05 luglio 2006

L'(assurdo) arresto di Mancini (SISMI).

Dopo mesi di notizie confuse, accuse reciproche, omiss, silenzi, la magistratura milanese è intervenuta mettendo agli arresti due uomini dei nostri servizi segreti.
Arresto per cosa? Per avere appoggiato una procedura non cristallina conclusa con il sequestro di un Imam? Per aver coadiuvato agenti della CIA di stanza in Italia? Per avere coperto voli "segreti" sui cieli Europei?
Ma andiamo! Da quando i servizi segreti, nello svolgimento delle funzioni di tutela della sicurezza interna, devono rendere conto del proprio operato ai giudici? Come si può pensare ad un'attività di sicurezza ed intelligence che non possa operare nel segreto, sotto copertura e senza informare tutte le istituzioni e i poteri delle indagini e delle procedure in corso?
Da quando è emerso il caso del sequestro Omar ad opera dell'agente Lady, ho sempre pensato che in questa campagna contro i servizi vi fosse anche molta ipocrisia per almeno tre motivi:
  1. In primo luogo, ogni apparato di sicurezza deve poter operare, quando necessario e al fine di tutelare l'incolumità di una nazione, al di sopra della legge e nello stretto riserbo delle istituzioni. La stampa e la magistratura non possono intralciare il lavoro di intelligence impegnata a contrastare minacce interne. Che senso ha, in questo contesto, l'arresto da parte dei magistrati del direttore delle operazioni del Sismi?
  2. In secondo luogo, in un Paese come il nostro in cui, dalla fine degli anni 60 alla caduta del muro di Berlino, i servizi segreti sono stati al centro di attività gravi ed illegittime, come per altro confermato dalla commissione Pellegrino, volte a contrastare l'equilibrio delle istituzioni, quale credibilità può avere l'arresto di agenti dei servizi per una volta impegnati non a danneggiare bensì a tutelare e garantire la sicurezza dei cottadini? Altri sarebbero gli arresti da fare, e per altre azioni, ormai seppellite nell'oblio.
  3. La fine del secondo conflitto mondiale ha portato la nostra Nazione in una condizione di sudditanza nei confronti dell'influenza americana: per decenni, in cambio della sicurezza ad est, abbiamo ospitato senza troppo protestare basi militari, personale straniero e la presenza di intelligence americana sul nostro territorio. L'alternativa, nel '48, sarebbe stata ospitare altrettanta marmaglia vestita d'altra divisa. E per quale motivo si grida ora allo scandalo se qualche barba finta - ben inserita nella dolce vita italiana - ha sorvolato i nostri cieli e allontanato un tale che proprio uno stinco di santo non era?
Siamo entrati in guerra con gli inglesi e gli americani, e ci siamo messi contro il mondo islamico: un atto pericoso e ambiguo per un Paese come il nostro. Se l'integralismo islamico ha avuto recrudescenze in Italia, un po' ce la siamo cercata. E allora ha più senso difenderci con i mezzi consoni che fare tanto i garantisti in patria, e i soldati in casa d'altri.

04 luglio 2006

La resurrezione dei contenuti digitali.

