24 aprile 2020

Un nuovo orologio per la Suzuki Samurai!

L'orologio digitale originale della Suzuki (almeno il modello a tre pulsanti) spesso smette di funzionare, oppure funziona irregolarmente, con segmenti LCD spenti, o molto sbiaditi, oppure con reset frequenti.
Alcuni raccomandano di pulire i circuiti ma non è sempre risolutivo.
In altri casi una sorgente non sufficientemente stabilizzata provoca questi malfunzionamenti.
Il ricambio originale è raro, e quando si trova nuovo ha costi proibitivi, mentre usato secondo me è sempre un rischio.








Il mio orologio, collegato ad una sorgente stabile di 13.8 v funziona bene, ma collegato al cruscotto ogni tanto si resetta.



Siccome sono appassionato di orologi e nella macchina un orologio deve esserci e funzionare , ma non deve nemmeno costarmi un occhio della testa (se devo spendere 100 euro preferisco fare un tagliando e un pieno di gas), come parte del restauro conservativo, ho provato qualche strada alternativa al ricambio originale: un orologio di un'altra auto. 

Ed ecco la dritta.

Dopo misure e molte ricerche, grazie ad un commerciante ebay, ho scoperto che l'orologio della Renault Clio vecchia ha praticamente le stesse misure (interne) dell'orologio originale. Che è la cosa importante perché significa che si incastra nello scasso originale. 
Di più: ha lo stesso tono di antracite/nero e l'illuminazione arancione, uguale a quella del quadro strumenti. 

L'ho preso al volo , e per una cifra assolutamente ragionevole. 

La Clio è stata prodotta in milioni di esemplari quindi il mio consiglio è girare per autodemolizioni o in rete, e qualcosa si trova. 

Anticipo subito i commenti: eh, ma è diverso! Okay. Allora suggerite qualcosa di meglio; io non ci sono arrivato. 


Esternamente hanno forme e dimensioni diverse, ma entra perfettamente nello scasso e si adatta bene al pannello del cruscotto centrale.


Confronto dei collegamenti elettrici.


L'orologio Suzuki ha quattro contatti: batteria +, massa, luce e accensione. Quello della Clio solo 3: batteria +, massa, luce.

Ma non sarà un problema: testandolo con un alimentatore ho visto che tutto poteva funzionare.


Via di saldatore e stagno per saldare trefaston maschi.


Un po' di guaina termorestringente per isolare.



Senza alcuna modfica all'impianto elettrico, infiliamo i faston nel connettore Suzuki.


Poi si spinge l'orologio e ... clic! Si incastra alla perfezione.

Eccolo collegato e già funzionante: ora regolata.

Così è a luci spente.


E così a luci accese.


Un paio di video







Qualche altra foto fatta al volo.




Se vi è piaciuto, continuate a seguire il mio blog!

23 aprile 2020

Richard Ford - Tutto potrebbe andare molto peggio.

Ho conosciuto Richard Ford - considerato uno dei massimi narratori americani contemporanei ed insignito del premio Pulitzer - nella mia ricerca di uno o più autori che potessero prendere posto, nel mio scaffale immaginario, accanto a Cormac McCarty e John Edward Williams (per citarne un paio, ma la lista è lunga); ovvero quegli scrittori che lasciano veramente un segno nella mia memoria di lettore.

Per altro, dopo la cocente delusione de Il signore degli orfani (a mio avviso un'occasione sprecata e un indigeribile polpettone sfilacciato e dispersivo), ho maturato sentimenti di perplessità nei confronti dell'istituzione del Pulitzer (ma gli errori capitano, e questo -- ad ogni modo -- sono io).
Ammetto di aver faticato non poco nella lettura di Tutto potrebbe andare molto peggio, di cui qui potete trovare una sinossi ben scritta. L'iperarticolazione del pensiero intimo -- una sorta di infinito stream of consciousness della costa Est -- è a tratti pesante e pretestuoso. L'analisi -- intesa come scomposizione in parti sempre più piccole -- di vicende, tratti caratteriali, interpretazione di discorsi, e ricordi che riaffiorano alla memoria è sicuramente la struttura portante del discorso fordiano ma è sovente esasperata e affaticante.

