23 aprile 2007

Epiphone Les Paul Custom Flametop.

Ieri ho ricevuto una mail dal mio amico Andrea D. che, tra le altre cose, con carta e penna ci sa fare come pochi. Ha partecipato a distanza alla creazione, modifica e infine (con dispiacere) alla vendita della mia Stratocaster. Lo ha pure raccontato ad un amico chitarrista il quale pare abbia detto: "ha bisogno di una Les Paul!". Un coro di voci, a quanto pare, visto che anche DD mi aveva consigliato la stessa cosa.

Ecco, Andrea, questo post è (anche) per te. E perché era giusto dare il benvenuto alla nuova arrivata.

Dopo aver venduto la mia Strato, ho deciso di seguire il consiglio. Così mi sono messo alla ricerca di una Epiphone Les Paul, fino a che l'ho trovata a Genova da Guitar Land.

Inciso doveroso (non è pubblicità, è esperienza diretta): avete presente il negozio genovese medio di strumenti musicali? Commessi poco disponibili e avari di parole, uno strato di polvere sulla merce, divieto di provare più di due chitarre senza acquistarle ecc. Ebbene, i ragazzi di Guitar Land questo trattamento lo hanno vissuto da clienti, così quando hanno aperto un negozio si sono promessi di essere diversi. Direi che ci sono riusciti: entri con un'idea, loro ti ascoltano e ti fanno provare le chitarre (o i bassi o i pedali). Se hai un dubbio chiedi, se non vuoi comprare non sarai fustigato. Fine dell'inciso.

Dicevo, da Guitar Land era appena arrivata in conto vendita una Epiphone Les Paul Custom Flametop colore Heritage Sunburst. Ne ho provate parecchie di LP: una Burny, una Vintage, una ESP (mamma mia quanto suona, però sta sugli 800 euro).
Siccome non ero poi così convinto di fare la cosa giusta (ne avevo bisogno? avevao fatto bene a vendere la Strato handmade?) ho deciso di comprare la Epiphone perché aveva il miglior rapporto qualità/prezzo/rivendibilità. Ovvero, se mi fossi svegliato il giorno dopo dicendo: "ho fatto una cazzata", l'avrei rivenduta subito senza perderci troppi soldi, come ogni strumento di marca.

Invece l'ho portata a casa, attaccata alla pedaliera e al mio Meteoro V8, e in pochi minuti ho capito che no, non avevo fatto uno errore e non l'avrei rivenduta il giorno dopo.

Qui non sto a scrivere una recensione perché:
1. è uno strumento molto diffuso, e basta leggere su Harmony Central
2. le recensioni dei possessori sono sempre di parte: vi aspettereste una stroncatura da chi ha appena acquistato un oggetto?

Voglio dire che ha alcune delle caratteristiche che cercavo (invano) sulla Strato, come ad esempio un sustain grosso. Sono rimasto impressionato per la durata delle note con il distorsore e un pelo di delay. Altro vantaggio è la scala più corta che rende i bending meno difficoltosi. Con il ponte fisso, si scorda poco e raramente. E, infine, non ha il pickup centrale che mi ha sempre dato noia.

Naturalmente sarebbe bello essere all'altezza di questo strumento, ma questa è un'altra storia.

21 aprile 2007

Buchi 2.0.

Come da accordi, stasera sono passato dal gommista a ritirare il mio scooter Aprilia Scarabeo 50 del '94 (indicare l'anno - o model year - fa molto America). Come da accordi un paio di balle, visto che il gommista era intento a sostituire un treno di ribassati da 19" ad una Golf GTI. Vabbe'.
Dopo qualche minuto, mi degna di uno sguardo, congeda il golfista, e sostituisce la camera d'aria del mio scooter. Quindi rimonta la ruota sul mozzo. Tempo impiegato: 45 secondi netti.
"Bravo", dico io.
"Lì ci sono le chiavi, rimonta a tua pidocchiosa marmitta", dice lui.
"Sissignore", dico io, ormai calato nella parte dell'apprendista meccanico.
In un minuto, la marmitta è al suo posto.
"Ci sai fare, con le moto. Potresti lavorare qui, con le moto", dice lui, che evidentemente si capisce tanto di moto quanto di egittologia.
"Idea allettante. Posso lavarmi le mani?", dico io.
Odore di pasta lavamani e di cuccia di Golden retriever. Tutte così, le officine. Mancano i poster con le tette nude, ma nel retro c'è anche la figlioletta che gioca con l'Azoto SecurPneus. Mica si può.

Alla fine me la sono cavata bene. Niente Paypal e polemiche. Gli ho lasciato 7 euro (in nero) per la gomma e il mio curriculum. Ha detto che mi farà sapere, ma so già che lo userà per scrivere sul retro gli ordini ai fornitori.
Tutte così, le officine.

20 aprile 2007

Buchi.


