23 dicembre 2004

Pensierino natalizio.


Il libro decimo dell'Odissea ci racconta dell'incontro di Ulisse con la Maga Circe la quale, con un filtro magico, trasformò in porci l'eroe e i suoi compagni.

Se un giorno entrassi nel palazzo della Maga, le negherei il piacere di provare ancora i suoi artifici: con me, ogni ulteriore trasformazione sarebbe impossibile.

Oink.


16 dicembre 2004

Sulla poesia.



Denis Diderot sosteneva che la poesia deve avere in sé qualcosa di barbarico, vasto e selvaggio.

Per quanto mi riguarda vorrei dichiarare che questo qualcosa è la capacità di vergognarsi di se stessi. Per questo, ho da tempo rassegnato le mie dimissioni da ogni forma d'arte.

Devo solo ricucire i pezzi del mio animo, poi sarò nuovamente un uomo presentabile, e apparentemente virtuoso.

14 dicembre 2004

Gli occhi degli altri.

Ricevo, e volentieri pubblico, qualche intrigante e competente commento alle mie fotografie.
Mi affascina sempre scoprire le differenze tra l'intenzione del mio sguardo e quanto lo sguardo degli altri vede nel mio.
Un grazie all'animo sensibile dell'amico GZ.

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la pace chiusa da un cancello
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koala stanco ovvero casa diroccata
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sosta notturna con freccia bianca per terra
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alberi smagriti in campo di concentramento

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scheletro di 1 passaggio nella foresta fluviale

walking in milan
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incosciente attesa seduto in realtà virtuale

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instabilità spaziale

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i 2 commerci, solitudine e passaggio anonimo in rosso

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solitudine e inseguimento del desiderio

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mutilazione di automi per il lusso

07 dicembre 2004

Se il buon giorno si vede dal mattino.



Stamattina stavo facendo colazione (caffè nero non equosolidale, biscotti e succo d'arancia Zuegg) mentre Rete4 trasmetteva un programma sulla salute.
La scena era questa: il professore di turno, in camice bianco e calvizie d'ordinanza, cercava di spiegare non so quali problemi legati alla tiroide.
Ad accompagnarlo nell'arduo compito, uno sconosciuto presentatore con pesante inflessione romana ("A professo', e mo' che je dimo ar pubbrico de 'sta tiroide? Possen star tranquilli?") e una valletta, apparentemente muta.
Per rendere il quadro più credibile, al dottore era stata affidata anche una paziente su cui mostrare le zone del corpo interessate: la ragazza, in posizione clinica (ovvero sdraiata su apposito lettino), era vestita di un microscopico due pezzi da spiaggia, direi corredato di V-string.
Chiome biondo platino, fisico da p o r n o star, una quarta abbondante resa imbarazzante dalla temperatura presumibilmente fresca dello studio, se ne stava in posa abbozzando sorrisi e guardando in macchina, mentre l'anziano professore farfugliava di sistemi linfatici e ormoni T2 con l'occhio che scappava di frequente verso quell'invitante e morbido decolletée.
Il presentatore, compreso nel proprio ruolo, ammiccava compiacente e compiaciuto.
Pubblico mattiniero in deliquio, share in miglioramento, sponsor sorridenti e generosi.
Dopo un paio di minuti era migliorato anche il mio umore. Volete mettere con la cruda realtà della Finanziaria o del conflitto in Medio Oriente?


02 dicembre 2004

Dopo la grande OUVERTURE


Gli ultimi, febbrili minuti prima dell'inaugurazione di OUVERTURE sono serviti per completare l'allestimento , curato con semplicità ed efficienza dal vate che, forbici e nastro adesivo in tasca, saltava su e giù dalla scala come uno stambecco del Gran Paradiso.

All'arrivo dei primi ospiti mi sono sentito emozionato come alla recita di Natale delle elementari. Anzi: di più, considerando che ho fatto l'asinello per cinque anni di fila.

"Colgo qualcosa di neotopografico", ha suggerito un IAFiner di manica larga, guardando le mie ciba. Aspettavo la consegna del Gongolo da un momento all'altro. Perché ad appendere ad un muro e mostrare una propria opera, un lavoro di cui, nel bene e nel male, si è artefici, fa salire quel po' di vanità e di immodestia cui siamo invece costretti a rinunciare nella vita di tutti i giorni, sovente fatta di riti, abitudini, e doveri.

Al di là del narcisistico piacere, la soddifsazione collettiva era tangibile, palpabile. Un po' di sincera ammirazione nei visitatori era percepibile. Le tartine e il prosecco erano piacevoli.

Era passata la mezzanotte quando, con gli ultimi, ho lasciato il Soundtown. Ubriachi di parole e di immagini più che di alcool. E di fronte a tanta grazia, a tanta buona sorte, in mezzo a questa notte torinese molto Cahiers du Cinéma, non ho potuto esimermi dal domandarmi: "Che cosa si potrebbe desiderare di più?"