E' tuttavia verso la conclusione di questa raccolta di quattro novelle interconnesse che sono riuscito ad apprezzare il protagonista (l'anziano, introverso, disincantato Frank Bascombe), l'articolata sequenza di amare riflessioni sulla vita e sugli accadimenti cha appaiono ineluttabili ed, infine, la piccola galleria di personaggi che Frank incontra in questo breve lasso temporale (un paio di giorni prima di Natale).

Io credo che il mio errore principale sia stato leggere Tutto potrebbe andare molto peggio -- che fa parte di una tetralogia che include Sportwriter (1986), Il giorno dell’indipendenza (1996) e Lo stato delle cose (2006) -- nell'ordine sbagliato, e ora cercherò di rimediare partendo dall'inizio.

Ho quindi voltato l'ultima pagina con sentimenti contrastanti: la soddisfazione di aver apprezzato l'intreccio narrativo e la caraterizzazione dei personaggi versus l'affaticata inquietudine dei passaggi meno plausibili del percorso mentale ed emotivo del protagonista; la serenità trasmessa dal determinismo di Frank fronte agli eventi (il tornado come metafora degli accadimenti che ci travolgono e di fronte ai quali non possiamo far altro che ripararci, raccogliere i pezzi e ritenerci fortunati se siamo sopravvissuti) versus la triste consapevolezza del destino che ci accomuna, tutti, alla fine dei nostri giorni.

Qui non ci sono né eroi né antieroi, ma frammenti di vita di persone qualsiasi raccontate da un tipo al quale, per quanto messo alla prova da acciacchi, sconfitte, dolori e troppa introspezione, le cose alla fine vanno meglio che ai personaggi che incontra, e ai quali sopravvive: dal cliente che ha perso la casa nel tornado alla vicina che vive di ricordi, dal figlio morto giovane al figlio vivo ma non stimato, dalla ex moglie in casa di riposo all'amico rancoroso sul letto di morte.


Scheda 

Editore: FELTRINELLI
Data d’uscita: Giugno, 2015
Collana: I Narratori
Pagine: 224
Prezzo: 17,00€
ISBN: 9788807031403
Genere: Narrativa
Traduttore: Vincenzo Mantovani

21 aprile 2020

Pannelli posteriori Suzuki Samurai rimessi a nuovo

Tra gli elementi assenti nella mia Samurai vi sono i pannelli dei lamierati posteriori che, almeno in teoria, dovrebbero completare un po' il nudo allestimento interno.
Dopo il restauro dei parafanghi, dall'interno si possono toccare con mano i lamierati riparati e rivestiti con durevole antirombo. Una soluzione pratica ma non bella né confortevole per i passeggeri.

Ho trovato su un gruppo Facebook un paio di (rari) pannelli posteriori originali, in condizioni non bellissime, ma abbastanza integri e dotati di buona parte dei ganci di fissaggio ai lamierati.

Uno è nudo, l'altro è rivestito in sky nero. 



Diciamo che sono una buona base per un restauro. 



Molti anni fa, chissà perché, acquistai un rotolo di moquette acustica della Tec precision, ditta che non credo che oggi esista più; si tratta di un tappeto acustico per rivestire pianali che possono ospitare altoparlanti o comunque altre applicazioni musicali. E' spesso, morbido, ben lavorabile. 
Ho deciso quindi di usarlo finalmente per foderare e rivestire i pannelli, visto che il colore è il medesimo della tappezzieria dell'auto. 


Non ho mai fatto lavori di tappezzeria prima d'ora. Ho solo visto la tappezziera cinese di Fast'nLoud e mezza pagina web, per cui sono andato pressoché ad intuito. Non che ci voglia una QI elevato, eh.

Per prima cosa ho preso forbici da elettricista (inadatte ma tagliano bene) , un foglio di polistirolo leggero da imballi da usare come imbottitura, e un tubetto di mastice; poi ho sagomato un foglio di polistirolo e l'ho incollato sul pannello per avere un minimo di imbottitura.

Quindi ho steso uno dei pannelli su una grande porzione di moquette e con l'aiuto di un gessetto, ho tracciato la sagoma esterna che include i bordi da ripiegare e incollare all'interno del pannello.


Poi ho fatto la stessa cosa con il secondo pannello.



Una volta sicuro, ho tagliato le due sagome di moquette, vi ho steso un pannello sopra e ho iniziato a tagliare i bordi in segmenti più piccoli per seguire le curve  e le rientranze del pannello e per incollarli all'interno dello stesso.


