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01 settembre 2009

Mendoza, il ricordo di Matteo Carnio.

Su TrueMetal è stato pubblicato un bellissimo articolo in ricordo di Mendoza, al secolo Stefano Petrelli. Autore del pezzo è Matteo Carnio, che di Mendoza è stato grande amico nonché chitarra solista in R 'n' R Swindle e Last Dragon.
Leggetelo e condividetelo con i vostri amici.

19 agosto 2009

Mendoza, l'ultimo drago del rock.

L'icona Mendoza sul messenger è offline. La guardo inebetito per un tempo abbastanza lungo. Vorrei che apparisse ancora una finestra con scritto "Ciao, De Niro" (per via del mio nickname taxidriver) o "Uei Beppe!", ma non accade nulla. Mendoza è offline.

Sulla Usenet si rincorrono decine di post: i gruppi Chitarra, Rock e Metal sono pieni di cordoglio, incredulità e ricordi. Tutti vogliono dire la loro, il loro pezzetto di vita con Mendoza. Ricordi, battute, stima. Anche sorrisi sul sarcasmo che Mendoza di certo non lesinava e che taluni non apprezzavano. Pian piano, l'incredulità cede il passo alla consapevolezza e alla rassegnazione. Stefano Petrelli, Mendoza per la musica, è volato via sulle note del rock.

Anch'io stento a crederci, tuttora. Rileggo il suo ultimo SMS: "Grazie, caro. Non preoccuparti per me, sai che sono un osso durissimo. Ci sentiamo presto". Sentirsi era possibile, ma faticoso: negli ultimi giorni, proprio a cavallo di Ferragosto, non poteva assumere liquidi e parlare al telefono lo disidratava ulteriormente. Non stava bene, era chiaro, ma con la sua voce calda era quasi lui a tirarmi su di morale. Aveva progetti per il futuro, mi raccontava del MetalFest che stava organizzando in Veneto ad ottobre. Non faceva misteri sulla propria salute, un filo di autocommiserazione: "Pago per i miei errori".

Il suo eloquio forbito e la sua competenza musicale mi hanno sempre colpito al pari della sua umiltà. Polistrumentista, compositore, già insegnante in scuole di alto livello, era talentuoso e molto competente. La teoria e l'armonia le conosceva a menadito. Con scarsissimi esiti a causa dell'infertile terreno, in chat aveva provato a spiegarmi l'uso delle scale modali e qualche rock riff. Sarei rimasto a leggerlo per ore. Bassista di professione, suonava la chitarra con una sensibilità non comune. Eppure credo che avesse comprato una Squier da pochi soldi giusto per registrare Another Rock 'n' Roll Swindle. Niente fronzoli.

Non di rado leggevo sul newsgroup commenti e battute piuttosto sgradevoli su Mendoza. Attacchi mirati di troll a parte, che fanno parte delle regole del gioco della rete, alcuni male interpretavano il ruspante sarcasmo di Stefano cui, a onor del vero, non sfuggivano quisquilie e miserie nascoste dietro ai nickname. Mi arrabbiavo, leggendo quei messaggi, come se stessero offendendo un amico. Lo contattavo subito sul messenger, ma era lui a passarci sopra: "Lasciali scrivere le loro stronzate", era la sua usuale conclusione.

Tempo fa aveva comprato su Ebay una Dean bianca e nera. Aveva fatto un paio foto buffe e le aveva inviate per email: in una si era ritratto con la Dean a tracolla in cucina, davanti ai fornelli, intento a buttare gli spaghetti nella pentola sul fuoco. In un'altra, il suo grosso gatto sonnecchiava sul pre Rocktron, l'unico intruso tecnologico tra la sua chitarra e l'amplificatore. Era un po' come entrare discretamente nella sua casa e nella sua quotidianità di rocker che per me, eterno studente di pentatoniche dall'esistenza abbastanza tranquilla, avevano un che di esotico e misterioso. Mi soffermavo sui dettagli e sugli oggetti, con l'interesse quasi sognante di chi, non avendo mai varcato la soglia del proprio paesino, guarda una collezione di cartoline inviate da tutto il mondo.