Qualche giorno fa ho bucato con il mio Scarabeo 50. Un bel chiodo arrugginito lungo così. Ecchissenefrega, direte voi.
E no. E' importante. Dovete sapere come sono andate le cose.

Ieri ho spinto lo scooter con la gomma a terra di officina in officina, pareva di essere la Sacra Famiglia in cerca di un riparo la note di Natale: nessuno aveva intenzione o voglia di aiutarmi.
Alla fine sono arrivato all'officina di un gommista. Il mio aspetto cominciava ad essere meno fresco di un'ora prima. Il gommista esce dall'officina e guarda il pneumatico forato.

"Mi spiace, non posso riparare quella gomma", dice il gommista.
"E perché?", chiedo io.
"Perché non ho l'attrezzatura", dice il gommista.
"Scusi, ma che attrezzatura le serve?", chiedo io.
"Okay, non è questione di attrezzatura. E' che devo smontare la marmitta, poi riparare la ruota e infine rimontare la marmitta. E il tutto per cambiare una camera d'aria. Insomma, perdo tempo e ci guadagno poco", dice il gommista.
"E allora che si fa?", chiedo io.
"Se smonti la marmitta e poi te la rimonti, io riparo la ruota", dice il gommista.
"Ho bisogno di una chiave esagonale da 6, una a tubo da 13 e una da 10", dico io, senza esitare.

Conosco quell'accidenti di scooter come un mujaiddin conosce il suo AK47. Il gommista mi passa la serie USAG e in meno di due minuti smonto la marmitta.
Ben gentile, a lavoro terminato mi fa lavare le mani. La pasta lavamani ha un buon odore. Mi riporta indietro di quindici anni, quando truccavo il Piaggio Sì in cortile. Altri tempi.

Stasera devo ripassare in officina e rimontare la marmitta. Se mi chiederà più di 10 euro, gli dirò che io pago solo con Paypal.
Vuole più soldi? E allora dovrà aprire un indirizzo email, un conto corrente e un account Paypal. Io sono stato sul pavimento della sua officina, adesso tocca a lui a mettersi davanti a una tastiera.
Un po' per uno, no?

18 aprile 2007

La Cina è vicina.

Se volete leggere una voce competente e serena su questi giorni di grande caos nella Chinatown meneghina, date un'occhiata al blog di Marco Wong . Pur essendo una voce "da dentro" -- Marco è un cittadino italiano di origine cinese -- nel suo blog non ci sono condanne definitive per una o l'altra parte né soluzioni affrettate come abbiamo letto e sentito altrove. C'è un pacato e necessario richiamo alla riflessione e alla convivenza civile che non dovrebbe rimanere inascoltato.

13 aprile 2007

Gabbiani di periferia.

Il vantaggio di lavorare vicino ad una grossa discarica è che si possono sentire i versi dei gabbiani, anche se si sta a 200 km dal mare.
Insomma, mi fa sentire un po' più a casa.

12 aprile 2007

Welcome Home.

Il giorno fa sovente schifo. Ma me lo lascio alle spalle quando chiudo la porta di casa mia.

Ho tirato giù queste 4 note stonate sul finire di giorni anch'essi piuttosto stonati. So che una stonatura non giustifica l'altra, ma ci sto lavorando.

Bando alle ciance. volevo dire una cosa, e non so se ci sono riuscito. Però ora va meglio. Qui c'è l'MP3 da scaricare.

Commenti, insulti, domande, offese, minacce, eredità milionarie, korea, artigianali, barba, baffi e perditempo, si accetta di tutto. Vivo a Settimo, io: qui mica si va per il sottile.

Nota tecnica: 4 tracce di chitarra acustica (accordi, arpeggio, strum sui pedali e solo), collegata all'ingresso mic della scheda audio e registrata in diretta con Audacity.

10 aprile 2007

I banner di MySpace.


Chi usa MySpace conosce i banner pubblicitari che si nascondono nei giochini realizzati in Flash: cliccando ripetutamente sul banner, si bevono boccali di birra, si colpisce un pallone oppure, come in questo caso, si scappa da un cane. All'ennesimo clic, però, si aprono pagine zeppe di pubblicità.
Tra i giochi provati, quello con il cane che corre è il più appropriato: infatti il testo è stato tradotto proprio alla cazzo di cane.

No comment.

Ultimamente ho ricevuto alcuni commenti sul mio blog (Ju, DeDios, Magenta...), e ringrazio i lettori che hanno perso qualche minuto del proprio tempo per scrivere le loro impressioni.
Purtroppo nella maggioranza dei casi non posso replicare in tempo utile in quanto sono riuscito ad aggirare il content filtering che blocca l'acesso a blogger.com dai computer aziendali, ma non al 100%: ancora non riesco ad accedere al modulo dei commenti.

06 aprile 2007

L'iPod che salva la vita.

