26 marzo 2010

La scuderia si allarga: Kona Stinky 2005.


La Stinky l'avevo provata un paio di volte per iniziare freeride e mi ci sono trovato bene: pesante, ruote grosse, sicura. Così, quando è capitata un'occasione (davvero un'occasione) su una bacheca di annunci, ho pensato che si vive una volta sola e l'ho comprata.
E' arrivata a casa in uno scatolone, da montare come i mobili dell'Ikea. Usata senza risparmiare cadute, graffi e colpi. Vissuta, a dire poco. Ma con qualche simpatico upgrade, rispetto alle caratteristiche di serie: uno per tutti il guidacatena, che costa un po' ed è una menata da montare.

I freni, che erano un po' sotto il minimo sindacale per una macchina che teoricamente dovrebbe solo scendere, sono stati sostituiti con un impianto Hayes HFX Mag Heavy Duty e rotori (quasi) nuovi da 203 mm. Il resto è più o meno standard, ma da leccarsi (abbastanza) i baffi: forcella Marzocchi da 170 mm di escursione, ammortizzatore Fox da 170 mm, coperture Nokian Gazzaloddi (ma chi era sto Gazzaloddi da dedicargli una gomma?) con un bel po' di battistrada, sella nuova camouflage. Forse il precedente biker ha sostituito anche il manubrio, e non credo l'abbia fatto per motivi estetici.
I miei interventi sono stati poco o niente: cambiati i freni e le manopole, e una corsa al lavaggio per togliere la più grossa.
Naturalmente, da quando l'ho presa e finita di montare, è stato un susseguirsi di raffreddori e giornate di pioggia. Così ad oggi ho potuto fare una sola uscita su sterrato, peraltro su un tracciato decisamente in piano -- i sentieri agricoli che vanno da Settimo a Brandizzo attraversando Mezzi Po --, ma per lo meno dotati di una serie generosa di buche, fossi e pietre (e giusto un paio di brevi discese).
Questo cancello pesa sui 18 kg, quindi se pedalare in piano è faticoso, ogni minima salita ti fa desiderare polmoni più grandi e gambe dopate. Ma la sensazione da full suspension è esaltante e -- monsieur lapalisse -- decisamente confortevole rispetto alla mia Giant (molto rigida di per sé).
La prova in discesa è programmata ma ancora in data da definire: da ieri piove a rompimaroni e la collina di Superga si sarà probabilmente trasformata in un allegro fiume di fango. Come prima escursione gravity, lascio perdere: so già che per tre quarti del tracciato userei le natiche e i gomiti al posto delle gomme.
Rispetto alle Stinky che ho noleggiato, la mia dovrebbe essere un po' meno "abusata" e con freni più modulabili. Aspetto quindi con ansia di riprovare l'ebbrezza del Buffaure, magari vicino a casa.
Ginocchiere e tartaruga a 7 placche (un acquisto collettivo su CRC di qualche mese fa) sono ancora lì nei loro sacchetti, che aspettano di essere usati. Perché sapevo che prima o poi avrei ceduto al richiamo delle ruote grasse.
Prima che Kona eliminasse la pagina, ho salvato le caratterstiche della Stinky 2005.


Our basic freeride bike is not that basic. It features the same exact frame as the Stinky Dee-Lux.
The rest of the bike's pretty damn solid too. Point the front end down anything you want, hold on tight, auto-hoot.


