31 ottobre 2008

Mi unisco al coro dei fischi.

Saranno stati 5 0 6, sarà sbagliata la comunicazione (ma lui chi è per dirlo?), ma intanto i fischi se li è beccati lo stesso.

Grillo deve tornare ad occuparsi delle cose che più gli sono congeniali e meglio si adattano al suo altissimo profilo socioculturale, come i vaffanculo day, questo meraviglioso esempio di protesta civile che tutto il Burkina Faso ci invidia.

Ma va', va'.

30 ottobre 2008

Acqua alta in Piazza San Marco.

Ieri alle 22, come previsto, si è registrato un picco di marea in laguna (circa 100 cm). Ho fatto quattro passi in Piazza San Marco dove erano già state parzialmente allestite le passerelle (ad eccezione di alcuni tratti). Con l'iPhone ho fatto un paio di miserrime foto, ad uso souvenir. No, non va bene per la fotografia notturna.



Al di là dei modesti risultati, per altro prevedibili, devo dire che la sensazione della piazza allagata è suggestiva, poiché viene meno il (già) labile confine tra l'acqua e la terra ferma.

Un'esperienza da provare.

29 ottobre 2008

Fori stenopeici.

Ieri sera ho (pare brillantemente) concluso il primo dei quattro interventi sulla fotografia digitale al Future Centre.

Poiché il gentile pubblico è solitamente composto da seniores, ho pensato bene di distribuire qualche chicca sull'invenzione della fotografia e la sua evoluzione tecnologica. Ergo, occorre partire dalla camera oscura e dal foro stenopeico.

Mi pareva giusto citare uno dei capisaldi della fotografia, tal Nicephore Niepce, cui è dedicato un sito completo e ben fatto che riporta alcune sue opere tra cui il famoso Paysage à Saint-Loup de Varennes (1827), un'immagine nota per essere stata realizzata con una camera oscura e un tempo di esposizione di 8 ore.


Naturalmente questo anedotto era solo un brevissimo inciso tra i tanti argomenti trattati nei 50 minuti di chiacchierata.

Ma tant'è, finita la prolusione mi sento tirare per la giacchetta da un tale che si presenta come fotografo stenopeico il quale dice di dovermi fare un appunto perché è falso affermare che l'opera di cui sopra sia stata realizzata con la tecnica del foro stenopeioco, e che solo un coraggioso studioso si permette, tra un coro di dissensi sdegnati, di sostenere tale tesi.

In realtà, continua l'esimio, si tratta di un'immagine realizzata con una normale fotocamera dotata di obiettivo, a detta sua già molto diffuse all'epoca dello scatto (datato 1826 circa).
Come no, i negozi pullulavano fotocamere all'inizio del 1800.

Ecco, questo sì che è capire lo spirito di una "conferenza" sulla fotografia digitale.

28 ottobre 2008

Contro la chiusura della Scuola Reiss Romoli: firma!

Qualche giorno fa ho ricevuto per mail la conferma di voci che erano nell'aria da un po' di tempo: la Scuola Reiss Romoli ceduta da Telecom Italia Learning Services ad una New co (partecipata al 70% da Cegos Italia SpA e al 30% da Camporlecchio Educational srl), sarà chiusa fra un paio di mesi.

Il provvedimento comporterà il licenziamento dei suoi dipendenti che, lo dico per esperienza diretta poiché alla Reiss ho trascorso i 3 mesi più intensi e importanti della mia vita lavorativa, sono tra i professionisti più competenti che si possa trovare in Italia nel campo della formazione e delle telecomunicazioni.

La scuola, concepita come un campus americano (quanti altri esempi ci sono in Italia? direi proprio pochi) poteva offrire all'interno di una struttura organizzata ed efficiente una formazione tecnica, scientifica, economica e linguistica davvero senza eguali.

Nei tre mesi passati alla "Reiss", come viene amichevolmente chiamata da suoi discenti, ho avuto la fortuna di conoscere persone eccezionali dal punto di vista professionale ed umano, dotate tutte di una rarissima capacità di adattamento alle caratteristiche e alle esigenze degli allievi.