Oggi ho assistito al convegno L'informazione pubblica è un bene comune? organizzato da Il Secolo della Rete e CSI.
Tra gli altri ha parlato J.C. De Martin (Politecnico di Torino) come rappresentante di Creative Commons contento di non essere - come sempre accade - il primo a parlare di Creative Commons durante un convegno. In effetti, le licenze CC sono state il vero highlight della giornata di studi.
Riflettevo sul fatto che in questi dieci anni ho avuto la possibilità di vivere in prima persona e attivamente molte delle fasi della vita digitale dei contenuti. Ho avuto questa serie di pensieri che mi piacerebbe rendere in maniera più organica.
Prima sono stato coinvolto nel progetto dell'Antilibro di Francesco Pirella, in forte contrasto con la logica del copyright, dell'editoria e dei sistemi tradizionali di distribuzione dei contenuti. Io stesso per anni ho stampato - grazie alla relativa libertà della stampa digitale e dell'on demand - libri autoprodotti cercando di recuperare solo i costi vivi, e fa piacere vedere che c'è ancora qualcuno che segue quest'idea. Negli stessi mesi nascevano iniziative simili, come Liberodiscrivere a Genova e Lampi di stampa a Milano.
Tuttavia l'editoria digitale cartacea rimaneva legata mani e piedi ai costi e alla distribuzione. Alcuni autori non comprendevano bene il senso dell'editoria digitale come libertà dalle catene del polverosa e inadeguato tutti i diritti riservati che fa bella mostra su ogni parallelepipedo cartaceo che giace (venduto o invenduto) sulle librerie.
L'avvento e la diffusione di Internet e delle connessioni a banda larga prima e la diffusione del blog poi hanno contributo in primo luogo a liberare la creatività degli utenti (che hanno scoperto la posibilità di rendere note le proprie capacità autoriali) e in secondo luogo hanno reso vieppiù inadeguato il concetto di diritto d'autore (copyright, così come lo si conosce nel diritto tradizionale) applicato a documenti e informazioni digitali.
D'altronde la rete, con la sua architettura peer to peer, si è prestata da subito alla circolazione incontrollata (copyleft) delle informazioni e dei documenti digitali.
Creative Commons ha avuto il merito di riempire lo spazio tra l'appropriazione indebita del frutto del lavoro intellettuale e l'anacronistico tutti i diritti riservati. L'utilizzo di una licenza CC in un blog o in un sito garantisce la trasportablità dell'informazione e tutela il lavoro di chi produce le informazioni: ed è esattamente quello che non si era riuscito a fare, nonostante gli sforzi, con gli Antilibri, che erano difficili da riprodurre e distribuire ma potevano essere trattati senza riguardo e senza che l'autore potesse ricevere tutela in alcun modo.
Tuttavia ritengo che gli Antilibri abbiano svolto un ruolo importante nella diffusione della cultura di un'editoria digitale nuova e libera, efficace ed ecologica, prima che Internet entrasse nelle case e nelle scuole (perché si parla del 1996, non di ieri). Erano anni in cui digitale significava ancora reprografie e xerografie, in cui scrivere un documento (romanzo, pesie, che importa!) significava subire il rifiuto di piccoli e medi editori (che dovevano pur mettere insieme il pranzo con la cena) oppure accettare il ricatto dei sedicenti editori a pagamento - in realtà stampatori e tipografi che in cambio di notevoli somme consegnavano all'autore una cassa di libri (le soffitte ne sono piene).
In questo contesto, l'Antilibro, culturalmente onesto ed ecologico, consentiva di stampare quello che si voleva, quanto serviva, quando si poteva.
Certamente, l'avvento della rete dev'essere considerato a pieno titolo un evento rivoluzionario nella modalità di distribuzione e fruizione dei contenuti. Eppure mi piace pensare che i contenuti abbiano attraversato queste 2 fasi:
  1. nascita, con la stampa gutemberghiana e l'editoria tradizionale
  2. morte, con il declino e la crisi dell'editoria (offerta che supera la domanda)
Al contempo, posso affermare che i contenuti digitali sono stati protagonisti di 3 fasi:
  1. nascita: con l'avvento dell'editoria digitale e on demand
  2. morte: quando l'editoria digitale non ha saputo varcare i confini geografici e del copyright
  3. resurrezione: con l'avvento di Internet, dei blog, del peer to peer e, finalmente, delle licenze CC.
Ci sarebbe molto altro da scrivere. Spero di trovare presto il tempo e il modo di farlo.

03 luglio 2006

La revisione obbligatoria dei veicoli.