Mentre registrava e missava meticolosamente le tracce dei suoi CD, pubblicati da un'etichetta, non riusciva a prendersi troppo sul serio. Parafrasando una celebre battuta de Il Marchese del Grillo, aveva scritto sulla sua pagina di MySpace: "Io sono il rock e voi non siete un cazzo". Mentre la prima parte della frase era incontestabile, la seconda era solo uno scherzo perché Stefano aveva sempre un minuto per parlare del più e del meno come per darti la sua competente opinione su un assolo, una linea di batteria, un missaggio, un Jazzmaster da comprare usato.

Parlavo spesso di Mendoza con gli amici. Gli mostravo e facevo ascoltare Swindle e The last dragon ed ero fiero di poter dire che io, quel ragazzo lì, lo conoscevo, che i CD me li aveva mandati lui e che durante la registrazione mi aveva inviato per email qualche traccia grezza, magari solo basso e batteria. Mi faceva sentire un po' "del giro", un privilegiato rispetto a chi compra un CD alla Fnac perché ne ha sentito un brano alla radio.

Ma sto divagando. Anzi, sto compiendo l'errore che proprio avrei voluto evitare: quello dei ricordi di un amico che non c'è più. Mi sono seduto di fronte al computer per scrivere qualcosa che non fosse banale, che fosse il mio piccolo, minuscolo pezzo di vita (solo sul web) con Mendoza, ma temo di non aver combinato molto. Volevo, forse, rivolgere un pensiero a chi ha davvero condiviso una vita personale e professionale con lui, e che ora ha un grande, doloroso vuoto: la moglie, i parenti, i musicisti con cui suonava. Chi, a differenza di me, gli ha almeno stretto una mano. Io non ci sono riuscito. Ma il suo rock e la sua voce calda sono più forti di qualunque rimpianto.

18 agosto 2009

Io sono il rock, e voi non siete un cazzo.


Stefano Petrelli
"Mendoza"
02/11/1963 – 17/08/2009

foto da MySpace.

Stefano Petrelli, in arte Mendoza, musicista, compositore, rocker, leader carismatico del newsgoup i.a.m.s.c., ci ha lasciato il 17 agosto pomeriggio.

Nelle ultime settimane ci siamo sentiti al telefono oltre che in chat. Aveva voglia di tutto fuorché di andarsene. Ha lottato con forza, contro il male che lo affliggeva, contro i dottori che non lo ascoltavano e forse non gli hanno prestato le dovute cure. Cui però non serbava rancore. Chiedeva giustizia, questo siì. Faceva il duro, ma aveva una sensibilità e una capacità di capire davvero fuori dal comune.

E' un giorno triste. La comunità del rock perde una delle sue anime più sincere, creative e belle. Io perdo un amico sempre disponibile a scambiare due parole sulla musica e sulla vita.

Come potevo, non certo all'altezza della sua arte, avevo scribacchiato due paroline sui suoi monumentali capolavori rock: Another Rock n Roll Swindle, Another Rock n Roll Swindle Limited Edition e The Last Dragon.

La sua pagina su MySpace, dove trovate i suoi CD, che vi raccomando di comprare.

Qui le sue performance dal vivo.





29 giugno 2009

Eni, servizi on line sempre down.

Ieri ho provato di nuovo ad accedere ai servizi on line del sito Eni, con la procedura di recupero password. Come nei precedenti tentativi, le credenziali, fornite da Eni, risultano non corrette.

Oggi il sito www.eni.it e tutti i suoi link non sono raggiungibili. Quel bel "Error 404 Not Found" che non si trova piu' nemmeno sui siti amatoriali.

Ho chiamato il numero verde 800.900.700 e una voce registrata dice che per problemi tecnici i servizi sono momentaneamente sospesi.

Gli unici sistemi che continuano a funzionare egregiamente sono quelli di billing: la fattura da 166 euro e' stata addebitata puntuale come la morte sul mio conto corrente.

12 giugno 2009

Take me home, part 2.

Panoramic views of Venice:

Campo sant'Angelo (clic to enlarge), San Marco, Venice

Campo sant'Angelo (clic to enlarge), San Marco, Venice

21 maggio 2009

La ditta Costa ha chiuso.

Negli scorsi mesi, come sempre di premura, sono passato un paio di volte in Piazza Paolo da Novi a Genova, e ho notato che la ditta Costa, officina Piaggio da piu' di quarant'anni, non era aperta come al solito.

