17 settembre 2012

Test e recensione: Reggisella in alluminio CTK Light Sp13 Al

Se come il sottoscritto siete alla (costante) ricerca di componenti affidabili, leggeri ed esteticamente gradevoli per “upgradare” la vostra bici, sono certo che questo reggisella in alluminio possa incontrare i vostri favori.



Analisi complessiva. Prodotto dalla taiwanese CTK Light, di cui sono già soddisfatto e fedele cliente, è realizzato in alluminio 7075 T6 (noto come Ergal) anodizzato in nero o in rosso (il mio prossimo acquisto per il muletto!); la superficie del tubo presenta una sottile zigrinatura a linee parallele, una lavorazione adottata anche da altri costruttori per incrementare tanto il grip del collarino (evitando scorrimenti verticali nel tubo del telaio) quanto la resistenza a graffi ed usura causati da eventuali imperfezioni o sbavature nella superficie interna del tubo del telaio.

La parte esterna della culla è invece lavorata a superficie ruvida con una resa leggermente più opaca rispetto al corpo del reggisella. La viteria fornita è in titanio. Completano la dotazione l’attacco della viteria, non integrato nel tubo ma realizzato con una barra cilindrica passante dotata di o-ring in gomma, e le due ancorine filettate che accolgono le viti di serraggio.




Ad una attenta osservazione emergono la pulizia e la precisione della manifattura, priva di sbavature o irregolarità visibili ad occhio nudo, e la precisione degli accoppiamenti tra tubo e testa.
La linea, come in altri prodotti CTK Light, è minimale e sobria: le grafiche si limitano al logo dell’azienda, alla scala graduata per la regolazione in altezza, ai valori di serraggio (espressi sia in Nm che in Kgf.cm, per chi dispone di una chiave dinamometrica) delle viti e al verso di montaggio; le scritte sono incise al laser con precisione.


La prova della bilancia. In linea con la filosofia CTK Light, il reggisella SP13 è leggero: il modello 31,6 x 400 mm (il più grande tra quelli disponibili) fa fermare la bilancia a 197 grammi , il peso rilevato è conforme a quanto dichiarato dal costruttore (195 grammi per il modello da 30,9 mm).

Il montaggio. Dopo questa disanima su materiali e lavorazione, procediamo con l’installazione della sella. L’operazione preliminare, sempre raccomandata, è quella di controllare che l’interno del tubo del telaio sia pulito e liscio; se sono presenti sbavature di metallo della lavorazione, è sufficiente passare un foglio di carta abrasiva a grana fine (100-200) per eliminare le scabrosità che possono graffiare la superficie del reggisella. Per il montaggio, personalmente, preferisco prima inserire il cannotto reggisella nel tubo del telaio e poi, assicurando la bici al cavalletto da officina, montare la sella.


È sufficiente allentare una delle due viti in titanio per liberare il morsetto. Con un po’ di attenzione, si posizionano i binari della sella nelle parti scanalate della testa e quindi li si assicurano con le due ancorine filettate. Rispetto ad altri reggisella dotati di morsetto integrato sulla culla, questo CTK Light richiede un minimo di attenzione in più nel posizionamento delle ancorine e nella chiusura delle viti, ma non è un’operazione difficile.
Quando la sella è posizionata sulla culla con le viti appena strette, è possibile procedere con le regolazioni fini, ovvero: arretramento/avanzamento e inclinazione. Circa l’arretramento, preferisco la sella in posizione centrale (la maggior parte dei binari dispongono di scala graduata per un corretto posizionamento).




Per l’inclinazione in genere si usa la bolla: con la bici appoggiata su una superficie piana (ad esempio il pavimento del garage) si appoggia una livella a bolla sulla sella e la si regola fino alla posizione orizzontale. Sebbene la livella a bolla sia più che sufficiente ed affidabile, sarebbe stata utile un’indicazione goniometrica in corrispondenza della testa del reggisella.




La presenza di una scala graduata sulla parte posteriore del tubo è utile per regolare e ricordare l’altezza della sella. Il montaggio non presenta difficoltà e la regolazione si completa velocemente. Da montato ha una linea molto sobria, semplice.

