18 gennaio 2013

Myspace, a volte ritornano.

Forse un po' indaffarati a seguire il turbinio evoluti dei social network, consolidati, nuovi e nuovissimi, e delle loro declinazioni su diverse piattaforme (mobile, web), non tutti ricordiamo che, agli albori delle reti sociali, a contendersi gli utenti con Facebook c'era il (disastroso) Myspace, la piattaforma social fortemente incentrata sulla musica, allora gravitante nella galassia News Corporation, di proprietà del tycoon Rupert Murdoch. Stiamo parlando di sei o sette anni fa, eppure sembra (quasi) preistoria. Ai tempi, invitato da alcuni amici musicisti semiprofessionisti che cercavano di promuovere la propria musica in rete, mi ero iscritto ed avevo curato un profilo. Sia detto per chi, allora, non frequentava Myspace: era un incubo. Sul serio: gli utenti potevano personalizzare la home page del proprio profilo inserendo codici e template HTML in un editor WYSIWYG, con risultati tra il caotico e lo stucchevole ma sempre, sistematicamente, contrari alle elementari regole di accessibilità, leggibilità e navigazione. Un marasma. Gigantesche icone animate e sfondi "fantasy", testi con font tipografici scuro su scuro, player che riproducevano in automatico loop musicali, slideshow che invadevano diverse sezioni della pagina.

Poi, il meccanismo "social": per la serie, tutti amici di tutti. Era la gara a chi invia e riceveva più "add" (ovvero aggiungere utenti come amici al proprio profilo). Pure io, che sono un po' orso, avevo centinaia di "amici". Ne conoscevo una piccola porzione, e la maggior parte erano profili di rockband mantenuti da webmaster che aggiornavano, di rado, un bollettino delle news.  Anche lo stream era caotico, più che altro un susseguirsi di messaggi e commenti. E dire che, negli stessi mesi, le funzionalità social di Facebook stavano evolvendo e si stavano consolidando. Purtroppo, come noto, il web non ha memoria, ma per un utente il confronto era abbastanza evidente. Ricordo perfettamente che circolava, in quei mesi del 2006, un brillante quanto mai provocatorio articolo in cui si sosteneva, senza tanti giri di parole, che negli USA gli utenti medi di Myspace erano prevalentemente neri o ispanico-americani, di reddito medio basso, con un titolo di studio di scuola superiore e con impieghi di profilo non elevato, mentre chi usava Facebook quotidianamente poteva essere descritto come il tipico studente bianco di famiglia benestante, iscritto al college. Non ho trovato l'articolo originale, ma questo contributo relativamente recente ne riprende in sostanza alcuni dei concetti. Utile, anche se datato, questo articolo che confronta i principali social network nel mondo (al 2009). Tutti d'accordo, invece, nel sostenere che Facebook abbia imparato molto dagli errori e dalle mosse "ingenue" di Myspace, proponendo un template pulito, funzionalità più immediate, migliore gestione della rete di contatti. Errori che a Myspace e al suo finanziatore, sono costati moltissimo; ma chi ha pagato il prezzo più elevato sono stati i moltissimi dipendenti licenziati a Los Angeles nel 2009 nel momento di crisi più profonda. Proprio in quelle settimane, sul popolare social network Reddit, di cui ho parlato in un mio precedente articolo e che oggi tutti conoscono per la drammatica fine di Aaron Swartz, uno dei suoi fondatori, sono stati pubblicati interventi di giovani sviluppatori che avevano appena ricevuto la lettera di licenziamento e le due settimane di paga, e che passavano il tempo nella caffetteria aziendale o a cercare un nuovo lavoro. In quel trambusto spuntò il cantante, attore e produttore Justin Timberlake che, forse troppo ricco da non sapere come spendere i propri soldi, decise di investire una cifra gigantesca per rilanciare la piattaforma. Senza esiti brillanti, ad essere sinceri. Insomma, anche il business model che stava dietro (la promozione di nuovi talenti musicali alla ricerca di una label e di un contratto) ha funzionato per poco, e non credo abbia prodotto una grande ricchezza. Poi, per Myspace, l'oblio, contrapposto al successo di Facebook, alla sua quotazione in borsa, alla nascita di altri nuovi micro social network, alle strategie dei grandi player del web e dei servizi mobili. Premessa un po' lunga ma doverosa. Perché, come tutti avrete letto, nelle scorse ore ha fatto nuovamente la propria comparsa sulle scene un redivivo Myspace. Piccole furbizie di marketing: il lancio è avvenuto in contemporanea con l'uscita dell'ultimo singolo del suo proprietario, la cui foto campeggia sulla home page; inoltre, per gli utenti più tradizionalisti, è presente un pulsante che apre la vecchia versione di Myspace.





 L'accesso al servizio, superfluo dirlo, è abilitato da: -  username e password dei vecchi account Myspace, se uno se le ricorda (e se funzionano: io ho provato ma il mio utente risultava sconosciuto) -  una nuova registrazione -  connettori sociali: Twitter connect e Facebook connect, più arricchimento del profilo con un po' di dati personali, preferenze e descrizioni. Ho optato per Twitter connect.





Finita la procedura di registrazione, finalmente si alza il sipario sul nuovo Myspace che, ad onor del vero, è completamente diverso dalla vecchia versione. Ci accoglie una grafica pulita ed essenziale, un menu chiaro sulla sinistra e una descrizione abbastanza esaustiva delle nuove funzionalità.

  

Già dalla registrazione, ma anche leggendo i commenti pubblicati in queste ore, emerge subito l'approccio orientato alla musica di questo redivivo social network: in basso è sempre presente una barra funzionale con i comandi di un player musicale, segno che la promozione di musica è ancora al centro degli interessi della piattaforma.

 

Insomma, tutto sembra al suo posto, finalmente: la grafica, l'integrazione, le funzionalità, i percorsi guidati. Ma, come fanno notare alcuni, il grande ostacolo che Myspace dovrà superare è il tempo: Myspace arriva tardi in tutti i sensi: tardi rispetto agli altri social network che realizzano meccanismi di retention sempre più raffinati ed offrono strumenti di business molto sofisticati (big data, profiling ecc), tardi rispetto ai nuovi competitor che si contendono nicchie di utenti (vedi Pinterest), ma anche tardi rispetto al paradigma stesso del social network che, nell'anno dl Signore 2013, hanno ampiamente raggiunto il hype del loro ciclo di vita e devono attrezzarsi per evolvere. Facebook lo sta facendo, cercando di competere nel segmento dei motori di ricerca; il vantaggio competitivo di Twitter è insito nel suo meccanismo fortemente asimmetrico e nell'immediatezza del messaggio; altri microsocial offrono funzionalità di nicchia o verticali molto gradite (ad esempio Instagram). Poi c'è chi prova ma forse non riesce: è il caso di Microsoft So.cl, di cui ho scritto qualche tempo fa (siamo sinceri: chi lo usa?). E' questo il contesto in cui Myspace dovrà dimostrare la validità del suo modello e la potenzialità delle sue funzioni, soprattutto quelle legate alla distribuzione di contenuti multimediali originali. La partita è aperta.

Articolo pubblicato su Voices

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