Non ho dato piu' di tanto peso a questo fatto ne' ho effettivamente realizzato che sopra la porta grigia mancava qualcosa: l'insegna di colore blu con scritto COSTA.

Fino a che ho ricevuto una email in cui mi si chiedeva se conveniva portare ai fratelli Costa una vecchia Vespa che si rifiutava di partire. Ma certo, ho risposto d'istinto. Cosi' ci ho pensato su, e nella mia mente si e' materializzata quell'immagine di Piazza Paolo da Novi in cui qualcosa non va: una porta chiusa, un elemento che manca.

Cerco per un po' sul web, senza trovare alcuna notizia. Apro Google Maps. Visto che StreetView e' disponibile, mi faccio un giro sul controviale della Piazza, avanti e indietro. Tra il salumiere ed il negozio di forniture per sarte, si vede la porta chiusa dell'officina Costa e l'ombra indelebile lasciata dall'insegna rimossa.



A bordo strada, come un cane che aspetta il padrone, c'e' una vecchia Primavera parcheggiata, il parabrezza rivolto verso la porta chiusa. Attende.

Un paio di telefonate ai commercianti vicini, e trovo la conferma. La ditta Costa ha chiuso, da qualche mese. I motivi ve li lascio immaginare. A me hanno molto rattristato.

Sono stato cliente dei fratelli Costa per quindici anni. Tra le loro mani sono passati le mie Vespe e i miei Si', quei buffi motorini con i pedali.

Alla ditta Costa avevo dedicato qualche riga, con affetto. Avevo chiamato quel pezzo Certezze perche' dentro di me avevo bisogno di pensare che i burberi fratelli ci sarebbero sempre stati, sempre pronti ad accogliere la mia Vespa tossicchiante e a mostrarmi i ricambi sostituiti.

Oggi, al posto di quelle certezze, rimane solo una porticina chiusa, del colore del cielo d'inverno.

30 dicembre 2008

C'e' stato un po' di silenzio, e' vero.

...nonche' alcuni problemi tecnici, come si evince dall'uso difficoltoso di apostrofi ed accenti. Il laptop che uso abitualmente mi ha piu' volte tradito e anche ora fa le bizze.

Ma queste sono scuse. Ci sono altre spiegazioni, ben piu' plausibili.

La prima e piu' importante e' che la blogosfera italiana mi ha veramente rotto le palle. Nata come una sottocultura alternativa, e' adesso una casta di caporaletti e maresciallini che giocano a fare i grandi generali; tra i vezzi piu' disgustosi delle blogstar locali, come ho avuto modo di scrivere, quello di citarsi l'un l'altro, usando il solo nome perche' tutti sanno che Luca e' Luca Sofri, per dirne una. I temi? Sempre gli stessi: si va dal commento politico ad uso Bar Sport alle riflessioni personali ad uso tram 52 ecc. ecc. Una carica innovativa pari al grammofono. Benissimo.

La seconda e' il mio mutato stile di vita, una vita appesa ormai tra Venezia e Torino. Al Future Centre si lavora e tanto; da qualche settimana ho cominciato a scrivere sul nuovo blog del Future Centre (in English only, e al momento ancora privato, per cui non fornisco URL) e il tempo per curare il mio blog personale e' diminuito.

La terza ragione e' una solenne incazzatura professionale che mi porto dietro da un paio di settimane; non posso ne' voglio divulgarne motivi e dettagli. Diciamo che alcune circostanze mi hanno fatto sentire, per usare un'espressione odiosa e inflazionata, nel posto sbagliato al momento sbagliato. Non mi ha certo aiutato nella mia attivita' di blogger-non-blogstar. Vediamo al prossimo giro.

Qualunque sia la ragione, ho scritto di meno. Guardandomi intorno, nel desolante panorama delle nostre blogstar, scrivere di meno e' un atto di onesta'. Facendo la media, equivale a scrivere meno sciocchezze, meno ovvieta'. Ne sono quasi fiero.

Chiusura. Probabilmente questo e' l'ultimo del 2008. Mai fatti bilanci di fine anno, per cui anche a questo giro nix. Idem per i propositi, tanto non si mantengono mai. Quel che avro' da dire, lo diro' qui.

