29 marzo 2007

John O'Brien, Via da Las Vegas.

Per la serie I migliori libri della mia vita (fino a qui), vorrei scrivere qualche riga su questo strano romanzo che mi ha accompagnato in più momenti della mia vita.

La prima cosa che colpisce è la biografia dell'autore, di certo non un tipo allegro. Immaginate un aspirante scrittore, a cui, dopo mille rifiuti, un editore pubblica un libro e una major di Hollywood acquista i diritti per farne un film. Bene: che cosa farà questo ragazzo? Organizzerà una festa con gli amici, comprerà un'auto di lusso o si concederà una vacanza?
Nulla di tutto ciò.
John O'Brien, dopo aver realizzato il suo sogno, il sogno di ogni giovane aspirante scrittore, si suicida.
Ecco: questo è l'autore di Via da Las Vegas.

Dimentichiamo per un attimo il film diretto da Mike Figgis (piano: le musiche -- jazz molto cool e fumoso -- scritte da Figgis sono indimenticabili. La performance di Nicholas "monoespressione" Cage un po' meno. Andiamo oltre) e rimaniamo sulle pagine di carta della bella edizione Feltrinelli.

Via da Las Vegas non ha speranza. Non ne ha un briciolo. Il titolo andrebbe cambiato in Via da Tutto. Perché il protagonista a Las Vegas ci va per bere fino a morire, deliberatamente. È una scelta: non è che finisce nel tunnel dell'alcolismo e prova a smettere. Macché. Vende le sue cose costose, si trasferisce in un motel sullo strip e vaga di bar in bar, perseguendo metodicamente il compito di distruggersi. Conosce una prostituta (che ne passa di tutti i colori), e fanno proprio una bella coppia: un ubriaco e una puttana, nella luce artificiale dei bar di Vegas o sotto il sole impietoso del deserto. Perché Vegas è questo: un giocattolone colorato e senza amore, buttato in mezzo a un deserto di sabbia, pietre, polvere. Lo sfondo perfetto.

Nessuna speranza, quindi. Né per i protagonisti né, sembra, per quel genere umano che si ostina a sfruttare i reietti e ad allontanarli quando non servono più, cercando di scacciarli dalla mente perché rappresentano la parte oscura di sé, quella che non si vuole accettare.

La storia finisce male, o benissimo, a seconda dei punti di vista e delle aspettative del lettore. Le mie, all'ultima pagina, erano pienamente soddisfatte. Le vostre non so.

John O'Brien non scriverà un altro libro, da dentro la sua cassa di pino. Ed è un bene -- che non ne scriva altri, non che sia defunto. Perché quando uno scrittore arriva così in alto, può solo scendere lentamente o precipitare.

John è rimasto in alto.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Ho visto il film e mi è piaciuto molto: l'ho trovato "splendidamente angosciante".
Sicuramente il libro, come nella migliore delle tradizioni, è più coinvolgente, più vissuto.
Complimenti per il post!

Giuseppe ha detto...

ottima definizione urpilo!

Anonimo ha detto...

ciao
io adoooooro il film e sto cercando disperatamente il libro che feltrinelli non pubblica più...

Giuseppe ha detto...

mi par strano, ce n'erano scaffali pieni.
hai provato nell'usato, tipo libraccio? o su ebay...

Anonimo ha detto...

libraccio (milano) e e-bay nulla ma...L'HO TROVATO IN UNA BIBLIOTECA...FINALMENTE!!!
L'ho letto ascoltando jeff buckley...
La mia miglior giornata di masochismo.
Grazie, besos