Frame sizes
S(15"),M(15.5"),L(16"),XL(16.5"),XXL(17")
Frame tubing
Kona Clump 7005 Aluminum/7" Travel
Rear Shock
Fox Vanilla DHX 3.0
Fork
Marzocchi Drop-Off Triple 170mm
Headset
FSA
Crankarms
TruVativ Hussefelt DH
Chainrings
Rockguard/36/26
B/B
TruVativ ISIS DH
Pedals
Kona Jackshit
Chain
Shimano CN-HG53 (9sp)
Freewheel
Shimano Deore 11-32 9 speed
F/D
Shimano Deore
R/D
Shimano Deore LX
Shifters
Shimano Deore
Handlebar
TruVativ Hussefelt OS Riser
Stem
TruVativ Hussefelt OS
Grips
Kona Jackshit
Brakes
Hayes Hydraulic HFX-9 Heavy Duty
Brake Levers
Hayes Hydraulic HFX-9 Heavy Duty
Front hub
KK Disc
Rear hub
Shimano FH-M475 disc
Spokes
14G Stainless
Tires
Tioga White Tiger 26 x 2.5
Rims
Sun MTX-S
Saddle
WTB Power V Comp
Seatpost
TruVativ XR Double Bolt
Seat clamp
Kona QR
Colors
Matt Green/Black

25 marzo 2010

Carlo Brambilla, L' infiltrato. La vera storia di un agente sotto copertura.


Quando i giornalisti si cimentano nel racconto lungo delle "storie vere" esiste sempre il rischio di una perdita della narrazione oggettiva e fattuale che è propria del giornalismo, e di non infrequenti digressioni romanzate. L'infiltrato, ahimè, non si è del tutto sottratto a questo rischio con la conseguenza di rendere un po' mielosa una storia che, di per sé, poteva essere anche di un certo interesse.
Andiamo per ordine. Un sottufficiale dei carabinieri, militare esperto e di lungo corso, lavora da anni in covert operations dell'antidroga. Missioni importanti, senza rete, pericolose da lasciarci le penne ogni quarto d'ora. Missioni silenziose di cui l'uomo della strada non sa nulla ma che hanno ostacolato e ridotto la quantità di stupefacenti, soprattutto eroina e cocaina, smerciata in Italiana negli ultimi quindici anni. Falco, il protagonista delle vicende, si confondeva con i malavitosi, recitava alla perfezione la parte del doganiere connivente, dell'intermediario o quello che la situazione richiedeva, con un altissimo rischio di schizofrenia sociale tanto da perdere la propria identità, la famiglia e, sovente, la distinzione tra il bene e il male.
Il nostro uomo è un tipo in gamba, cosicché porta sempre a casa la pelle, ma gli capita (forse) di peggio: viene incastrato, i superiori non lo difendono, un giudice lo accusa di comportamenti illeciti.
Il libro, che pure si legge volentieri, ha due difetti: a parte una breve descrizione del gruppo ROAD, è povero di informazioni e dettagli sulle strutture operative e sulla loro organizzazione in seno all'Arma. Possibile che si tratti di informazioni riservate, ma non sarebbe stato male avere una visione di massima sui vari reparti e le loro modalità operative. Il secondo difetto, come accennato nelle prime righe, è l'insistenza sugli aspetti privati  del protagonista: l'autore dedica molte pagine a raccontare il suo disagio interiore.
In definitiva un libro discreto, con alcune (poche) rivelazioni sulle operazioni segrete dell'antidroga e sui metodi degli agenti sotto copertura, ma decisamente sbilanciato sulla vita personale del sottufficiale.


BRAMBILLA CARLO
L'INFILTRATO - LA VERA STORIA DI UN AGENTE SOTTO COPERTURA
Editore: MELAMPO
Pubblicazione: 11/2008
Numero di pagine: 232
Prezzo: € 15,00
ISBN-13: 9788889533307
ISBN: 8889533307

23 marzo 2010

Questo blog è migrato su Blogspot per cause di forza maggiore.