Fuori, in corso Vittorio, il consueto spettacolo notturno che mi ha riportato indietro ai tempi in cui vivevo a un metro dai Murazzi: sirene, pantere che sgommano, palette fuori dai finestrini.

Ecco. Anche l'ultimo desiderio, espresso a voce bassa, è stato esaudito.

Photo: courtesy of G.Z.

30 novembre 2004

[OUVERTURE] Lampi Fuori.

Con un mood misto di agitazione, soddisfazione e paura, sto facendo il conto alla rovescia.

Domani sera al Soundtown di Torino inizia la mostra collettiva OUVERTURE cui dò piccolo contributo.
Non è come postare su i.a.f. e attendere i commenti più o meno seri degli IAFiners, sperando che siano costruttivi e non i soliti flame. E' qualcosa di più intenso, è un mettersi in gioco più complesso, sfidante. Vedremo.

Nel frattempo ho aggiornato la sezione Fotografia inserendo alcuni scatti fatti in una periferia durante una tiepida notte d'estate.

Il che mi porta ad un doloroso confronto con l'attuale situazione metereologica a Torino: è giorno, ma sembra notte. E, soprattutto, piove, piove, piove.


25 novembre 2004

Benvenuti.



Spesso è la prima parola che leggiamo quando stiamo per entrare in casa di qualcuno.
La troviamo scritta sullo zerbino, accanto al campanello o sulla porta.
Poi, in genere, varchiamo l'uscio. Ed entriamo.
Voglio darvi il benvenuto: dopo qualche lavoro di ristrutturazione, questa è la nuova casa delle mie idee, la mia piccola officina delle invenzioni, il luogo dove esporre i miei pensieri. Benvenuti: entrate.
Ho cercato di dare spazio ad una passione cui, ultimamente, riesco a dedicare più risorse, la fotografia.
Restano, con qualche ritocco grafico, le raccolte di poesie che molti di voi conoscono.
Ce ne saranno presto di nuove, pubblicate "in corsa", perché non c'è davvero più ragione (editoriale, tipografica) di aspettare un corpus completo.
Questa prima pagina, costruita in forma di blog, raccoglierà gli aneddoti e le riflessioni in una forma semplice, comoda da aggiornare e in cui tutti possono partecipare inserendo commenti.
Grazie di aver letto questo righe.
I link in alto a destra vi porteranno nelle sezioni principali del sito.
Buona navigazione.

Pippo Piersantelli

03 aprile 2004

La luce fioca della lampada di Foer.



Jonathan Safran Foer
Ogni cosa è illuminata

Guanda, 2002

L'ho avuto in dono, copia personale di una lettrice entusiasta che ha detto È davvero un bel libro, divertente, ironico, diverso... Leggilo!

Raccoglievo in quei giorni pareri simili, e concordi: è un romanzo di profonda rottura con gli schemi narrativi e stilistici usuali, e il giovane Foer è un ragazzo geniale.

Messa da parte una volta tanto la mia proverbiale diffidenza verso i libri che si devono leggere perché li stanno leggendo tutti, ho affrontato l'opera prima di Foer, e ho trovato subito conferma in una voce comune: le prime 50 pagine sono dure da digerire. È stata in effetti una lettura lunga, travagliata, interrotta, con pochi, rari momenti di convinto piacere, fino al giungere all'ultima riga, e spegnere la luce.

Ogni cosa è illuminata non mi è piaciuto, e per due ordini di motivi.

In primo luogo non ritengo che vi sia alcunché di rivoluzionario nei registri e nello stile adoperati: a favore di molti predecessori di Foer (scomoderemo Joyce), il vantaggio temporale e una maggiore statura giocano un ruolo di rilievo.

La finzione del doppio narratore - con lo sbilanciamento verso l'ucraino Alex - non regge e annoia e stanca, col suo incedere difficoltoso ma disomogeneo nel tentativo di imitare l'inglese scritto da un russo. E non reggono i dialoghi, troppo lunghi e in stile così libero (capoversi in corsivo) da disorientare il lettore fino all'effetto del chi sta dicendo che cosa.

Secondariamente, la struttura narrativa articolata a flashback è artefatta e poco funzionale e sembra dirci di uno scrittore che ha premura di mettere tutte le cose al posto giusto. Il risultato sortito è una giustapposizione un po' ruffiana di elementi che non devono mancare di uscire dalla penna di uno scrittore americano di cultura ebraica che si rispetti: e allora vada per il recupero delle tradizioni centro europee, vada per un umorismo yddish che sa di mandato a memoria, vada per la saga familiare dove pare esserci posto solo per personaggi caricaturali (ma non privi di una certa intuizione creativa), vada infine per l'immancabile flusso di ricordi sulla Shoah. Ed è quest'ultimo aspetto che maggiormente mi irrita, come tutti i tentativi di salire sul treno di un dolore che sempre raccoglie consensi.