La prova su strada (e fuoristrada). Il cannotto reggisella è un componente fondamentale della bici: determina l’altezza della sella, deve essere solido, confortevole, resistente ai graffi, all’acqua; deve essere, almeno per me, costruito con tolleranze bassissime per scorrere senza incertezze (ma senza scivolare) nel tubo del telaio.

Dopo un po’ di giorni di prove, il bersaglio è centrato: le viti del morsetto sono ancora strette e non necessitano interventi, l’inclinazione è perfettamente “in bolla”, segno che l’accoppiamento tra la culla e il tubo è ottimale; le ripetute regolazioni dell’altezza, necessarie nei percorsi alpini, non sembrano intaccare la superficie anodizzata del tubo, grazie anche alla lavorazione a zigrinatura; pietre e acqua non hanno lasciato segni. Il comfort è quello che ci si aspetta da un prodotto in alluminio. In una parola, ci si dimentica di averlo se non quando lo si guarda.

Rapporto qualità/prezzo. Decisamente favorevole; è difficile, quasi impossibile, trovare prodotti equivalenti per qualità dei materiali (come le viti in titanio), livello di finiture e peso ridotto nella zona dei 50 euro. È senza dubbio uno dei punti di forza di CTK.

Problemi riscontrati. Nessuno.

Giudizio conclusivo. Come detto, un componente tanto cruciale quanto solido e affidabile, costruito con cura e durevole nel tempo. Leggero, ben rifinito, con un prezzo molto interessante. La viteria in titanio e la zigrinatura sono un plus. L’indicazione goniometrica sulla testa potrebbe aiutare nella regolazione dell’inclinazione, ma è una mancanza da poco.

12 settembre 2012

Smartphone, anche Amazon rilascia il proprio terminale?