Non scendo nei dettagli tecnici, chi sa sa. Blogger ha annunciato di sospendere la pubblicazione mediante FTP dei blog ospitati su domini di secondo livello come il mio www.piersantelli.it.
Sfortuna vuole che il mio blog ricada proprio in questa categoria. Improperi a parte, la situazione non è semplice. Vero è che Blogger offre un'alternativa per una migrazione seamless verso un dominio xxx.blogspot.com. Purtroppo una tal Roberta ha registrato piersantelli.blogspot.com (senza neanche degnarsi di buttare giù una mezza righetta di testo, quindi non ci andate). http://gpiersantelli.blogspot.com è libero, e l'ho attivato. Non è quello che volevo.
La seconda alternativa prospettata da Blogger, che non spiego, consiste in un servizio DNS da chiedere al proprio hosting provider (nel mio caso, Aruba) e che permetterebbe di avere un indirizzo sul proprio dominio, ad esempio blog.piersantelli.it. Ma la procedura non è semplice, e comunque per attivarla dovrei chiedere anche una migrazione ad un altro sistema di hosting.
Poi esisterebbero le procedure fai date al di fuori della galassia Google. Ma anche in questo caso hic sunt leones. Perché, per citarne una, Wordpress (come servizio, non come piattaforma) non supporta la migrazione dei blog in formato XML da Blogger "vecchio stile". E, di male in peggio, tale funzione è supportata da Worpress in formato piattaforma da installare e configurare: ma, ahimè, tale procedura richiede una migrazione ad un altro sistema di hosting (i.e. da Windows Server a Linux).
Ricapitolando, se voglio continuare ad aggiornare il mio blog senza troppi sbattimenti, devo farlo creando un nuovo blog from scratch (usando i servizi di Blogger o di Wordpress): in questo modo perderei sia la continuità con lo storico del pubblicato (signori, dal 2004: non sono bruscolini) sia l'accesso dal dominio www.piersantelli.it (prima che qualche aspirante webmaster fiati, sì, lo so: uno scriptino di due righe di codice effettua il re-indirizzamento da una URL ad 'altra, ma non è quello che voglio).
Quindi, in conclusione: maledetta sia Google per aver sospeso il supporto FTP senza un'alternativa efficace e davvero wizardata (la procedura di migrazione si è bloccata diverse volte). Che di Blogger non gliene importasse nulla è sempre stato chiaro: è la piattaforma di blog con le caratteristiche peggiori  che possiate trovare, e pochissimo (o quasi nulla) è stato fatto per migliorarla; mentre Wordpress decollava e Joomla prendeva il largo, Blogger affondava in una pozza di pece.
Che si fa allora? Adesso vedrò di valutare le alternative possibili. Di certo per un po' questo blog resterà muto o, per lo meno, balbuziente. Per il momento utilizzerò questo nuovo indirizzo, ma già vedo che ci sono un sacco di magagne. Son on line, ma non come vorrei io.
Se siete ed eravate lettori affezionati, potete esprimere il vostro rammarico non cliccando più sugli sponsored link e sulle inserzioni pubblicitarie generati da Google. E' ben poca cosa, lo so.
A tutti grazie dal profondo del cuore per il supporto in questi 6 anni e (speriamo) arrivederci a presto.
Voster semper voster,
                                      Pippo Piersantelli

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22 febbraio 2010

James Frey, In un milione di piccoli pezzi.


