contatto con le maglie della catena. In un punto di frequenti sfregamenti tra la suola in gomma della scarpa e la pedivella si è riscontrata una leggera usura dell'anodizzazione. Non c’è stato bisogno di stringere bussole e bulloni delle corone né assi filettati dei pedali: accoppiamenti e filettature sono di livello elevato.

Punti di forza
Tra le più leggere sul mercato.
Molto rigida e reattiva grazie alla costruzione scatolata.
Le pedivelle sono configurabili in lunghezza in tre misure.
Prezzo molto interessante, soprattutto in confronto a prodotti con caratteristiche simili.

Punti di debolezza
Non è possibile montare un bash plate come nella maggior parte delle doppie native.
Le istruzioni a corredo sono scarne.
Il sistema di chiusura delle bussole richiede una chiave specifica.
L’anodizzazione non è esente da usura.

Conclusioni
In definitiva la CTK Light X-Hollow Race si è rilevata una guarnitura leggerissima, con livelli di rigidità inaspettati in rapporto al peso piuma, costruita con standard qualitativi elevatissimi, esteticamente molto gradevole, configurabile nella lunghezza delle pedivelle; le sue performances migliorano ulteriormente in accoppiata con il movimento ceramico CTK. Ha un pricing aggressivo, estremamente interessante e competitivo. Pensata per utilizzi cross country, marathon, trail ride e all mountain, è perfettamente a proprio agio in percorsi freeride. Con queste caratteristiche è difficile, se non improbabile, trovare un prodotto migliore ad un prezzo analogo.