Questi giorni sono caratterizzati da un susseguirsi di rumors, a quanto pare molto attendibili, dell’imminente ingresso di Amazon nell’agguerrito e affollato mercato degli smartphone.
La notizia, per la verità, rimbalzava già da qualche settimana, e non sono mancate analisi particolarmente puntuali e condivisibili: ma ora un articolo pubblicato su The Verge porta a pensare che il lancio possa avvenire a brevissimo.
D’altronde è notizia ormai assodata che Amazon stia intrattenendo da tempo rapporti con il costruttore Foxconn; a questo si aggiunga che Amazon ha già sondato il terreno dei dispositivi smart con due classi (ben distinte): il Kindle, nelle sue varie configurazioni ed evoluzioni, e il Kindle Fire, un tablet basato sul sistema operativo Android anche se pesantemente customizzato.
Sono cliente Amazon da anni, prima sullo store americano (organizzando le spedizioni con qualche collega in trasferta negli USA) e poi su quello italiano, da cui mi rifornisco praticamente per tutto, dai regali di Natale per gli amici agli attrezzi da cucina; usufruisco di molti servizi Amazon, come Cloud Drive. Ritengo quindi di conoscere bene l’azienda e il suo ecosistema.
Credo pertanto che Amazon, che è oggi probabilmente il più grande, fornito ed efficiente marketplace di beni materiali, immateriali e servizi IT, possa trarre alcuni interessanti benefici dal lancio di uno smartphone; ci sono però alcuni punti delicati e meritevoli di attenzione.
Iniziamo con i pro di questa azione commerciale.
1. Innanzitutto, come già accennato, Amazon ha acquisito una discreta esperienza sia con lo sviluppo di dispositivi elettronici connessi (Kinlde) che con i rapporti con i Telco (l’accordo con AT&T per la connettività 3G del Kindle negli Usa). L’esperienza si è allargata con lo sviluppo di Fire, un tablet con schermo a colori e OS Android 4.0. E proprio Fire è indicato come la buona base di partenza per lo sviluppo di uno smartphone.
2. Amazon ha realizzato e consolidato uno dei più potenti, capillari, affidabili e riconosciuti (ma il termine corretto sarebbe trustedcanali di distribuzione di beni materiali e immateriali, con esempi di successo di distribuzione esclusiva (Kindle), tanto efficace quanto potenzialmente pericolosa. Un vantaggio competitivo significativo per la vendita di un nuovo smartphone.
3. Come correttamente suggerito da un articolo pubblicato su Business Week, Amazon non è obbligata a realizzare profitti dalla vendita di uno smartphone col proprio brand; può venderli anche in perdita. Uno smartphone non è il core business aziendale, bensì un canale privilegiato, abilitatore e facilitatore per la distribuzione di contenuti e la vendita di beni (il sistema operativo Android, privo delle legacy tipiche di altri OS, è un ulteriore elemento di facilitazione); per citare Free! di Anderson, Amazon può applicare il modello di business inaugurato cent’anni fa con i rasoi Gillette (o le stampanti a getto di inchiostro), ovvero sussidiare il terminale per realizzare profitti dai contenuti. Si tratta di un secondo vantaggio competitivo rispetto ad altri costruttori i cui profitti dipendono dai volumi di vendita dei terminali.
In sintesi, la scelta di Amazon, corredata dalle giuste partnership (ad esempio Nokia per la fornitura di mappe e servizi di navigazione), può rilevarsi un buon successo, ma è innegabile che l’azienda dovrà fare i conti con alcuni punti aperti. Vediamo quali:
1. Nell’arena degli smartphone combattono, senza esclusione di colpi (recentemente più che altro nelle aule di tribunale…), gladiatori del calibro di Apple, Samsung e (in tono minore, ma con il Lumia si sta rifacendo un nome) Nokia. Nessuno di loro è intenzionato a perdere terreno e cedere i propri affezionati clienti all’ultimo arrivato; anzi il loro obiettivo è di fare piazza pulita, e molti obiettivi sono stati raggiunti, dei nomi consolidati della industry.
2. Se da un lato Amazon ha siglato un buon successo con Kindle, non possiamo dare per scontato che l’esperienza acquisita, pur importante, si possa applicare tout court allo sviluppo e alla produzione di un dispositivo complesso come uno smartphone. È sufficiente pensare agli errori progettuali e strategici, anche macroscopici, commessi in passato dai grandi costruttori: solo per citarne due, i problemi elettromagnetici dell’iPhone 4 o il non corretto posizionamento dei terminali Nokia con OS Symbian, a lungo sospesi tra il segmento feature phone e quello smartphone.
3. Quando si tratta di acquisti on line di libri, musica, elettronica di consumo, orologi, abbigliamento e gadget in genere, Amazon è il brand più riconosciuto e affidabile (trusted): non ha concorrenti in termini di rapidità ed economicità della spedizione, gestione del magazzino e dei resi, presentazione e recensione dei prodotti. Ma quando si parla di smartphone, il discorso è diverso: il consumatoretech savvy riconosce Apple, Samsung, Nokia, LG Mobile, RIM… ma quali sentimenti e aggettivi assocerà al marchio Amazon?
Un terreno non facile, insomma, ma anche una sfida che, se accolta con la giusta strategia, può portare a risultati interessanti non solo per i soggetti coinvolti direttamente: si tratterebbe di un modello innovativo di distribuzione, un ecosistema completo e complesso il cui driver principale è il più forte marketplace on line del mondo.
Non resta che attendere la comunicazione ufficiale alla stampa: nuovi rumors non mancheranno.

Originariamente pubblicato su Voices.

16 agosto 2012

Late summer riding :-)

La mia fida Dawg mi ha tenuto compagnia per i sentieri delle montagne svizzere. E basta un occhio un po' allenato per trovarne sempre di nuovi e divertenti, a pochi metri dai track del bikepark (comincio a sentirmi vecchio quando vedo ragazzini scendere a bomba e provare nuovi trick sui drop).
Meteo superfavorevole, anche troppo secco (il park è polvere come il far west), pochissimi compagni di viaggio ma va anche bene così, per meditare nella solitudine del bosco, scendendo lentamente, copiando con delicatezza e rispetto ogni pietra e ogni radice.
Perché se si corre si perde l'odore intenso della resina che sgocciola piano dagli abeti.