Non vi ho nascosto la gradita sorpresa di Buongiorno Los Angeles, con la sua narrazione seducente, lo stile immediato e l'innovativa struttura dialogica. Mi sono buttato con lo stesso entusiasmo nella lettura dell'opera prima e autobiografia di James Frey, In un milione di piccoli pezzi, anche attirato (maledetto sia il marketing dell'editoria) dall'incipit del volume:
Immaginate di svegliarvi in aereo. Immaginate di non sapere da dove siete partiti né dove state andando e di non avere memoria delle ultime due settimane. Immaginate di avere quattro incisivi rotti, un taglio profondo sul viso e il corpo pieno di lividi. Immaginate di non avere né documenti né soldi né bagagli. Immaginate che la polizia di tre Stati vi stia cercando. Immaginate di essere alcolisti e tossicodipendenti da oltre 10 anni. Immaginate di avere 23 anni...
Per la cronaca, il libro si trovava nel reparto tossicodipendenze della Feltrinelli, insieme a saggi sulla disintossicazione e forse qualche copia di Christiane F.
Lasciamo da parte il fiume di polemiche sui molti elementi inventati di sana pianta dall'autore e scoperti da The Smoking Gun. Certo, dispiace che le frottole gli abbiano fatto vendere qualche copia in più, ma -- pergiove -- in questi libri il confine tra realtà e finzione è sempre stato molto labile.
Quello che ragionevolmente mi aspettavo da In un milione di piccoli pezzi era la biografia tossica di James Frey e, successivamente (o eventualmente) il suo recupero. Ma non è così.
La storia inizia con il ricovero del protagonista in una struttura di riabilitazione per le dipendenze, e lì si chiude, tra monotone e ripetitive descrizioni del programma di ricupero, delle pietanze servite alla mensa, perfino degli elementi d'arredo del centro. Il tutto è condito da un indigeribile mix di buoni sentimenti, amicizie strappalacrime nate nei corridoi, biografie più o meno stereotipate, famiglie che fanno un sacco di buoni propositi.
Non svelo il finale ma, potete immaginarvelo, è un happy end talmente mieloso e di successo che non mi sarei stupito se James avesse lasciato il centro di recupero con il mantello di Superman oppure in corsa per le elezioni alla Casa Bianca.
Il registro linguistico e la cifra stilistica innovativi che hanno aggraziato le pagine di Buongiorno Los Angeles, qui sono inutili fardelli che fanno riempire le pagine di iniziali maiuscole, frasi ripetute ossessivamente e metafore quasi mai azzeccate. Spesso mi sorprendevo a saltare interi capoversi come si fa con qualche brochure troppo dettagliata. Sui personaggi, stereotipati fino al ridicolo (il gangster buono, il pugile suonato, il giudice saggio, la ragazzina abbandonata) stendiamo un velo pietoso.
Un libro tutto sommato inutile, decisamente sopravalutato, la cui vicenda dei "particolari inventati" è davvero un nonnulla rispetto all'inconsistenza degli argomenti veri o presunti tali.


JAMES FREY
In un milione di piccoli pezzi
Trad. di B. Amato
pp. 460
TEA, Prima edizione 2003
ISBN 978-88-502-0479-3

11 febbraio 2010

Everybody's buzzing.

Com'è Google Buzz?
Peggio di Twitter e Facebook messi insieme, perché pure leggendo le email dobbiamo leggere i fatti degli altri. Se poi funziona come Wave siamo a cavallo.

Per i commenti a freddi ne riparliamo tra qualche giorno.

28 gennaio 2010

Benvenuti nella nuova rivoluzione industriale.

Non ve lo dico io, ma Chris Anderson, editor in chief di Wired, che ha da poco sfornato un nuovo, visionario articolo: gli atomi saranno i nuovi bit. C'è da scommettere che diventerà meritatamente un nuovo best seller.
Ma lo ha detto anche il Future Centre (comincia a mancarmi, si vede?), più di un anno fa, nei progetti ecosistemi. Qui si possono scaricare quattro lunghi articoli su Atomi e bit e La tua fabbrica in casa.

23 gennaio 2010

Nuovi Ashima AiRoTor Aro 08: non è solo questione di colore.

Qualche tempo fa, cercando nei negozi on line di componenti per bici, ho notato che i rotori Ashima AiRotor Aro 08, di cui ho scritto su questo blog, erano disponibili in una nuova versione, con la parte centrale colorata in rosso, oro, blu  o nero. La news è stata pubblicata recentemente sul sito del produttore taiwanese.


Il nuovo prodotto


A prima vista, si direbbe che si tratta solo di una modifica estetica, come spesso accade negli accessori aftermarket per mountain bike. Invece, se osserviamo il modello 2008-2009 con il modello 2010, notiamo che il rotore è stato completamente riprogettato, con le razze orientate in modo "tradizionale" (come nella maggior parte dei rotori) e non più in senso inverso, come si può vedere dal confronto delle due immagini (il modello 2009 montato sulla mia Giant Terrago e il modello 2010).


Il modello 2008-2009 nelle dimensioni 140, 160 e 180 mm (foto da mtbr.com)


Modello 2008-2009 da 180 mm.

