11 aprile 2005

L'arte dell'attesa.




Il semaforo rosso è una perdita di tempo. Attendere il mio turno al banco gastronomia della Coop è una perdita di tempo. La sala d'attesa del dottore è un'altra, seccante perdita di tempo. Anche la gravidanza (9 mesi di attesa prima di venire alla vita) è un'attesa verso nuove attese. E siccome la nostra vita è scandita da attese (in attesa di fare qualcosa o di un'ulteriore attesa) si può trasformare i tempi morti in una forma (meglio: rappresentazione) d'arte.

Il Castello di Rivoli ospita un tentativo di performance effimera (non sono permesse fotografie né filmati: non ne rimarrà nulla se non la memoria, e poi l'oblio) dell'attesa come arte. L’opera consiste nella partecipazione di 100 donne, invitate dalla stessa Elin Wikstrom, a un’attesa di 15 minuti circa, perché, a suo dire, l’ancestrale condizione di attesa circonda il ruolo sociale della donna.

Cristina e Livia hanno partecipato. Hanno atteso. Cosa aspetto?, si chiede Cristina. Aspetto la prossima donna che a sua volta ne aspetterà un’altra.

Avvicinandomi all’anonimo tavolo che mi aspetta in un angolo qualunque del castello, mi sento un po’ delusa. Data la semplicità e genialità del concept mi aspettavo una grande stanza vuota, dove la silenziosa attesa potesse riempirne lo spazio suscitando maggior stupore negli scettici visitatori. Invece quell’ammezzato un po’ buio restituisce una dimensione talmente reale da farne perdere la spettacolarizzazione cui siamo abituati e assuefatti.

Ritornando, dunque, a quell’attesa ho compreso che forse il vero obiettivo dell’installazione tende all’introspezione (o questo è ciò cui voglio credere io). Un’opera a uso e consumo dell’individuo protagonista di se stesso e non l’ennesimo spettacolo da osservare e giudicare.

Così nelle altre attese ho visto 15 minuti di nervosi litigi con le patinate pagine di mediocri pubblicità, ho visto 15 minuti di golosi gossip dell’ultimo fashion magazine d’edicola. E poi ho vissuto i miei 15 minuti attraverso i quali ho scoperto che l’attesa può essere dolce, può rallentare la frenesia, può donare nuove energie, può suggerire uno stile di vita che punti alla qualità piuttosto che alla quantità, perché la vita, come un buon vino, può donare più sapore e maggiore persistenza se viene gustata a piccoli sorsi.

E allora la vita, come l’amore, è lentezza?


L'attesa attenua le passioni mediocri e aumenta le grandi.

F. de la Rochefoucauld



Thanks to C.P.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

...se il tuo motto è sempre stato: "io so aspettare", sarebbe inverosimile che la tua attesa non sia stata illuminante...
Devo dire che tra shiatzu, Giacobbe e arte moderna stai diventando un vero "guru" Pippo!:-)

Anonimo ha detto...

Attesa vuol dire solitudine? Si attende da soli o è uno stato talmente personale che l’unico protagonista puoi essere tu?
Attendo al Castello. 100 donne, che nella mia concezione avrebbero atteso qualcosa insieme: l’amore, il cambio del tempo o semplicemente la chiusura del Castello.
Invece, mi trovo da sola ad attendere, in un tavolino giallo con riviste che mai nella mia vita mi capiterà di comprare. Riviste da attesa insomma, quelle che trovi accatastate nei migliori parrucchieri e dal dentista.
E quindi, mentre aspetto, (aspetto o attendo? C è una differenza?) leggo. Leggo lettere del cuore come una spettatrice di vite ed esperienze altrui. Perché in fondo se tu non agisci e non sei attiva, è meglio guardare quello che fanno o provano gli altri (le altre in questo caso).
L’attesa quindi per me è guardare ed esplorare, fermarmi e contemplare, riflettere su ciò che può succedere alla gente.
Ma la mia vita da spettatrice finisce presto, mi annoio. Infondo non è così bello vivere la vita altrui né saperne gli intimi retroscena.
Voglio essere protagonista della mia attesa, mi guardo in giro. Cerco messaggi che non sono arrivati e guardo l’orologio per far finire questa attesa.
Attendo e nell’attesa, aspetto anche quella che attenderà dopo di me. Si , perché è in ritardo, un’attesa costruita che si tramuta in una vera attesa, è forse questo il pezzo che mi piace di più una finzione che diventa realtà per capirne realmente il senso.

Giuseppe ha detto...

piccola aggiunta maliziosa.

considerando che una delle attività preferite delle donne è fare attendere a lungo gli uomini, questa performance ha una funzione didascalica: finalmente capirete che cosa proviamo!

Anonimo ha detto...

secondo me a volte un po di attesa fa bene all'anima, lo dico io che sono una che corre sempre alla ricerca di qc che non so bene cosa sia.
A volte fermarsi e attendere che quel qualcosa abbia il tempo di farsi conoscere da te che lo rincorri...potrebbe avere un senso.

Giuseppe ha detto...

credo che la performance avesse anche questo scopo: uno stop forzato che permette di capire il senso dell'attesa che spesso ci neghiamo.