25 luglio 2012

Vi consiglio due libri.

In queste settimane sono stato abbastanza fortunato da leggere due saggi veramente ben scritti e coinvolgenti su tematiche che mi affascinano molto: l'impatto dell'uomo sull'ambiente e l'alimentazione. Se volete leggere qualcosa di impegnato (senza essere troppo impegnativo) e che vi faccia riflettere su aspetti che ci riguardano sempre più da vicino, con questi titoli andate sul sicuro.

Michael Pollan, Il dilemma dell'onnivoro (versione per giovani adulti). 
E' un libro molto conosciuto, soprattutto tra negli USA, e ampiamente recensito per cui rimando ai link in basso per approfondimenti. L'autore ricostruisce e racconta l'evoluzione dell'industria alimentare soprattutto in America e in Europa, analizzando la catena di vita del cibo, dalla coltivazione e dall'allevamento fino al piatto finito, servito (spesso) in un fast food o venduto nei banchi di un supermercato, svelando al lettore tutti i costi indiretti e nascosti legati alla produzione e alla distribuzione del cibo nel moderno ciclo industriale; accanto a questa analisi, propone e valuta modelli alternativi, quello del "bio industriale" e quello del "bio a km 0", una tendenza che si sta diffondendo sempre di più anche in Italia. Una lettura coinvolgente che spiega il lato oscuro di molti processi industriali della produzione del cibo (e fa passare la voglia di pranzare da McDonald's).


Per approfondimenti: recensioni: 1 e 2 , Scheda del libro. Di questo saggio, ho scoperto, è disponibile anche una versione completa, più lunga e probabilmente con un taglio meno divulgativo.

Il saggio è citato sovente nel documentario  Food, inc.  (in Italia Cibo SpA), ecco il trailer ufficiale.


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Alan Weisman, Il mondo senza di noi. 
Il libro mi era stato raccontato brevemente e consigliato da un amico, e la sinossi mi aveva convinto a comprarlo. Vi rimando, per i dettagli a Scheda e recensione.
Il filo conduttore del saggio non è pedissequamente, come si potrebbe evincere dal sottotitolo, una visione complessiva del mondo alla nostra improvvisa e totale scomparsa ma un'analisi approfondita, documentata e corredata di testimonianze scientifiche importanti di quello che accadrà a tutto ciò che abbiamo costruito, creato, modificato e abbandonato sul pianeta: dalla coltivazione all'allevamento di animali domestici, dalle infrastrutture alle dighe, dagli impianti industriali agli ecosistemi che abbiamo pesantemente modificato con la nostra presenza.


Si apprezza molto l'approccio rigoroso e scientifico che prevede per ogni aspetto l'intervento e la consulenza di esperti dei vari settori (tecnici, accademici, ricercatori, scienziati ecc) che, sulla base di dati, modelli , simulazioni ed esperienza, aiutano l'autore a tracciare scenari, la maggior parte davvero inquietanti.

24 luglio 2012

Chamois - Cheneil, Val d'Aosta

Bellissima traversata alpina in Val d'Aosta, seguendo in sostanza questa traccia, con partenza dalla funivia di Buisson fino alla località di Chamois, e da qui risalita -- con un lungo tratto di portage -- fino al colle des Fontaines a quota 2700, punto di partenza per una lunghissima discesa su su single track di quasi 1500 metri di dislivello, quasi tutta molto tecnica ed impegnativa: ostacoli, pietre smosse, tornantini stretti, fondo coperto di vegetazione.



















Qui il percorso interattivo realizzato su Everytrail partendo dalla traccia registrata con il GPS.

Chamois - Cheneil, Val d'Aosta


10 luglio 2012

Quest'estate sotto l'ombrellone...

...anche nelle mani di chi non è mai andato oltre la Gazza (per lui) e Confidenze (per lei).




Azzardo anche i commenti sul bagnasciuga:
"E' così coinvolgente!"
"Ne parlavano tutti, ero curiosa di leggerlo"
Scommettiamo?