La chiusura della Reiss, oltre ad essere una pessima figura per Telecom Italia, è un fallimento per la formazione superiore italiana che poteva davvero farsi vanto di una scuola in grado di preparare al lavoro e alla vita in azienda.

I dipendenti stanno curando un blog per sensibilizzare l'opinione pubblica e per documentare il loro impegno a erogare ancora formazione di qualità.

Chiedo a chi legge questo post di firmare la petizione contro la chiusura della Reiss.






Firma per salvare la Scuola Superiore Guglielmo Reiss Romoli


27 ottobre 2008

Festival della Scienza di Genova, due parole sulla fotografia digitale.

Mi faccio un po' di pubblicità.

Martedì 28 ottobre presso il Future Centre di Venezia (mia attuale sede di lavoro) intratterrò il cordiale pubblico con il primo di quattro incontri sulla fotografia digitale. Qui tutti i dettagli. Allo stesso link, di volta in volta, sarà possibile scaricare gli e-book in .pdf che sto preparando per le presentazioni. Non aspettate di trovarci un trattato alla Ansel Adams, ma forse ho anch'io qualcosa da dire sulla fotografia.


Lunedì 3 novembre sarò al Festival della Scienza di Genova, stand di Telecom Italia, per brevi interventi a rotazione (dalle 10.30 alle 16 circa) sempre in tema di fotografia digitale. Qui tutti i dettagli.

19 ottobre 2008

Tre novità del blog.

Più grande.
Ho messo mano al foglio di stile e ho ingrandito il corpo dei caratteri per il testi dei miei post. Facevo fatica a leggerli, figuriamoci a scriverli. Adesso, almeno, si leggono bene.

Più idee.
Nel menu in alto a destra trovate la nuova sezione Pippo's wishlist, una lista dei desideri, in costante evoluzione, per aiutare chi si trovasse nella remota evenienza di farmi regalo ma privo di idee. Dai 5 euro in su.

Più foto.
Sempre nel menu in alto a destra trovate la sezione Fotografia. Approfittando di un paio di giorni di beata solitudine, ho messo mano al mio archivio fotografico e ho cercato di ordinare i miei due progetti: Urban landscapes e Cars.

18 ottobre 2008

La casta dei soliti blogger: io sono io e voi non siete un...

Leggo con un po' di disappunto uno degli ultimi interventi di Paolo Valdemarin, stimatissima ed accreditata blogstar, che commenta l'atmosfera al recente BlogFest di Rovereto.

Cito dal suo post:
Non so perché da noi ci si sia fossilizzati sulle "top 100" dei blogger, ma è vero che in buona parte si sente parlare sempre dello stesso gruppo [...]

A questo punto io credo che prima ci dimentichiamo dei blogger meglio è. Passiamo avanti, le cose buone rimarranno, ma non ha senso continuare a parlarne.
Curioso. Valdemarin appartiene a pieno titolo alla casta dei soliti 10-12 autori abituati a citarsi l'un l'altro nei post, usando rigorosamente il solo nome di battesimo, come fossero i quattro evangelisti (d'altronde il cognome di una blogstar è ovvio e non saperlo è talmente out),

Un punto di vista quasi sconcertante, almeno per me, dal momento che l'autore di queste parole è uno dei più rappresentativi esponenti di questa insignificante minoranza (sic) e quindi uno principali responsabili di questo clima fatto di elitismo, autoreferenzialità, chiusura.

Ne è prova la decisione di non consentire i commenti al post. Perché? Teme forse il confronto con la significante maggioranza?

Valdemarin (anzi, Paolo; chi, se no?) chiude il proprio sfogo auspicando l'oblio dei blogger, termine con cui credo si riferisca alla pletora di chi quotidianamente con efficienza, abnegazione e passione, ma lontano dalle scene calcate dalle blogstar (e sotto la soglia degli ennemila unique visitors), indaga, spiega, interpreta e semplifica la rete, facilita la ricerca di informazioni, l'utilizzo dei servizi e la comprensione dei fenomeni del web; in una parola, produce i cosiddetti user generated content che garantiscono la crescita di una rete conversazionale e democratica.

Non sarà un grande sforzo dimenticarsi di noi blogger per l'autorevole Valdemarin anzi, Paolo. La casta delle blogstar lo fa da sempre, ogni giorno, in ogni post.
Perché loro sono loro, e noi non siamo un...