 
Modello 2010, 180 mm, color version



Modello 2010, 160 mm, color version

Tale accorgimento consentirebbe una maggiore resistenza dei rotori alle deformazioni e in generale garantirebbero migliori prestazioni sotto sforzo rispetto alla versione reverse. Non so se è un caso, ma dalla nuova confezione è scomparso l'avviso che sconsigliava l'uso di questi prodotti in discipline gravity come il downhill e ne suggeriva l'uso per il cross country (vado a memoria). Nessun cambiamento nemmeno nei pesi dichiarati: gli Aro 08 continuano ad avere un peso piuma da record: 85 grammi per il 160 mm e 112 grammi per il 180 mm.
Ho utilizzato abbastanza intensamente la versione reverse, certo non per usi estremamente gravosi come il downhill, ma fino ad oggi non ho mai riscontrato alcun problema in termini di deformazione, consumo anomalo dei rotori o delle pastiglie, fading per eccessivo riscaldamento. Posso quindi immaginare che le modifiche introdotte renderanno questi rotori ancora più robusti ed affidabili, a vantaggio di una frenata pronta e modulabile.
La pista frenante, la dimensione e le forme dei fori non sembrano aver subito modifiche, con la consueta superficie forata che favorisce la dissipazione termica. Dopo quattro mesi di utilizzo vorrei anche sfatare il mito, molto comune nei forum, del consumo eccessivo di pastiglie dovuto, presumibilmente, ai grandi e numerosi fori: se le pinze sono montate correttamente e regolate simmetricamente rispetto al disco, il consumo delle pastiglie (metalliche) è fisiologico e uniforme.
Last but not least, la versione colorata è, da un punto di vista estetico, davvero azzeccata ed aggressiva.

Montaggio
Il prodotto è confezionato in un blister con fondo in cartoncino. Le viti autobloccanti sono incluse. Il retro della confezione presenta dettagliate istruzioni di montaggio, incluse indicazioni su coppie di serraggio consigliate e attrezzi necessari.
Una volta sganciate le ruote dala bici e svitati i rotori dai mozzi, si procede come di consueto al montaggio dei nuovi rotori.



Il retro della confezione


I modelli 2009 e 2010 a confronto

 
I due rotori da 160 mm e 180 mm.


La confezione di pastiglie metalliche Ashima.

Il montaggio delle pastiglie non comporta alcun problema. L'unica pecca è che nella confezione non sono incluse le forcellette d'acciaio. Purtroppo per il mio impianto Shimano non sono disponibili le nuove pastiglie a mescola mista Ashima SOS. Si prosegue quindi al rimontaggio delle ruote e al fine tuning delle pinze. Nessun problema al posteriore, mentre è stata necessaria qualche regolazione all'anteriore in quanto si verificavano strusciamenti del disco sulla pastiglia.



Rotore montato all'anteriore


Rotore montato all'anteriore (dettaglio)


Rotore montato al posteriore


Rotore montato al posteriore (dettaglio)


Il risultato finale sulla mia Giant Terrago 3.

Prova su (fuori)strada
Le condizioni metereologiche questa mattina non erano molto favorevoli: cielo coperto, freddo intenso, umidità prossima al 100%. Però non ho resistito alla tentazione di provare il nuovo equipaggiamento Ashima e ho quindi optato per la classicissima Castiglione-Bardassano-Gassino, percorso brake test che ho descritto qui. Data la brevità del percorso, non ho potuto effettuare una prova approfondita dei prodotti montati. Diciamo che è stato un test preliminare cui seguiranno altri più impegnativi.
Sulla discesa sterrata di Bardassano, il fango della settimana scorsa ha lasciato il posto ad un terreno duro e ghiacciato dove non mancano tratti innevati di fresco. Le chiome degli alberi sono ricoperti da uno strato di brina. L'aria è frizzante, umida. La luce filtrata dalle nuvole contribuisce a creare un'atmosfera suggestiva.