Foer è un rampollo della hi society newyorkese e non ha saputo esimersi dall'accodarsi a quel meraviglioso club, con Chaim Potok in testa, che ha fatto della cultura e della sagacia ebraica un momento altissimo della letteratura contemporanea, pur non avendone ancora le qualità e l'esperienza. Lo ritengo pertanto un inizio presuntuoso, un parlare di ferite sanguinanti per convenienza, non per convinzione. Che cosa ci insegna questo romanzo? Qual è la luce che dovrebbe illuminare le piccole cose di ogni nostro giorno? Ritrovare nel passato il senso del nostro presente? Senza approfittare dell'Olocausto, ricordo un gigantesco Piovene che, ne Le stelle fredde, fa apparire dalla nebbia il fantasma di Dostoevskj...

18 marzo 2004

Susan, Beth, and Mel.




L'aeroporto Sandro Pertini di Caselle (Torino) abbiamo già avuto modo di celebrarlo con tutte le sue lacune: un'edicola, un bar, un ristorante, una cappella cristiana, un self service dai prezzi inavvicinabili (ma con vista panoramica su hangar e piste), vecchi cartelloni pubblicitari (ogni volta spero di scorgere in qualche angolo remoto, un po' ingiallito dalla luce dei faretti, l'annuncio trionfalistico Novità 1979: Fiat Ritmo, con una bella 65 CL azzurra immortalata di tre quarti. Ahimé, nessuna traccia).

Ma Caselle non è solo un crocevia di polverosi dirigenti Fiat o vecchi guaglioni che tornano dal paese con il trolley della Esso stipato di scamorze. Qua fuori ci sono le Alpi.

Il comprensorio sciistico della Via Lattea (peggior rapporto prezzo skipass / qualità delle seggiovie, secondo Standards & Poor) ha cominciato ad accogliere cittadini del Regno Unito all'inizio degli anni '90. Il rapporto si è consolidato a tal punto che nella stagione invernale atterrano ogni giorno fino a 4 charter, carichi di simpatici burloni d'oltremanica che rendono l'aeromobile non dissimile dalla valigia di scamorze del nostro paisà.

Sbarcano e caricano i loro bagagli (tavole, sci, scarponi, giacche, borse, casse di birra) su pullmann diretti principalmente a Sauze e Sansicario.

Appena giunti in albergo mettono le loro birre in fresco dentro ai bidet, di cui ignorano la funzione primaria (Nice! A fu**ing cool place for our beer!, sentenzierà entusiasta Susan appoggiando una mano sul grosso stomaco del fidanzato John), quindi escono ad ubriacarsi.

Di ritorno dai pub spesso regalano momenti di grande ilarità sfasciando finestrini di auto posteggiate e urinando contro le vetrine dei negozi. Il mattino seguente, smaltito il grosso della sbornia, sfrecceranno sulle piste ignorando le regole della precedenza, tagliando accuratamente le code agli impianti e bevendo litri di birra ai rifugi.

Ovviamente, non avendo in patria un rilievo superiore ai 100 msl, sciano poco meglio di un etiope e costruiscono pupazzi di neve ogni litro di birra ingerito (Nice! A fu**ing cool snow puppet!, gioirà educatamente Beth appoggiando una mano sul grosso stomaco del fidanzato Paul).

Lasceranno la camera d’albergo solo dopo aver distrutto tra mille risate, piatti, porte e suppellettili e aver dormito in corridoi e garage. Rimarrà intonsa la doccia, di cui ignorano la funzione primaria (Nice! It’s like when it rains in Manchester!, dirà meravigliata Melanie appoggiando una mano sul grosso stomaco del fidanzato Tom).

E rieccoli, mentre ritiro i miei biglietti aerei, blandamente abbronzati, chi sdraiato sul proprio snowboard con una lattina di Moretti accanto, chi ancora abbastanza in forze per ridere a gran voce ricordando aneddoti di amici arrestati dai bobbies per ubriachezza, chi intento in improvvisate gare di rutti.

Mentre rivaluto l’aeroporto di Torino che ogni anno compie il miracolo di rimpatriare questi scherzosi ragazzoni con la loro carica di gioiosa spensieratezza, giungo mestamente alla conclusione che l’ultimo atto di civiltà compiuto scientemente dal popolo inglese è stato l’invenzione della democrazia rappresentativa. Signori, poco dopo Cromwell.