16 ottobre 2008

Reti sociali e vetri rotti.

In più occasioni ho riflettuto su come l'esposizione della mia vita sulla Internet, sia attraverso il mio sito che nelle reti sociali a cui sono iscritto (Facebook per ultima ma in questi anni ce ne sono state altre), mi abbia riavvicinato a persone che appartengono al mio passato.

Un passato che, in qualche caso, è divenuto tale perché il tempo scorre e i nodi si allentano fino a sciogliersi. Allora è dolce ritrovare un sorriso che pensavo perduto e invece è ancora lì, solo circondato da qualche ruga in più, ma ancora capace di illuminare una stanza buia e di scaldarmi il cuore con un'abbraccio o un'e-mail.

Altre volte il passato è divenuto tale perché le cose non sono andate bene né come le immaginavo. Un distacco, un litigio. Un'amicizia che finisce e si porta dietro una lunga scia di rancori e rimorsi, che nei giorni e nei mesi si assottiglia, ma senza mai sparire. E' come se un piccolo, costante dolore continuasse a pulsare da qualche parte dentro di me, ricordandomi, giorno dopo giorno, gli errori che ho commesso -- e sono tanti -- ma anche le mancanze che non mi sono state perdonate. Chiamiamola sfortuna. Così, per non cadere nella tentazione di chiamarla ingratitudine.

Nel mio passato ci sono amicizie finite.

Ho più volte cercato di farmene una ragione. Ammettendo di aver sbagliato e che quello era il prezzo da pagare. Cercando di convincermi che la vita non è come un libro o un film dove i sentimenti sono abbastanza forti da vincere su tutto e resistere al maltempo. No: l'amicizia è come un amore e spesso nemmeno dei migliori, non è incondizionata, non è immortale. Un'amicizia può finire, rompersi in mille piccoli pezzi e scivolare in un silenzio ostile.

Ed è da questo passato, vecchio di più di dieci anni, che sono riemersi alcuni amici di allora. Con passo leggero. Con poche, sussurrate parole. Un saluto, un come stai oggi. E con un carico di ricordi. Pesantissimo. Immagini nitidissime, parole che mi sembra di avere appena ascoltato. Gli odori. Quelli, poi. Che se chiudo gli occhi mi sembra di tornare a vent'anni, ad annusare forte la vita e con ancora tutto da fare.

Questo passato mi agita. Mi crea un senso di eccitazione molto diverso dalla malinconia da album di vecchie foto. E' tutto talmente reale. Mi sembra quasi di potermi sporgere e toccare con una mano tutto il mio passato.

Sarei un vigliacco e un bugiardo se maledicessi le reti sociali per avermi mostrato, dopo tanti anni, quelle che un tempo erano amicizie fatte di ore trascorse insieme, racconti, confidenze, sogni e che oggi sono sensazioni incorporee, comunicazioni a distanza, ricordi.

Ma dove vanno le amicizie finite quando non le vediamo più? E cosa succede alle amicizie finite, interrotte, infrante, quando le si incontra sulla propria strada a distanza di anni? Che cosa si può fare: correre loro incontro, accennare un saluto o cambiare strada? E' proprio vero, come cantava Enrico Ruggeri, che non s'aggiusta un vetro rotto in due? Oppure, come è umano sperare, avrò ancora una chance di rimettere insieme un'amicizia che, per un gesto sbagliato, è caduta andando in pezzi?

Voglio sperare.

Voglio che almeno un po' di quelle speranze, che riempivano la mia vita di ventenne e il mio cuore di amico pronto a tutto, tornino a pulsare forte dentro di me e spingano la mia mano tesa, con un gesto che non chiede perché e non aspetta nulla. Nemmeno che un'altra mano la stringa.

Sono forte abbastanza per rassegnarmi ad un altro fallimento, a ritrovarmi a contemplare nient'altro che un vetro rotto che non sono stato in grado di aggiustare. Entrerà un po' di freddo. Non potrà essere peggio che contemplarne i pezzi sparsi a terra, senza nemmeno la forza di raccoglierli in un angolo e buttarli via.

15 ottobre 2008

Hey Joe electro-acoustic version (feat. Donato Grassi).