La discesa si fa presto ripida ed è il momento di provare i freni. Si abbassa la sella, si sgonfiano un po le gomme, e si inizia a pedalare per prendere velocità prima del tornante. La mia prima, rassicurante sensazione è che non ci sono cambiamenti sostanziali rispetto ai precedenti rotori, se non qualche rumorino dovuto che andrà via terminato il rodaggio. La frenata è esattamente come mi aspettavo: potente, controllabile e modulabile. Le pastiglie mordono bene la superficie del disco, permettono staccate in tutta sicurezza evitando i pericolosi bloccaggi dell'anteriore.
Il posteriore è quello che da subito dà il feedback migliore: più silenzioso rispetto alla vecchia combinazione, forse un pelo più potente. Dall'anteriore, specie dopo aver spremuto la leva con forza, arriva qualche vibrazione, che -- ne sono certo -- se ne andrà via appena il tutto si sarà assestato e dopo un secondo fine tuning della pinza. Il sistema rotori più pastiglie inizia a darmi soddisfazioni.
La potenza frenante è tanta e la si dosa bene. Il fondo è quanto meno indicato per le mie coperture Kenda, e qui frenare non è solo una questione di diminuire la velocità, ma anche di mantenere la traiettria e il controllo del mezzo. Una caduta a 40 all'ora su un fondo semicongelato non sarebbe un evento impossibile.
Concludo lo sterrato con confidenza, e passo alla seconda fase: la resistenza alla frenata prolungata. Inizia infatti un lungo tratto asfaltato con una pendenza significativa che consente di arrivare a 50 all'ora in breve. Lo percorro tenendo sempre premute le leve, mantenendo costante la frenata ma senza scendere mai sotto i 30 all'ora: con questi parametri, lo sforzo a cui sto sottoponendo soprattutto l'anteriore potrebbe causare il fenomeno del fading, ovvero la diminuzione della potenza frenante per l'aumentare della temperatura della superficie frenante. Ma andiamo sul sicuro: la dissipazione è, come di consueto, ottima, e non si percepisce una minima variazione della potenza. Arrivati nel centro di Gassino a velocità sostenuta (complice un cane che mi inseguiva tentando di azzannarmi una caviglia) lascio finalmente le leve dei freni e dò una rapida occhiata. Il test, per quanto breve, si può dire concluso con esito decisamente positivo. Non vedo l'ora che il tempo migliori per addentrarmi nei sentieri della collina dove la capacità frenante fa davvero la differenza e dove le sollecitazioni sicuramente maggiori possono fare emergere in maniera significativa la modifica da reverse a tradizionale.

Conclusioni e note finali.
Come immaginavo, la nuova versione dei rotori Ashima soddisfa in pieno le aspettative: più potenza e dissipazione, meno peso. Le pastiglie hanno prestazioni corrette e rumore contenuto. Sono convinto che con impianti più performanti del mio Shimano BR-M485 possano dare prestazioni superiori.
Consiglio questi rotori sicuramente per usi cross-country e marathon, ma credo che siano ormai maturi per essere messi alla prova in discipline gravity. Il fattore estetico non è trascurabile.

Problemi riscontrati.
Nessun problema tecnico riscontrato. La verniciatura sembra delicata: alla fine della mia uscita ho riscontrato qualche graffio dovuto probabilmente alla ghiaia saltata.

Informazioni aggiuntive
Brian, autore del blog Gram Light Bikes, ha già potuto montare sulla sua bici sia questi dischi che il nuovo impianto frenante Ashima PCB, come ci racconta in questo post.
I prodotti Ashima sono distribuiti in Italia da Mandelli.

17 gennaio 2010

Strada Gassino Bardassano [brake test].