(Tre anni fa c'era Dan Brown o giù di lì, per il resto cerco di stare alla larga dalle spiagge).

Se mi cercate per smentirmi o complimentarvi (a seconda dell'umore), mi trovate nascosto dietro qualche palloso saggio di storia contemporanea.

25 giugno 2012

Inizio di stagione freeride a Bardonecchia: il video!

Un bell'inizio di stagione freeride sabato al bike park di Bardonecchia, soprattutto per la nuova traccia a Melezet. Rispetto all'anno passato, adesso il park è un po' più grande e vario; lato Campo Smith il dislivello è interessante. Le strutture in legno potrebbero essere di più, in questo Salice è un esempio.
Nel complesso, una grande giornata: cielo privo di nuvole, terreno molto compatto e asciutto, molte facce note che fa piacere incontrare.
Ero titubante a caricare la Spicy sui ganci della seggiovia e a lanciarla in discesa tutto il giorno. E' andata bene: nemmeno un graffio. Mi è mancata un po' della rassicurante pesantezza della Stinky, che sugli scassati veloci ha sempre dato il meglio di sé, ma sui rilanci non c'è competizione.
Nota di colore, un tratto della 9D l'ho percorso su una Santacruz Nomad 2012: un riferimento; l'anteriore pareva incollato a terra, ma anche il carro mi è sembrato rigido e stabile, anche in assenza di perno passante.

Qui sotto il video. Avevo moltissimi minuti di girato (una decina di discese tra mattina e pomeriggio); ho cercato di tagliare il più possibile ma alla fine è venuto un video piuttosto lungo; qualche piccolo disallineamento dei testi (intermedi e dei titoli di coda) e della colonna sonora, ma sono soddisfatto per l'inquadratura (attacco alla mentoniera dell'integrale) e la mitica stabilizzazione GoPro. Nessun editing video né effetti.


22 giugno 2012

T-Payment: comprare (e pagare) direttamente dalla TV.

Il mondo della TV digitale ha introdotto da tempo metodi e sistemi per acquistare contenuti premium (partite, film, contenuti on demand) ma in genere il livello di integrazione con questi sistemi è verticale e strettamente legato al broadcaster o service provider. Ad esempio, la maggior parte dei contenuti premium disponibili su TV satellitare o digitale terrestre sono legati ad un sistema complesso di CAS e a modelli di business abbastanza articolati, che prevedono pacchetti componibili di contenuti (ad esempio Cinema + Calcio), abbonamenti o acquisti di eventi singoli, generalmente confezionati e gestiti dal fornitore del servizio. Sebbene le combinazioni possibili siano molte, gli utenti non possono realizzare e sottoscrivere un bouquet di contenuti realmente personalizzato.

Nei servizi IPTV, generalmente erogati da un Internet Service Provider (o comunque un attore forte nella industry TLC) che gestisce anche l'infrastruttura della rete di trasporto, l'acquisto di contenuti premium è in qualche modo abilitato da un sistema di fatturazione consolidato già in uso per il pagamento o la sottoscrizione di altri servizi (telefonia, connettività Internet, VAS ecc). Si tratta,  semplificando, di modelli walled garden rassicuranti per i content provider che sanno di mettere i loro contenuti in buone mani e di poterli monetizzare con un sistema consolidato. Al contempo, tali piattaforme possono presentare limiti in termini di flessibilità e di accesso alla catena del valore da parte di terze parti, ad esempio nuovi content provider che vogliono offrire contenuti on demand senza sistematizzare il proprio ruolo attraverso contratti di fornitura chi gestisce la piattaforma. Ma i modelli di business legati alla TV on demand stanno evolvendo, ed è probabile che a breve alcuni servizi TV possano evolvere dall'attuale approccio a catena del valore verso un approccio più flessibile e aperto di ecosistema del valore, con attori da ruoli meno rigidamente definiti.
Ad esempio PayPal, uno dei più diffusi, affidabili ed integrati sistemi di pagamenti nell'e-commerce, ha da poco siglato un accordo con due player del mondo TV: Comcast, una delle principali società di TV via cavo USA, e TiVO, il popolarissimo hard disk recorder. Le opportunità della partnership sono molteplici: i clienti Comcast potrebbero presto utilizzare sistemi innovativi di acquisto e fruizione di contenuti; TiVO potrebbe sviluppare nuove soluzioni di pubblicità interattiva. L'articolo suggerisce anche un modello" a second screen" basato cioè sulla ricezione  su un secondo terminale (ad esempio un tablet) di coupon da poter "spendere" per acquistare contenuti sul terminale principale, ovvero la TV. Chi scrive, insieme ad alcuni colleghi, aveva elaborato un sistema di delayed advertising per fruire di un contenuto premium sulla TV dopo aver consumato un contenuto pubblicitario su un altro dispositivo (l'idea era stata anche proposta come brevetto...)