A couple days ago, while checking my FaceBook, I challenged Donato Grassi, aka DDGuitar, to record our version of Hey Joe. Donato, who's a great guitar player and a good friend, accepted to play the guitar with me.

So he came to my crib, had a seat in front of my HandyCam, picked up my Epiphone Les Paul Custom Plus and started kicking ass as usual.

I wouldn't be honest if I wrote that I made my best to play the rhythm with my Ibanez acoustic guitar-- let's say I tried not to do so many mistakes.

Anyway, I hope you'll enjoy this take and post your comment on YouTube. Thanks for watching it!

_______

I would like to thank Donato Grassi for delivering an intense, inspired vibe, and for being a trusted friend. All the best!

12 ottobre 2008

Vorrei la bicicletta e anche pedalare.

Oggi ho fatto un giro per sterrati (parco fluviale san mauro e settimo) con la mia vecchia mountain bike, regalo dei miei genitori per la mia terza media. 1989. Diciannove anni fa, pergiove.

Allora, sta bici non ne vuole sapere di passare a miglior vita. Le ruote girano, i freni frenano (e bene), il cambio cambia (ed è sempre preciso). Però m'ha rotto le palle. Ho la stessa bici da quasi 20 anni, nel frattempo ho cambiato città, fidanzate, stato civile, lavoro, ma lei, niente, è sempre lì. Una gonfiata alle gomme (di allora) e si pedala.

Non morendo spontaneamente né a causa dei miei maltrattamenti, ho deciso che voglio comprare una mountain bike nuova. Punto.

Purtroppo non ne so nulla, ad eccezione di qualche parola gentile confidatami da un commesso di Decathlon. Con questa ignoranza il rischio di fare l'acquisto sbagliato è grosso. Così mi sono detto: chissà se riesco ad imparare le basi delle nuove mountain bike sui 400-500 euro senza diventare membro anziano di qualche MTB forum, ma semplicemente leggendo caratteristiche e prezzi su Internet.

Allora ho guardato TUTTI i siti italiani di vendita di bici. Uno per uno, con pazienza. E sono arrivato ad una conclusione. Sulla rete italiana nulla è fatto peggio e con più approssimazione dei siti di biciclette. Un numero imprecisato di siti è in costruzione o indirizzo non trovato. Quelli che funzionano hanno la sezione prodotti o mountain bike vuota o in costruzione.

I pochi che hanno un catalogo, si dividono in due categorie:
  • quelli che hanno a catalogo 3 bici, senza descrizione, caratteristiche, prezzo né foto (il marketing non esiste in Italia?) e
  • quelli che ne hanno qualcuna di più, con foto microscopiche, caratteristiche non corrette o lacunose, per il prezzo telefonare.
Notare che tutti i siti italiani che ho visitato invano hanno un dominio registrato, .it o .com. Il che dovrebbe sottintendere una minima volontà di utilizzare la rete per vendere. O no? Ma per avere una pagina HTML con scritto in costruzione e i link a Bottecchia e a Giant, resta sulle paginegialle. Mica lo prescrive il dottore di averci il sito internet.

Vabbe' che la bicicletta non è un server o una macchina fotografica, ma se uno vuole farsi un'idea prima di entrare in qualche oscuro negozio di bici dove un irascibile meccanico armato di uno straccio sporco e una chiave inglese ti dice: "le bici in vendita sono qui, guardatele da solo", come fa ad affidarsi alla rete (italiana)?

Cazzi suoi, per dirla tecnicamente. Subentra un'altra rete, la rete sociale. Ma quella vera, fatta di amici con cui hai mangiato una bistecca e non CrazyRider67 su qualche forum di malati che non considera spese sotto i 6000 euro, nemmeno per andare a comprare il giornale il sabato mattina.

Questa contingenza mi fa ripensare, come spesso accade e come se ce ne fosse bisogno, all'arretratezza del web italiano in confronto a quello americano. E ancora una volta mi toccherà chiedere ad un amico fidato, sperando che non appartenga segretamente alla ecrchia dei malati da 6000 euro in su, ed entrare in qualche oscuro negozio per farmi raccontare dall'oste quanto è buono il suo vino.