12 dicembre 2008

Qualche parola su Digital Photography as a social fabric.

Che, per chi non lo sapesse, è il titolo del progetto a cui sto lavorando presso Telecom Italia Future Centre.
Qui una video intervista al sottoscritto che cerca di non fare smorfie e di condividere i propri 0,02 cent sulle attività di progetto e sul futuro della fotografia digitale.

clicca per aprire il video

11 dicembre 2008

A spasso con gli stivali.

Dopo il record storico degli scorsi giorni, la marea per questa settimana è decisamente più contenuta e comunque inferiore alle aspettative.

Si è reso però necessario l'acquisto di un paio di stivali.



Decisamente necessario!






06 novembre 2008

Crimini, misfatti e rompipalle.

Poco fa mi ha chiamato una, non so chi fosse. Dice di aver trovato il mio numero di cellulare sul mio sito. Bah.
Più che altro quella donna era agitata perché aveva letto la mia brevissima recensione al libro di Abrate, Il Piemonte del crimine. Storie maledette, nelle cui pagine pare esserci una incongruenza che non ho ben capito né ascoltato.
Quello che ho colto prima di liquidarla è che lei sarebbe l'ex compagna di uno dei personaggi citati nel libro e ora, a quanto pare, appartenente al mondo dei più. Il motivo del contendere era il solito "le cose non sono andate così, chiamo il mio avvocato, gli faccio causa" eccetera.
E proprio a me viene a scassare i cabasisi, per citare Camilleri?
Ma ti pare che un lettore sia responsabile dei libri che legge?
A questo punto aspetto una chiamata della polizia russa che mi chiede chiarimenti sull'usuraia uccisa da Raskolnikov in Delitto e castigo...

03 novembre 2008

Tendere una mano verso il passato.

Oggi scrivo da Genova, dove sono nato e vissuto, e dove mi trovo per un intervento sulla fotografia digitale.
Piove, di tanto in tanto. Fa molto più freddo di ieri.
Ma oggi è un giorno importante. Uno di quelli che fa battere il cuore, di quelli che aspettavo da una vita.
Una vita, sia detto, trascorsa a rimuginare tutti i miei gesti e a meditare sui miei errori; una lunga, dolorosa riflessione, anelando l'impossibile miracolo di chiudere gli occhi e riaprirli in una vita che non ha sbagliato, non ha ferito e non deve chiedere scusa.
Non è così.
Quante volte in questi dodici anni ho riaperto gli occhi sui miei vecchi errori? Quante volte ho maledetto il mio cuore con tutto me stesso per non aver amato nel modo giusto?
Oggi mi trovo con un grande dono: una mano stesa versa la mia, una voce scomparsa tanti anni fa, un vuoto che con pazienza e fiducia forse posso di nuovo riempire.
La mia fiducia e il mio amore saranno più forti se sarò in grado di credere che si può aggiustare un vetro rotto in due.

30 ottobre 2008

Acqua alta in Piazza San Marco.

Ieri alle 22, come previsto, si è registrato un picco di marea in laguna (circa 100 cm). Ho fatto quattro passi in Piazza San Marco dove erano già state parzialmente allestite le passerelle (ad eccezione di alcuni tratti). Con l'iPhone ho fatto un paio di miserrime foto, ad uso souvenir. No, non va bene per la fotografia notturna.



Al di là dei modesti risultati, per altro prevedibili, devo dire che la sensazione della piazza allagata è suggestiva, poiché viene meno il (già) labile confine tra l'acqua e la terra ferma.

Un'esperienza da provare.

29 ottobre 2008

Fori stenopeici.

Ieri sera ho (pare brillantemente) concluso il primo dei quattro interventi sulla fotografia digitale al Future Centre.

Poiché il gentile pubblico è solitamente composto da seniores, ho pensato bene di distribuire qualche chicca sull'invenzione della fotografia e la sua evoluzione tecnologica. Ergo, occorre partire dalla camera oscura e dal foro stenopeico.

Mi pareva giusto citare uno dei capisaldi della fotografia, tal Nicephore Niepce, cui è dedicato un sito completo e ben fatto che riporta alcune sue opere tra cui il famoso Paysage à Saint-Loup de Varennes (1827), un'immagine nota per essere stata realizzata con una camera oscura e un tempo di esposizione di 8 ore.