Questo sodalizio sembra nascere su basi concrete. Secondo una recente ricerca condotta in UK, nel prossimo triennio la propensione all'acquisto di beni, servizi e contenuti da TV potrebbe valere qualcosa come 3.8 miliardi di dollari  (a livello globale); inoltre, un utente di TV digitale su 4 sarebbe propenso a completare i propri acquisti attraverso sistemi di commerce e payment erogati dalla interactive TV. Gli scenari legati ai sistemi di T-payment sono davvero molti: dall'acquisto di contenuti premium come eventi sportivi di nicchia (quindi al di fuori dei circuiti principali) all'acquisto di prodotti presentati in pubblicità interattive alla realizzazione di molteplici nuovi modelli di business che consentono ad un numero crescente di player di proporre servizi di entertainment, giochi. La presenza di entità trusted adibite alla gestione dei pagamenti (e PayPal ne è un esempio di successo) potrebbe contribuire all'evoluzione della televisione digitale da piattaforma per l'erogazione di contenuti on demand a piattaforma che abilita la monetizzazione di servizi e microapplicazioni erogati da player esterni all'industria televisiva. Anche la crescente diffusione di connected TV (dotate cioè di connessione nativa ad un accesso di rete senza intermediazione di Set-top box) e l'accelerazione del ciclo di sostituzione delle TV (un anno fa i consumatori dichiaravano una propensione all'acquisto di un nuovo televisore ogni 8 anni, nel 2012 questo valore è sceso a 6 anni) sono certamente fattori che possono agevolare la diffusione di sistemi di T-payment e, conseguentemente, l'ingresso di nuovi attori nell'ecosistema del valore della TV.

11 giugno 2012

Forte Foens - Bardonecchia: il video.

Nuova registrazione con il supporto da torace artigianale per la videocamera GoPro. L'inquadratura deve essere ancora migliorata, inclinando la videocamera un po' più in alto, ma la resa in termini di vibrazioni è notevole.
Il video è stato registrato nei tre tratti di discesa dal Forte Foens a Bardonecchia.

01 giugno 2012

Highlight ti rende più popolare su Facebook.

E' sempre difficile scrivere qualcosa sulle potenzialità di Facebook -- un social network il cui numero di utenti registrati potrebbe essere la popolazione di un continente -- senza il rischio di cadere nell'ovvio, nel superfluo e nel "già letto, già visto". Allora vorrei partire da una semplice considerazione, da un'esperienza personale e da una notizia. Partiamo dalla considerazione. Un fattore che influenza fortemente le scelte e la propensione all'acquisto di un individuo è la trustability (difficilmente traducibile in una sfumatura tra l'affidabilità e la fiducia) della sua rete sociale: amici, conoscenti, amici di amici. E' probabile che se una o più persone che appartengono ad una cerchia (ristretta o allargata) supportano con parole, fatti o esperienze dirette la qualità di un bene o di un servizio, la propensione all'acquisto degli appartenenti alla cerchia ne sia influenzata (positivamente o negativamente). Detto in altre parole: se un utente (un individuo, un'azienda o un brand) fa parte della mia rete sociale significa che gli ho accordato un po' della mia fiducia e che valuto le sue opinioni. Per questo è noto il crescente utilizzo dei social network come strumenti di advertising indiretto che è tanto più efficace quanto maggiore sono il numero degli appartenenti ad una cerchia (ovvero il numero di coloro i quali leggono le notizie e gli aggiornamenti) e l'interesse per un particolare segmento commerciale o categoria di prodotti e servizi (se sono appassionato si sport invernali è altamente probabile che abbia tra i miei contatti altri appassionati di sci e che segua gli aggiornamenti dei profili social di stazioni sciistiche o di brand di attrezzatura specifica). Si potrebbe obiettare, citando una recente ricerca, che i nostri post su Facebook sono letti solo da un numero ristretto (tra il 12 e il 16% per essere precisi) dei nostri contatti.