Pezzo per pezzo, ho incollato il bordo ripiegato all'interno del pannello.


Ed ecco il primo pannello foderato.


Ci sono imprecisioni, ma per fortuna nei punti che si incastreranno tra i passaruota e i parafanghi.


Via con il secondo pannello.


Qui la sagoma è meno regolare per cui ho dovuto adattare la tappezzeria in più punti.



Un po' di fatica per tendere bene la tappezzeria senza piegare il pannello in truciolato leggero, ed evitando movimenti e sfasamenti.



Non bellissimo, ma intanto sarà nascosto.


Ed ecco i due pannelli finiti, pronti per essere montati. 



13 aprile 2020

Nuovo logo, nuovi contenuti.

Restyling -- dopo una decina d'anni o più - e nuovi contenuti categorizzati sul mio sito.

Nuovo logo



Ho sostituito il vecchio logo, che caratterizzava questo sito da una decina d'anni, con uno che meglio rispecchia i contenuti d'ispirazione meccanica, motoristica e tecnica del sito.


Nuovi contenuti

I contenuti speciali e il diaro di restauro della mia Suzuki Samurai sono stati organizzati in menu dedicati nel pannello destro, per una più facile individuazione. I post saranno pubblicati nel pannello principale del layout come sempre.


12 marzo 2020

Suzuki Samurai: come sigillare il soft top (capote in tela)


Una delle caratteristiche della capottina in tela della Suzuki è che, soprattutto nella parte posteriore, fa entrare molta polvere all'interno dell'abitacolo quando si percorrono strade sterrate. Qiesto perché il retrotreno alza polvere, e generalmente la capote non aderisce bene alla carrozzeria (è fissata con bottoni e ganci, ma tra un gancio e l'altro il telo si solleva con gli anni).

Per ovviare a questo piccolo problema, ho iniziato un lavoro per sigillare la capote alla carrozzeria. Sigillare è una parola grossa: l'obiettivo è ridurre il più possibile gli spazi tra capote e lamiera, quelli da cui la polvere si insinua, e lo condivido qui perché potrebbe essere utile a qualcuno.

L'occorrente è tutto su questo tavolino:

  • strisce di velcro adesivo, reperibile in merceria, fai da te o nei negozi cinesi (deve essere di buona qualità)
  • alcool 
  • un asciugacapelli
  • morsetti e piastrine per tenere in pressione le strisce di velcro durante l'incollaggio
  • un rotolo di biadesivo (opzionale: nel caso in cui quello delle strisce sia scadente)



Si inizia liberando la parte posteriore della capote dai ganci e smontando la ruota di scorta dal supporto.


Verificare che l'interno della capote sia pulito. Nel dubbio fregare uno straccio imbevuto di alcool per sgrassare e rimuovere lo sporco


Con l'asciugacapelli, scaldare ed ammorbidire i bordi della capote. Questa fase è essenziale e deve essere ripetuta più volte durante l'intero lavoro per assicurarsi che la tela sia appiattita, senza pieghe, e sia facile da trattare.


La parte dietro la ruota di scorta è la più difficile perché la tela è piegata.


Inizare a tagliare le strisce della lunghezza corrispondente alla distanza tra un gancio e l'altro. Sono tutte misure diverse, quindi fatele una per una.


Incollare la prima striscia. Consiglio: incollate la parte morbida del velcro alla capote e quella rigida alla carrozzeria. Vi sarà più facile fare aderire il velcro morbido sulla tela, e stringerlo tra due barrette di metallo o due pezzetti di legno con un morsetto per assicurare l'aderenza. Aiutatevi con il phon.


Pulire accuratamente con panno e alcool la carrozzeria. Deve essere priva di sporco e grasso.
Quindi incollare il velcro duro alla carrozzeria nella posizione idoena perché aderisca alla striscia incollata sulla capote.


Questo va ripetuto per tutta la lunghezza della capote.


E' consigliato premere forte , aiutandosi con un morsetto, tutti i pezzi di velcro, sia alla capote che alla lamiera.

Una volta fatto, si fanno aderire le strisce di velcro e si può notare che gli interstizi sono quasi spariti. In questo modo, dovrebbe entrare molta meno polvere.


La stessa operazione si può fare anche ai due lati, tra capote e lamiere dei parafanghi. Tuttavia, di lato si solleva meno polvere, ed inoltre la capote aderisce meglio perché più tesa e la lamiera è tutta dritta.

