Quando passava, nuotando flessuoso e imponente, tutti gli abitanti dello stagno abbassavano lo sguardo e gli davano strada, col timore di finire divorati tra le sue fauci. Il luccio lo sapeva, e si divertiva a minacciare questo e quello: "Scànsati, o ti mangio in un sol boccone!", ringhiava al mollusco, e quello tremava ossequioso.
Le cose andavano bene: c'era da mangiare a sufficienza, la pioggia alimentava lo stagno e il sole intiepidiva l'acqua.
In quello stagno viveva anche una rana, una semplice rana verde, con occhi grandi e umili. Se ne stava in disparte, cibandosi di zanzare e altri insetti, che avvinghiava con la lingua o nuotando silenziosamente. Sapeva di non essere né bella né forte né veloce.
Il luccio si divertiva a spaventarla e a prenderla in giro. Le passava accanto gonfiando il petto e le diceva: "Qui non c'è posto per te! Guarda come sei debole e insignificante, e guarda me, invece: quando nuoto i raggi del sole si riflettono sul mio mantello d'argento, e tutti gli abitanti mi temono. Quindi stai attenta se non vuoi diventare la mia cena!"
La rana non diceva nulla e continuava a starsene in disparte, accontendandosi di un po' d'acqua e di qualche insetto.
Venne un'estate calda e secca. Il cielo era sempre azzurro e non pioveva mai. Lentamente, l'acqua dello stagno comincio a prosciugarsi e il luccio, spaventato per le conseguenze, divenne sempre più crudele e aggressivo. Tutti speravano nella pioggia, e invece il sole splendeva alto nel cielo.
In capo a poche settimane, lo stagno si prosciugò ed il luccio, un tempo padrone incontrastato, forte e fiero, si trovò a boccheggiare sul fondo ormai asciutto, muovendo penosamente le pinne e la coda. Provò ad inveire contro la rana, ma le forze lo abbandonarono, e morì.
La rana guardò lo stagno asciutto, fece un balzo, poi un altro e un altro ancora, e a poca distanza trovò un altro stagno, dove l'acqua era fresca e gli insetti abbondanti.
3 commenti:
molto bella questa fiaba. L' ho letta a scuola coi miei bimbi :)
Morale da non eludere :
"La prepotenza e l'arroganza pagano la cecità dell'essere che, vittima della propria pochezza, si annulla."
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