Il loop che descrivo è divertente e costituisce un valido allenamento che può essere effettuato in meno di un'ora e mezza. 
L'applicazione Nokia Sports Tracker mi ha tradito pochi metri dopo la partenza, così non sono in grado d uploadare il percorso e la traccia GPS di questo giro. Tuttavia è abbastanza semplice: basta raggiungere Castiglione Torinese (io sono partito da Settimo Torinese, percorrendo il sentiero che corre lungo il canale Cavour), imboccare Via Mario Caudana e salire fino alla Rezza di Bardassano; da qui girare a sinistra e imboccare una strada sterrata abbastanza ampia che si chiama strada Gassino Bardassano. Come dice il nome, dopo qualche kilometo si arriva nel centro di Gassino Torinese. Da qui si ritorna al punto A.
Il primo tratto, fino alla Rezza, si percorre principalmente su asfalto, tra i tornanti che si arrampicano sulla collina in direzione di Chieri. La salita non è mai particolarmente dura. Bisogna solo fare un po' di attenzione agli automobilisti che percorrono questo tratto a velocità sostenute, soprattutto in curva.
Arrivati alla Rezza si imbocca la Strada Gassino Bardassano. Se asciutto, il fondo è duro, con un alternarsi di terra compatta e tratti ghiaia di piccolo calibro. In giornate come questa, dopo molta pioggia e neve, il fondo si presenta coperto da uno strato di fango di altezza variabile, sempre percorribile, con pochi tratti più profondi, di solito in zone all'ombra e in prossimità di neve non ancora sciolta. Fango e neve, il giro di oggi lo conferma, non sono i terreni preferiti dalle mie Small Block 8.
Dopo poche centinaia di metri, inizia la parte in discesa, sempre ampia e non tecnica, con alcuni tratti più ripidi e un paio di curve decisamente coperte di fango. Le foto qui sotto sono state scattate all'inizio della discesa, dove mi sono fermato per diminuire la pressione (molto alta) delle gomme. Come si vede il terreno è coperto di fango. Qui è facile arrivare a velocità di 50 kmh ed un paio di freni potenti e modulabili fanno la differenza tra una discesa affrontata in sicurezza e una prosaica caduta nel fango. Ancora una volta, la mia coppia di Ashima AiRotor sono stati perfettamente all'altezza della situazione, permettendomi di dosare continuamente la forza sulle leve, di calibrare specialmente la frenata anteriore, di controllare senza esitazione la traiettoria della bici, nonostante la vocazione tipicamente hardpack delle coperture.






Visualizza Indicazioni stradali per Strada Gassino Bardassano in una mappa di dimensioni maggiori

E' un itinerario facile e sempre percorribile che consiglio, ideale per quando ci si vuole sgranchire un po' le gambe e divertire in discesa.

15 gennaio 2010

Quando il Business impara dalla Natura.

Come è evoluta la società negli ultimi 30-40 anni? Quale ruolo hanno avuto la tecnologia, le telecomunicazioni e la diffusione di Internet? Come stanno cambiando i modelli produttivi, distributivi e di consumo dei beni e dei servizi? Quali possono essere gli scenari futuri delle scienze, della tecnologia e della vita digitale?
Telecom Italia Future Centre di Venezia, tramite una serie di progetti dedicati allo studio degli ecosistemi di business, ha indagato questi temi, li ha discussi sul blog Business Ecosystems e li ha proposti al pubblico in un ciclo di incontri aperti.
I progetti hanno affrontato diverse tematiche (dalla produzione industriale all'ombra digitale, dalle immagini digitali all'Internet delle cose) con un approccio ecosistemico che affonda le proprie radici nella scienza moderna e nell'osservazione dei fenomeni naturali (a microcambiamenti locali conseguono influenze globali) ed economici: un'innovazione locale corrisponde ad un processo di selezione da parte del mercato che può portare a cambiamenti globali.
Dai materiali preparati per gli incontri è nato il volume Quando il Business impara dalla Natura (a cura di G. Fettarappa, G. Piersantelli e Roberto Saracco, direttore del Future Centre ed ideatore del progetto): il libro, articolato in quattro sezioni (Gli ecosistemi, Dalla luce ai bit, Atomi e bit, Vita e vite in bit), vuole essere un contributo piacevole e leggero su come il mondo sta cambiando.
Sul canale Innovazione di Telecom Italia è possibile partecipare ad un concorso per ricevere una copia omaggio del volume.


clicca per ingrandire