25 febbraio 2020

Kawasaki J300 - sostuiture una lampadina? Un inferno

Questo è un Kawasaki J300:


che è in realtà un Kymco Downtown con degli adesivi verdi.
Immaginate di aver bruciato una cacchio di lampadina del faro anteriore. Una cosa da 3 euro.
Che fate?
La cambiate, è ovvio.
Ora, io ho generalmente un tone of voice calmo ed educato. Ma in questa occasione farò un'eccezione.
Perché sono moderatamente arrabbiato.
Cambiare una lampadina a questo scooter è un inferno e una vergognosa perdita di tempo.
Spoiler. Usciranno i soliti esperti che vi diranno: ma va', ci van 5 minuti, la cambi da sotto lo scudo senza smontare nulla.
Balle.
1) c'è una flangia di plastica che non vi fa entrare neanche un dito, figurati il braccio intero.
2) la molla di ritenzione della lampada l'ha studiata uno dell'Isis come vendetta sull'occidente. Non ho altre spiegazioni.
3) il manuale di officina. Sì, quello che ti dice come fare le cose. E il manuale dice: per sostituire una cacchio di lampadina, dovete smontare lo scudo superiore; per smontare lo scudo superiore, dovete smontare lo scudo frontale; per smontare lo scudo frontale, dovete smontare lo scudo inferiore; per smontare lo scudo inferiore, dovete smontare i tappetini di gomma. Sì, quelli. Stanno a un kilometro dalla lampadina. E m'ha detto bene che non è richiesto di smontare la marmitta.
Cioè, non solo ti dice di smontare mezzo scooter, ma pure al contrario te lo dice.

Allora, messi da parte i professoroni, non resta che mettersi al lavoro, e seguire passo passo il manuale di officina.

Bisogna togliere tipo 20 bulloni e 20 rivetti di plastica, di quelli malefici che se li rompi sono guai.

Poi bisogna separare le parti di plastica, partendo dal basso, con forza e delicatezzza allo stesso tempo. Perché se spacchi una delle dicimila flangette, stai fresco.

Ed eccoci: tolto tutto lo scudo anteriore.


Qui si vede bene lo scudo anteriore a terra. Integra il gruppo ottico con i due proiettori.


Togliendo le cuffie parapolvere si accede al porta lampada che, come accennato, ha un sistema di ritenzione criminale.
In Kymco, qualche genio deve aver pensato: come garantiamo alle officine affiliate un po' di ore di manodopera? Ma certo: creiamo il sistema più complicato e irrazionale per cambiare anche una lampadina, e qualche soldo lo spilleremo sempre.
Ma voi, professoroni dei forum, pensate davvero di riuscire a rimettere a posto quella molletta di acciaio dietro lo zoccolo della lampada mentre infilate un braccio da sotto lo scudo, il gomito vi picchia sul parafango, il naso vi picchia sul fanale e avete finito i santi?



Eccovela quella molletta infame, e infame sia chi l'ha pensata e tutta la sua discendenza. 


Rimontare il tutto è un secondo inferno.
Perché non è solo lungo, faticoso e noioso. E' anche rischioso. E non è una cosa che puoi fare a settimane alterne.
Sono parti n plastica, che devono aderire ed allinearsi perfettamente.
Sono soggette a rotture, a traumi, a disallineamenti.
Ma come diavolo hanno potuto progettare una cosa così malvagia?
Se brucio ancora una lampadina, cambio lo scooter. Che faccio prima.
Kawasaki Italia, interpellata via messenger, ha risposto ad un mio messaggio dell'agosto 2018. Ha pure sbagliato la risposta. Ma statte zitto che ci fai più bella figura.
Kymco Italia manco ci provo a contattarli.
Comunque ho vinto io.


11 febbraio 2020

Restauro Suzuki / parte 4

Dopo mesi di lavori, documentati in questo endless worklog, stamattina ho finalmente portato la Suzuki parzialmente smontata e sverniciata, in carrozzeria per la verniciatura.

Rispetto agli ultimi lavori, ho sverniciata anche i parafanghini anteriori. Non erano ammaccati ma avevano qualche graffio e la vernice si stava staccando.

Eccola qui, sverniciata e pronta per essere affidata alle cure di un carrozziere.