Naturalmente questo anedotto era solo un brevissimo inciso tra i tanti argomenti trattati nei 50 minuti di chiacchierata.

Ma tant'è, finita la prolusione mi sento tirare per la giacchetta da un tale che si presenta come fotografo stenopeico il quale dice di dovermi fare un appunto perché è falso affermare che l'opera di cui sopra sia stata realizzata con la tecnica del foro stenopeioco, e che solo un coraggioso studioso si permette, tra un coro di dissensi sdegnati, di sostenere tale tesi.

In realtà, continua l'esimio, si tratta di un'immagine realizzata con una normale fotocamera dotata di obiettivo, a detta sua già molto diffuse all'epoca dello scatto (datato 1826 circa).
Come no, i negozi pullulavano fotocamere all'inizio del 1800.

Ecco, questo sì che è capire lo spirito di una "conferenza" sulla fotografia digitale.

28 ottobre 2008

Contro la chiusura della Scuola Reiss Romoli: firma!

Qualche giorno fa ho ricevuto per mail la conferma di voci che erano nell'aria da un po' di tempo: la Scuola Reiss Romoli ceduta da Telecom Italia Learning Services ad una New co (partecipata al 70% da Cegos Italia SpA e al 30% da Camporlecchio Educational srl), sarà chiusa fra un paio di mesi.

Il provvedimento comporterà il licenziamento dei suoi dipendenti che, lo dico per esperienza diretta poiché alla Reiss ho trascorso i 3 mesi più intensi e importanti della mia vita lavorativa, sono tra i professionisti più competenti che si possa trovare in Italia nel campo della formazione e delle telecomunicazioni.

La scuola, concepita come un campus americano (quanti altri esempi ci sono in Italia? direi proprio pochi) poteva offrire all'interno di una struttura organizzata ed efficiente una formazione tecnica, scientifica, economica e linguistica davvero senza eguali.

Nei tre mesi passati alla "Reiss", come viene amichevolmente chiamata da suoi discenti, ho avuto la fortuna di conoscere persone eccezionali dal punto di vista professionale ed umano, dotate tutte di una rarissima capacità di adattamento alle caratteristiche e alle esigenze degli allievi.

La chiusura della Reiss, oltre ad essere una pessima figura per Telecom Italia, è un fallimento per la formazione superiore italiana che poteva davvero farsi vanto di una scuola in grado di preparare al lavoro e alla vita in azienda.

I dipendenti stanno curando un blog per sensibilizzare l'opinione pubblica e per documentare il loro impegno a erogare ancora formazione di qualità.

Chiedo a chi legge questo post di firmare la petizione contro la chiusura della Reiss.






Firma per salvare la Scuola Superiore Guglielmo Reiss Romoli


27 ottobre 2008

Festival della Scienza di Genova, due parole sulla fotografia digitale.

Mi faccio un po' di pubblicità.

Martedì 28 ottobre presso il Future Centre di Venezia (mia attuale sede di lavoro) intratterrò il cordiale pubblico con il primo di quattro incontri sulla fotografia digitale. Qui tutti i dettagli. Allo stesso link, di volta in volta, sarà possibile scaricare gli e-book in .pdf che sto preparando per le presentazioni. Non aspettate di trovarci un trattato alla Ansel Adams, ma forse ho anch'io qualcosa da dire sulla fotografia.


Lunedì 3 novembre sarò al Festival della Scienza di Genova, stand di Telecom Italia, per brevi interventi a rotazione (dalle 10.30 alle 16 circa) sempre in tema di fotografia digitale. Qui tutti i dettagli.

19 ottobre 2008

Tre novità del blog.

Più grande.
Ho messo mano al foglio di stile e ho ingrandito il corpo dei caratteri per il testi dei miei post. Facevo fatica a leggerli, figuriamoci a scriverli. Adesso, almeno, si leggono bene.

Più idee.
Nel menu in alto a destra trovate la nuova sezione Pippo's wishlist, una lista dei desideri, in costante evoluzione, per aiutare chi si trovasse nella remota evenienza di farmi regalo ma privo di idee. Dai 5 euro in su.