Il mio motorino Aprilia Scarabeo 50, anno di nascita 1995 e 22.000 km sul groppone, ha passato a pieni voti la revisione obbligatoria. Che, per la cronaca, costa 41€ più 15€ di pre-revisione. Con 56€ ho ottenuto un bell'adesivo che mi ricorda quello che già sapevo: il mio motorino parte, frena e ha le luci a posto. E per la serie siamo tutti uguali la tariffa applicata è la stessa per un ML da 100.000€ e per un ciclomotore che ne vale 100.

02 luglio 2006

Il torrone Demurtas.

No, non è una pubblicità.
Un anno fa, di ritorno dalla Sardegna, scrissi un post scherzando sul nome di un dolciume in vendita su una bancarella. Lo corredai di una piccola foto scattata con il cellulare: nella foto si intravedeva una simpatica ragazzina al banco dei dolci. Chiesi ed ottenni consenso verbale.
Qualche settimana fa ho ricevuto una mail, abbastanza incazzata, da parte del proprietario della ditta di torrone Demurtas: tolga la foto altrimenti ci arrabbiamo. Più o meno.
Rispondo io: caro signor Demurtas, non si incazzi. Ora vengo in Sardegna e ne parliamo di persona.
Detto fatto, a San Teodoro ho incontrato il titolare della ditta, che ha garbatamente spiegato il motivo della sua richiesta: la figlia si vergogna di apparire in foto, e si era dispiaciuta di vedersi in un sito. Svelato l'arcano, ho promesso che avrei rimosso la foto.
Così ho fatto.
PS: Demurtas mi ha anche offerto una degustazione del suo torrone, quello al miele con la cialda sopra. Buono da morire.

Angelo M. D'Addesio NON è uno spammer.

Breve e doverosa rettifica sulla mia tirata d'orecchie a tal D'Addesio, che posta un commento, spiega che è innocente, e tutto finisce qui.
Spero.

28 giugno 2006

Angelo M. D'Addesio, per sfortuna ovvero imperizia, ha seriamente corso il rischio di essere giudicato uno spammer da quattro soldi, ma così non è.

Ecco una di quelle cose che mi irritano parecchio, molto più delle mail di viagra cialis enlarge casino. Ho controllato la posta e ho trovato un lunghissimo commento, assolutamente OT, ad un mio post. Si tratta di una lunghissima INTERVISTA AD ANTONELLO DE PIERRO a firma di tal Angelo M. D'Addesio. (Antonello de Pierro invece risulta lavorare presso un certo Ufficio stampa Italymedia).
Incuriosito, ho cercato questo D'Addesio su Google. Cosa ho scoperto? Che la stessa intervista compare nei commenti dei blog di mezza Italia. La mia conclusione, forse non troppo distante dalla realtà, è che questo signore faccia copiaeincolla della sue panzane nei commenti dei blog per aumentare il ranking del proprio nome nei motori di ricerca o almeno per rendersi famoso. E la pensa così qualcun altro.
Io lo chiamo qui, sul mio blog, il signor Angelo M. D'Addesio, chiunque egli sia: se le cose stanno diversamente da quanto ho scritto, sono pronto a fare un passo indietro. Ma, se come sospetto, D'Addesio è solo uno spammer, qui si aspetta delle scuse.
Vedremo.


Aggiornamento del 31 agosto 2006. Su rischiesta (un po' tardiva, ma transeat) del diretto interessato, ho modificato il titolo del presente post. E vissero tutti felici e contenti.

27 giugno 2006

Creative Plugin Commons per Microsoft Office.


Sembravano come l'acqua e l'olio, anzi, il diavolo e l'acquasanta. E invece Microsoft e Creative Commons si sono alleate per creare un plugin per Microsoft Office che consente di inserire una licenza Creative Commons sui doceumenti Word e Powerpoint creati dall'utente.
Una volta installato, dal menu File -> Creative Commons si può scegliere il tipo di licenza da associare al documento, se sono possibili modifiche e usi commercialiuì e il Paese per la quale la licenza viene applicata.
Il plugin aggiunge automaticamente i termini della licenza nelle pagine del documento.