Adesso veniamo all'esperienza personale, molto recente, che mi serve a supporto di questa considerazione. Qualche giorno fa ho venduto una mountain bike usata. Non sarebbe un fatto così inusuale se non fosse per le modalità con cui è avvenuta la vendita. Dapprima avevo provato con i canali tradizionali: i vari annunci su portali generalisti come Subito e ebay, e su forum specializzati. La debolezza dei primi sta nella dispersione e nella scarsa specializzazione: chi ti contatta spesso non ha le idee chiare oppure, forte dell'anonimato, propone transazioni non cristalline; e infatti è stato un buco nell'acqua. La debolezza dei secondi sta nella sproporzione tra offerta e domanda, per cui gli acquirenti hanno un (eccessivo) potere negoziale a scapito del prezzo finale. Stufo del tempo perso, ho pubblicato l'inserzione, le foto e la descrizione sul mio profilo Facebook che uso prevalentemente per tenermi in contatto con amici e conoscenti ammalati più o meno gravi di mountain bike. Ho subito ricevuto un commento da un amico che ha condiviso il mio post con un suo amico, indicandomi come persona affidabile e disponibile (e quindi trusted), il quale era alla ricerca di una bici simile. Nel frattempo c'è stato qualche commento positivo di chi aveva già visto o provato la mia bici. Due giorni dopo salutavo con la mano  la sagoma della mia ex mountain bike che si allontanava dentro al furgone del soddisfatto acquirente.
E' un circolo virtuoso. Se mi fido di te, mi fido dei prodotti che vendi. Vale per le piccole transazioni tra privati, ma soprattutto vale come promozione per i commercianti professionisti e i brand. Rimane però il già menzionato problema dello scarso audience reach che l'utente medio ha su Faceboook: come si scriveva poche righe sopra, solo il 12% dei contatti di un utente legge notizie, cambiamenti di status, aggiornamenti, la cui popolarità è determinata da EdgeRank, un algoritmo che è spiegato bene in un post su InsideFacebook:
Facebook, therefore, assigns a value to every possible story that could end up in the feed. This value is based on affinity, weight and time. Affinity is the relationship between the user and the page or friend that created an item. Weight is affected by the type of story, for instance, whether it is a photo upload or a comment on another person’s status. Facebook tends to value rich media content and often when it introduces something new like Questions, it temporarily weights activity from that feature higher. The third factor affecting EdgeRank is how recently an action was taken.
In rete si trovano anche molti consigli su come incrementare la popolarità dei propri feed. Ma per quanto la notizia che pubblichiamo sia interessante, commentata, condivisa, prima o poi la sua popolarità è destinata a decrescere e quindi scendere nella lista degli aggiornamenti ricevuti dai nostri amici. Ed ecco che arriviamo alla notizia: Facebook, solitamente poco incline a chiedere denaro ai propri utenti (Facebook è gratis e lo sarà sempre, dice la homepage), sta effettuando un trial limitato di Highlight, una funzionalità che consente agli utenti, dietro il pagamento di una fee, di mettere in evidenza i propri post "importanti". Il claim della funzionalità è programmatico: "accertati che i tuoi amici lo vedano". Il trial sarebbe attualmente in corso in zone ristrette (Nuova Zelanda) e il costo è di 2$ per ogni highlight di post, pagabili con PayPal e carta di credito. Tuttavia, il pricing è ancora in fase di studio (potrebbero essere offerti diversi profili) e non sono del tutto noti i meccanismi che consentono di mettere in evidenza un post (ad esempio la durata in giorni in top position). La dichiarazione ufficiale di Facebook al riguardo è laconica:
We’re constantly testing new features across the site. This particular test is simply to gauge people’s interest in this method of sharing with their friends.
Di questa idea, tutto si può dire fuorché sia nuova: l'highlight degli annunci è vecchio quanto gli annunci stessi (pubblicare un'inserzione su Secondamano o LeCose era gratuito, ma si pagava per apparire ad inizio pagina o stampare la foto o il riquadro o qualsiasi cosa attirasse l'attenzione dei lettori). Quello che è nuovo è il contesto perché gli strumenti di promozione pubblicitaria su Facebook fanno parte di un programma specifico per aziende: con Highlight, teoricamente, tutti gli utenti possono guadagnare popolarità (ma chi ne guadagna, alla fine, è Facebook) in maniera trasparente. Come ricorda TechCrunch, i post highlighted:
...are not colored differently to make them stand out. And to be clear, this is not like Twitter’s Promoted Tweets which is designed for businesses. Facebook Highlight is for the end-user.
Non mancano, tra blogger e siti di tecnologia, le critiche verso questo strumento. Perché Facebook, a differenza di Twitter, social network fortemente asimmetrico (diviso com'è tra followed e follower), è ancora uno strumento abbastanza equilibrato e simmetrico, dove la popolarità degli utenti e delle notizie pubblicate oggi dipende, in fondo, dal tempo che investono a stringere amicizie, scrivere aggiornamenti, pubblicare foto, condividere link, commentare post, tosare pecore su FarmVille e rispondere a sondaggi; c'è chi teme che, da domani, questa popolarità dipenderà invece da quanto è grande il portafoglio. Chi su Facebook ha moltissimi contatti (ed è il caso dei più giovani), ma non riesce a catalizzare la loro attenzione in una dinamica followed/followers, potrebbe forzare la mano acquistando visibilità. Torniamo all'esempio della vendita. Con Highlight, di fronte ad una modica spesa, avrei potuto aumentare la persistenza della visibilità del post al top delle notifiche, riuscendo a superare la già citata soglia di reach che si attesterebbe al 12% dei miei contatti, incrementando la probabilità di successo del mio annuncio, anche di fronte ad uno scarso interesse del mio post. Facebook non è pensato per prendere il posto di Craiglist, ma le potenzialità commerciali e promozionali di questo strumento, soprattutto se adottato da individui e microbrand, possono essere molto importanti, e percepite con più favore da quegli utenti che gradiscono poco le notifiche degli inviti ad eventi o altre forme di pubblicità. Il rischio, se di rischi si può parlare, potrebbe essere uno spostamento paradigmatico verso una rete un po' meno simmetrica. Lungi dal porre questioni gravi sul tema "Facebook e la democrazia", la funzionalità Highlight ci spinge ad interrogarci sugli scenari evolutivi del social network che potrebbe transire da piattaforma per l'erogazione di migliaia di microapplicazioni (tra gratuite e redditizie) a piattaforma per l'acquisto diretto di servizi; e se accanto alle funzionalità a pagamento si facesse strada un modello di business complementare basato su account Premium? L'idea non è così infondata: da anni Reddit, il popolarissimo news aggregator americano, offre il profilo Gold che per la cifra di 3,99$ al mese (ouch!) permette , tra l'altro, di nascondere i contenuti pubblicitari, personalizzare la vista della home page ed essere identificato come utente Gold mediante un'icona (come in Flickr Pro). Possiamo ipotizzare che Facebook baratterà l'oscuramento dei messaggi pubblicitari inviati agli utenti sulla base di un efficace data mining con una piccola fee? Difficile. Più realistico ipotizzare che funzionalità Highlight possa aggiungersi alla ricca schiera di acquisti di beni virtuali (credits) che contribuiscono in maniera crescente alle revenue del social network.

Originariamente pubblicato su Voices.