Più foto.
Sempre nel menu in alto a destra trovate la sezione Fotografia. Approfittando di un paio di giorni di beata solitudine, ho messo mano al mio archivio fotografico e ho cercato di ordinare i miei due progetti: Urban landscapes e Cars.

16 ottobre 2008

Reti sociali e vetri rotti.

In più occasioni ho riflettuto su come l'esposizione della mia vita sulla Internet, sia attraverso il mio sito che nelle reti sociali a cui sono iscritto (Facebook per ultima ma in questi anni ce ne sono state altre), mi abbia riavvicinato a persone che appartengono al mio passato.

Un passato che, in qualche caso, è divenuto tale perché il tempo scorre e i nodi si allentano fino a sciogliersi. Allora è dolce ritrovare un sorriso che pensavo perduto e invece è ancora lì, solo circondato da qualche ruga in più, ma ancora capace di illuminare una stanza buia e di scaldarmi il cuore con un'abbraccio o un'e-mail.

Altre volte il passato è divenuto tale perché le cose non sono andate bene né come le immaginavo. Un distacco, un litigio. Un'amicizia che finisce e si porta dietro una lunga scia di rancori e rimorsi, che nei giorni e nei mesi si assottiglia, ma senza mai sparire. E' come se un piccolo, costante dolore continuasse a pulsare da qualche parte dentro di me, ricordandomi, giorno dopo giorno, gli errori che ho commesso -- e sono tanti -- ma anche le mancanze che non mi sono state perdonate. Chiamiamola sfortuna. Così, per non cadere nella tentazione di chiamarla ingratitudine.

Nel mio passato ci sono amicizie finite.

Ho più volte cercato di farmene una ragione. Ammettendo di aver sbagliato e che quello era il prezzo da pagare. Cercando di convincermi che la vita non è come un libro o un film dove i sentimenti sono abbastanza forti da vincere su tutto e resistere al maltempo. No: l'amicizia è come un amore e spesso nemmeno dei migliori, non è incondizionata, non è immortale. Un'amicizia può finire, rompersi in mille piccoli pezzi e scivolare in un silenzio ostile.

Ed è da questo passato, vecchio di più di dieci anni, che sono riemersi alcuni amici di allora. Con passo leggero. Con poche, sussurrate parole. Un saluto, un come stai oggi. E con un carico di ricordi. Pesantissimo. Immagini nitidissime, parole che mi sembra di avere appena ascoltato. Gli odori. Quelli, poi. Che se chiudo gli occhi mi sembra di tornare a vent'anni, ad annusare forte la vita e con ancora tutto da fare.

Questo passato mi agita. Mi crea un senso di eccitazione molto diverso dalla malinconia da album di vecchie foto. E' tutto talmente reale. Mi sembra quasi di potermi sporgere e toccare con una mano tutto il mio passato.

Sarei un vigliacco e un bugiardo se maledicessi le reti sociali per avermi mostrato, dopo tanti anni, quelle che un tempo erano amicizie fatte di ore trascorse insieme, racconti, confidenze, sogni e che oggi sono sensazioni incorporee, comunicazioni a distanza, ricordi.

Ma dove vanno le amicizie finite quando non le vediamo più? E cosa succede alle amicizie finite, interrotte, infrante, quando le si incontra sulla propria strada a distanza di anni? Che cosa si può fare: correre loro incontro, accennare un saluto o cambiare strada? E' proprio vero, come cantava Enrico Ruggeri, che non s'aggiusta un vetro rotto in due? Oppure, come è umano sperare, avrò ancora una chance di rimettere insieme un'amicizia che, per un gesto sbagliato, è caduta andando in pezzi?

Voglio sperare.

Voglio che almeno un po' di quelle speranze, che riempivano la mia vita di ventenne e il mio cuore di amico pronto a tutto, tornino a pulsare forte dentro di me e spingano la mia mano tesa, con un gesto che non chiede perché e non aspetta nulla. Nemmeno che un'altra mano la stringa.

Sono forte abbastanza per rassegnarmi ad un altro fallimento, a ritrovarmi a contemplare nient'altro che un vetro rotto che non sono stato in grado di aggiustare. Entrerà un po' di freddo. Non potrà essere peggio che contemplarne i pezzi sparsi a terra, senza nemmeno la forza di raccoglierli in un angolo e buttarli via.