26 giugno 2006

17 giugno 2006

Domani sposi.

Non ne ho scritto prima, ma ora devo farlo. Per forza. Stasera parto per la Sardegna dove i miei amici Stefano e Anna convoleranno domani a giuste nozze. Io sarò tra gli invitati, ma sarò anche il fotografo. Fotografo per fare l'album di nozze. Certo, loro si sono smanicati per dirmi che vogliono una cosetta alla buona, ma tant'è io ora ho più di qualche timore per il lavoro che dovrò fare. Non è una responsabilità mica da poco.
Inutile dire che su i.a.f. e altri luoghi ameni il consiglio più diffuso è stato: "rinuncia!"
Difficile dar loro torto. Ci si sposa una volta sola (vabbe', anche due, ma poi è diverso) e le foto mica possono essere uno schifo.
Com'è come non è, ora sono qui a controllare e ricontrollare che tutto sia a posto. Le mie Nikon, le Portra 160 e le CN400 ancora in frigo dentro al sacchetto anti raggi X, i flash con le pie fresche.
Basta questo? Neanche per sogno. Da stamattina rivedo ancora una volta tutti i fotoalbum di matrimonio pubblicati su web (interessante Scene da un matrimonio) cercando di memorizzare inquadrature, dettagli, sguardi e luci. Ma non è mica facile.
Io negli ultimi anni ho sempre fotografato il paesaggio, e anzi le persone erano quegli elementi di disturbo che ogni tanto intralciavano il mio lavoro costringendomi ad aspettare che fossero usciti dall'inquadratura. Contrappasso: fotografare persone, non cose. Persone che chiudono gli occhi, si girano, sbadigliano, hanno abiti molto chiari o molto scuri.
Ok, basta chiacchiere. Cè da fare la valigia, prendere i biglietti e il coupon della Hertz, e controllare ancora una volta l'attrezzatura. E poi via, quel che sarà, sarà.
Mi faccio l'in bocca al lupo. E che crepi...

16 giugno 2006

Due giorni a Genova.

Per motivi che qui non dirò, ho passato due giorni a Genova. Due giorni pieni pieni.
A Genova è estate, più estate che a Torino.
Me ne sono accorto quando sono andato a prendere la Vespa dal garage, e mi sono messo nel traffico cittadino: ai semafori, le ragazze in scooter hanno la pelle abbronzata e i capelli più chiari.
Il giorno a Genova vcomincia presto, e con riti antichi. Poco dopo le 7 in via Albaro la gente è già per strada: chi dal fornaio a comprare pane e focaccia, chi alla fermata dell'autobus, chi in edicola a comprare il Secolo XIX.

Questo curisoso quotidiano genovese risulta illeggibile a chiunque non lo abbia letto almeno negli ultimi trent'anni. Poi ci si fa il callo, ci si abitua agli articoli incrompensibili e alle notiziole di cronaca locale, e non si riesce più a leggere il Corriere della Sera.
Ma girare col Secolo sottobraccio, fermarsi all'attraversamento per tentare di scorgere qualche faccia nota e fare rientro a casa passando davanti ai fiori di Pittaluga sono piaceri che non mi concedevo da tempo immemore.
Come fermarmi in chiesa.
Prima delle 8, la chiesa di San Francesco d'Albaro è inaspettatatmente frequentata: nella penombra profumata d'incenso, ci sono beghine, ragazzi in t-shirt e manager abbronazati con il Rolex, ognuno col proprio tempo e il proprio modo.
La chiesa è anche il campetto della parrocchia dove hanno giocato a pallone con il Tango (quando andava bene) o il Supertele (più frequentemente) decine di generazioni, e se non era la partita di calcetto era il pomeriggio con l'azione cattolica.