Ma ho una speranza nel cuore: la statistica degli incidenti dell’aeronautica civile. Salite, miei cari, salite sui vostri aeromobili a basso costo, diretti verso piste d’atterraggio invase di nebbia e brina. Accomodatevi su pulciose poltrone sbriciolando patatine e ingollando birra tiepida. Chissà, un radar difettoso, un colpo di sonno del pilota, una tragica fatalità… non poniamo limiti alla Provvidenza…

02 marzo 2004

Londra.

L'albergo costa 300 sterline a notte. Il controvalore in lire era il premio del Signor Bonaventura. Il pavimento dell'ascensore è in marmo. Utile, penso: se tiro le cuoia qui dentro ho già la lapide pronta. Nei corridoi non si sente un rumore. Nel wine bar accanto alla hall, uomini giapponesi assaggiano annoiati vino californiano. L'accesso a Internet costa 9 sterline all'ora. L'ingordigia non ha limiti.

La camera fa schifo. Per 300 sterline, forse, si può avere di più. Che so?, un mese di affitto in centro. Ha un bagno minuscolo, senza finestra, senza bidet. Solo i francesi e i profughi del Burkina Faso sono più sporchi degli inglesi. Non andrei con una donna inglese per paura della sporcizia e per quell’orrendo accento con cui potrebbe sussurrarmi nell’orecchio Oh my darling, I’m cuming!. Rovinerebbe tutto. Con una francese sì, ma se di sinistra, ben vestita, curata, chic e acutamente intellettuale. Difficile nel breve termine.

Intermezzo. L’ultima francese in grado di togliere il fiato – siamo nell’anno del Signore 1965 – è Mylene Demongeot (vedi foto), allora poco più che trentenne, sensuale, irresistibile, presente nei film della serie Fantomas con Luis De Funes. Credo che bellissima lo sia rimasta abbastanza a lungo, ma questa testimonianza conferma ancora che una volta che 34 anni è l’età in cui le donne raggiungono l’apice della propria bellezza, ancora vicine alla grazia giovanile e relativamente lontane dagli effetti della senescenza. Experience makes the difference.



Il frigobar della camera è a controllo automatico, dice il cartello: spostamenti minimi anche involontari degli alimenti in esso contenuti provocano l'addebito immediato sul conto della camera. Una Perrier costa 5 sterline. Quando passo davanti al frigobar trattengo il respiro ed evito pure di guardarlo, per il timore di vedermi addebitata una confezione di biscottini da 19 sterline.

Non oso pensare ai costi dei servizi in camera un po’ più particolari. Non c’è manager giapponese che torni a casa senza aver elargito una grossa somma a una professionista europea, la quale dopo potrà deriderlo insieme alle amiche per le ridotte dimensioni del suo pene.
In Olanda, l’esercizio della prostituzione è regolato da una legge del 2001 che equipara le sex workers a lavoratori autonomi. Nonostante ciò, il fisco ha incontrato notevoli difficoltà ad applicare il prelievo fiscale.

Scendo nella hall. In un angolo un po’ ritirato si svolge una scenetta interessante: un tecnico, guardato a vista da una splendida concierge mulatta, sta riparando un condizionatore.

Lui lavora, tenendosi in equilibrio nel tentativo di serrare una vite scomoda. Lei lo guarda, con le mani sui fianchi. Ha uno sguardo sereno. Ha una bella camicia azzurra con il logo dell’hotel e l’immancabile cartellino con il nome. Mi avvicino, prendo posto su un divano a poca distanza. Un punto d’osservazione privilegiato. Sotto l’uniforme gentile, il corpo appare scultoreo. Il tecnico accende il condizionatore. Un vento fresco investe con leggerezza le due persone. Vedo la concierge rabbrividire impercettibilmente e sorridere imbarazzata. Il freddo fa indurire i suoi capezzoli. Il tecnico finisce di rimontare il pannello frontale dello split senza nulla dire. Aveva un posto in prima fila e si è perso lo spettacolo. È difficile perdonare certi uomini.

Non resta che uscire, imboccare qualche strada. Ho una paura fottuta di attraversare la strada guardando dalla parte sbagliata. E passare il resto della serata in qualche corsia d’ospedale fuori Londra dove qualche dottore pakistano chiede Your credit card number please sir.

Fuori da un pub, due grossi uomini di colore si stanno rollando una canna con naturalezza invidiabile. Ridacchiano, capisco solo fuck. Hanno un accento orribile. Contrariamente a quanto molti pensano, la vendita di sostanze stupefacenti in Olanda è illegale ma tollerata all’interno dei coffee shop. I gestori dei coffee shop sono comunque costretti a rifornirsi illegalmente presso pusher locali.

Rientro, e chiedo alla reception un adattatore per spine elettriche europee. Vogliono una cauzione di 15 sterline.

Dio stramaledica gli inglesi.