Nei film western era una copia della Bibbia, tenuta gelosamente sotto il mantello, a salvare la pellaccia del cowboy sfidato a duello dal cattivo di turno, fermando miracolosamente il proiettile che sarebbe finito dritto nel cuore.
A un militare americano di stanza in Iraq, la vita l'ha salvata un iPod che ha rallentato la corsa della pallottola.

Via Gizmodo

04 aprile 2007

Se i pirati sono di destra.


Punto Informatico riporta la notizia secondo la quale esisterebbero rapporti stretti tra il tracker The Pirate Bay e Carl Lundstrom, un politico svedese fortemente destrorso.
Forse i pirati non sono di destra, ma i loro soldi, quelli per mettere in piedi la baracca, quelli sì.
Posted by Picasa

03 aprile 2007

Pubblicità regresso.

Questa pubblicità era tra le mail di oggi. Io noto una involontaria autoironia.
Succede solo a me? Sono il solo a pensare che non sia normale spendere stipendio di una settimana per un cellulare?

02 aprile 2007

Moana: chissà se questa volta è la verità.

Settembre 1994. Stava finendo l'estate della mia maturità scientifica quando Moana, che era colpevole solo di averci fatto sognare, ha meritato due colonne sul Corriere della Sera per farci sapere che, da quel momento in poi, lei con i suoi lunghi capelli biondi e lo sguardo seducente, sarebbe stata solo un ricordo.
I benpensanti scribacchini, dopo segrete notti insonni sui suoi VHS, si precipitarono a dire "Se l'è andata a cercare, quella poco di buono".
Un provocatore solitario tentò di guadagnarsi il suo quarto d'ora di giacobina celebrità sentenziando che Moana morì di un male che sarebbe potuto capitare anche a una suora. Che piccoli uomini.
Non rimanevano che le repliche di Tunnel su Rai3 con le affettuose imitazioni della Guzzanti.
Però, che vuoto. E neanche la consolazione di dividerlo con gli altri. Mica si può piangere una scostumata.
Adesso il marito scrive di averla aiutata a morire, e per dircelo pubblica un libro. Io spero solo che questo signore non voglia sfruttare l'onda lunga dell'eutanasia per vendere quattro copie in più.
Moana ha già pagato per le sue scelte.

(foto di Elena Somaré)

29 marzo 2007

John O'Brien, Via da Las Vegas.

Per la serie I migliori libri della mia vita (fino a qui), vorrei scrivere qualche riga su questo strano romanzo che mi ha accompagnato in più momenti della mia vita.

La prima cosa che colpisce è la biografia dell'autore, di certo non un tipo allegro. Immaginate un aspirante scrittore, a cui, dopo mille rifiuti, un editore pubblica un libro e una major di Hollywood acquista i diritti per farne un film. Bene: che cosa farà questo ragazzo? Organizzerà una festa con gli amici, comprerà un'auto di lusso o si concederà una vacanza?
Nulla di tutto ciò.
John O'Brien, dopo aver realizzato il suo sogno, il sogno di ogni giovane aspirante scrittore, si suicida.
Ecco: questo è l'autore di Via da Las Vegas.

Dimentichiamo per un attimo il film diretto da Mike Figgis (piano: le musiche -- jazz molto cool e fumoso -- scritte da Figgis sono indimenticabili. La performance di Nicholas "monoespressione" Cage un po' meno. Andiamo oltre) e rimaniamo sulle pagine di carta della bella edizione Feltrinelli.

Via da Las Vegas non ha speranza. Non ne ha un briciolo. Il titolo andrebbe cambiato in Via da Tutto. Perché il protagonista a Las Vegas ci va per bere fino a morire, deliberatamente. È una scelta: non è che finisce nel tunnel dell'alcolismo e prova a smettere. Macché. Vende le sue cose costose, si trasferisce in un motel sullo strip e vaga di bar in bar, perseguendo metodicamente il compito di distruggersi. Conosce una prostituta (che ne passa di tutti i colori), e fanno proprio una bella coppia: un ubriaco e una puttana, nella luce artificiale dei bar di Vegas o sotto il sole impietoso del deserto. Perché Vegas è questo: un giocattolone colorato e senza amore, buttato in mezzo a un deserto di sabbia, pietre, polvere. Lo sfondo perfetto.

Nessuna speranza, quindi. Né per i protagonisti né, sembra, per quel genere umano che si ostina a sfruttare i reietti e ad allontanarli quando non servono più, cercando di scacciarli dalla mente perché rappresentano la parte oscura di sé, quella che non si vuole accettare.

La storia finisce male, o benissimo, a seconda dei punti di vista e delle aspettative del lettore. Le mie, all'ultima pagina, erano pienamente soddisfatte. Le vostre non so.

John O'Brien non scriverà un altro libro, da dentro la sua cassa di pino. Ed è un bene -- che non ne scriva altri, non che sia defunto. Perché quando uno scrittore arriva così in alto, può solo scendere lentamente o precipitare.

John è rimasto in alto.