15 ottobre 2008

Hey Joe electro-acoustic version (feat. Donato Grassi).



A couple days ago, while checking my FaceBook, I challenged Donato Grassi, aka DDGuitar, to record our version of Hey Joe. Donato, who's a great guitar player and a good friend, accepted to play the guitar with me.

So he came to my crib, had a seat in front of my HandyCam, picked up my Epiphone Les Paul Custom Plus and started kicking ass as usual.

I wouldn't be honest if I wrote that I made my best to play the rhythm with my Ibanez acoustic guitar-- let's say I tried not to do so many mistakes.

Anyway, I hope you'll enjoy this take and post your comment on YouTube. Thanks for watching it!

_______

I would like to thank Donato Grassi for delivering an intense, inspired vibe, and for being a trusted friend. All the best!

12 ottobre 2008

Vorrei la bicicletta e anche pedalare.

Oggi ho fatto un giro per sterrati (parco fluviale san mauro e settimo) con la mia vecchia mountain bike, regalo dei miei genitori per la mia terza media. 1989. Diciannove anni fa, pergiove.

Allora, sta bici non ne vuole sapere di passare a miglior vita. Le ruote girano, i freni frenano (e bene), il cambio cambia (ed è sempre preciso). Però m'ha rotto le palle. Ho la stessa bici da quasi 20 anni, nel frattempo ho cambiato città, fidanzate, stato civile, lavoro, ma lei, niente, è sempre lì. Una gonfiata alle gomme (di allora) e si pedala.

Non morendo spontaneamente né a causa dei miei maltrattamenti, ho deciso che voglio comprare una mountain bike nuova. Punto.

Purtroppo non ne so nulla, ad eccezione di qualche parola gentile confidatami da un commesso di Decathlon. Con questa ignoranza il rischio di fare l'acquisto sbagliato è grosso. Così mi sono detto: chissà se riesco ad imparare le basi delle nuove mountain bike sui 400-500 euro senza diventare membro anziano di qualche MTB forum, ma semplicemente leggendo caratteristiche e prezzi su Internet.

Allora ho guardato TUTTI i siti italiani di vendita di bici. Uno per uno, con pazienza. E sono arrivato ad una conclusione. Sulla rete italiana nulla è fatto peggio e con più approssimazione dei siti di biciclette. Un numero imprecisato di siti è in costruzione o indirizzo non trovato. Quelli che funzionano hanno la sezione prodotti o mountain bike vuota o in costruzione.

I pochi che hanno un catalogo, si dividono in due categorie:
  • quelli che hanno a catalogo 3 bici, senza descrizione, caratteristiche, prezzo né foto (il marketing non esiste in Italia?) e
  • quelli che ne hanno qualcuna di più, con foto microscopiche, caratteristiche non corrette o lacunose, per il prezzo telefonare.
Notare che tutti i siti italiani che ho visitato invano hanno un dominio registrato, .it o .com. Il che dovrebbe sottintendere una minima volontà di utilizzare la rete per vendere. O no? Ma per avere una pagina HTML con scritto in costruzione e i link a Bottecchia e a Giant, resta sulle paginegialle. Mica lo prescrive il dottore di averci il sito internet.

Vabbe' che la bicicletta non è un server o una macchina fotografica, ma se uno vuole farsi un'idea prima di entrare in qualche oscuro negozio di bici dove un irascibile meccanico armato di uno straccio sporco e una chiave inglese ti dice: "le bici in vendita sono qui, guardatele da solo", come fa ad affidarsi alla rete (italiana)?

Cazzi suoi, per dirla tecnicamente. Subentra un'altra rete, la rete sociale. Ma quella vera, fatta di amici con cui hai mangiato una bistecca e non CrazyRider67 su qualche forum di malati che non considera spese sotto i 6000 euro, nemmeno per andare a comprare il giornale il sabato mattina.

Questa contingenza mi fa ripensare, come spesso accade e come se ce ne fosse bisogno, all'arretratezza del web italiano in confronto a quello americano. E ancora una volta mi toccherà chiedere ad un amico fidato, sperando che non appartenga segretamente alla ecrchia dei malati da 6000 euro in su, ed entrare in qualche oscuro negozio per farmi raccontare dall'oste quanto è buono il suo vino.