E accanto al campetto non poteva mancare il cinema parrocchiale, oggi sala d'essai, dove dagli 8 anni in poi mi sono formato come spettatore con pellicole come L'impero del sole, Ritorno al futuro, Tron, Labyrinth, La storia infinita, E.T., i Gremlins, Critters - Gli extra roditori e i Goonies.
Sala in cui gli amichetti più fortunati occupavano le ultime file (le prime tre erano in legno) per limonare con la ragazzina del momento.
Insomma, erano cose. Cose che non rivedevo da una vita.

15 giugno 2006

Music Gremlin: l'iPod con il Wi-Fi.

Phil Leigh di Inside Digital Media segnala Music Gremlin: questo simpatico gadget è un lettore MP3 da 8GB che potrebbe insidiare il regno di iPod.
Perché?
Perché è connesso. Connesso in Wi-Fi. E permette di acquistare musica da qualunque hotspot Wi-Fi (previa sottoscrizione di servizio per relativo billing) oppure inviare musica punto-punto ad altri Gremlin. Oppure può essere gestito con cavetto USB da Windows Media Player 10 (suppongo con DRM Microsoft).
Il gingillo costa per 299,99$.
Sul sito Music Gremlin (e presumibilmente dal menu del lettore MP3 appena trova una rete) si può scegliere e acquistare musica, con prezzi allineati ad iTunes. Due piani previsit: a la carte e all you can eat.
Riuscirà a spodestare il re iPod? E' difficile dirlo. Però un guru come Tomi Ahonen è solito ripetere che in un mondo connesso un device non connesso non ha futuro. E l'iPod - senza cavetto - è isolato come i protagonosti di Lost. Music Gremlin insiste proprio su questo: join a community.
Qualche dettaglio. MusicGremlin è un'azienda ovviamente americana, con base a New York e piuttosto giovane (fondata nel 2003 da una vecchia conoscenza, Jonathan Axelrod, già fondatore e presidente di Music123, l'e-shop di strumenti musicali, e da Robert Kedhouri). Il servizio direct to device music con relativo dispositivo è stato annunciato alla stampa a dicembre 2005. Qui l'intervista al co-founder Robert Kedhouri.

12 giugno 2006

Cambiamenti.

Stamattina Repubblica propone un bel test powered by Almalaurea per scegliere gli studi universitari.
Naturalmente l'ho fatto.
Prima sezione, domande sulla consocenza del sistema universitario. Non ci capisco più una mazza: ma che sono 'sti CFU, alla fine? Boh.
Poi rafffica di domande sullo stesso tema: quanta voglia ha di fare anche quello che ti fa proprio schifo?
Quindi espiremere da 1 a 10 il proprio accordo con la solita, trita e ritrita serie di affermazioni valoriali: carriera, prestigio, tempo libero, formazione ecc.
Il tutto per ottenera una magnifica rappresentazione animale sul proprio profilo di studente. Sì, 10 profili corrispondenti a 10 animaletti.
E poi, degna conclusine, o sono cambiato completamente negli ultimi sette anni, oppure ho mentito clamorosamente a me stesso durante il test.
Via con i risultati!
Ecco quale animaletto sono: l'Aquilotto alpino. Vale la pena di leggere la descrizione, da cui apprendo che I percorsi di studio che sono stati scelti, con maggiore frequenza, dall’aquilotto sono quelli di architettura, dell’area giuridica e ingegneria; forse risulta leggermente più rappresentato anche il percorso in ambito agrario.
Agrario? Non so nemmeno innaffiare una pianta!

Ed ecco l'animaletto più distante da me: la tartaruga da giardino. Ma che carina: la tartaruga da giardino ha scelto generalmente un corso di laurea nell’ambito politico-sociale, economico-statistico, letterario.
Per dirla con Bartali: gli è tutto sbagliato, gli è tutto da rifare.


Non è che a stare con gl'ingegneri mi sarò un po' rimbecillito?