22 febbraio 2010

James Frey, In un milione di piccoli pezzi.


Non vi ho nascosto la gradita sorpresa di Buongiorno Los Angeles, con la sua narrazione seducente, lo stile immediato e l'innovativa struttura dialogica. Mi sono buttato con lo stesso entusiasmo nella lettura dell'opera prima e autobiografia di James Frey, In un milione di piccoli pezzi, anche attirato (maledetto sia il marketing dell'editoria) dall'incipit del volume:
Immaginate di svegliarvi in aereo. Immaginate di non sapere da dove siete partiti né dove state andando e di non avere memoria delle ultime due settimane. Immaginate di avere quattro incisivi rotti, un taglio profondo sul viso e il corpo pieno di lividi. Immaginate di non avere né documenti né soldi né bagagli. Immaginate che la polizia di tre Stati vi stia cercando. Immaginate di essere alcolisti e tossicodipendenti da oltre 10 anni. Immaginate di avere 23 anni...
Per la cronaca, il libro si trovava nel reparto tossicodipendenze della Feltrinelli, insieme a saggi sulla disintossicazione e forse qualche copia di Christiane F.
Lasciamo da parte il fiume di polemiche sui molti elementi inventati di sana pianta dall'autore e scoperti da The Smoking Gun. Certo, dispiace che le frottole gli abbiano fatto vendere qualche copia in più, ma -- pergiove -- in questi libri il confine tra realtà e finzione è sempre stato molto labile.
Quello che ragionevolmente mi aspettavo da In un milione di piccoli pezzi era la biografia tossica di James Frey e, successivamente (o eventualmente) il suo recupero. Ma non è così.
La storia inizia con il ricovero del protagonista in una struttura di riabilitazione per le dipendenze, e lì si chiude, tra monotone e ripetitive descrizioni del programma di ricupero, delle pietanze servite alla mensa, perfino degli elementi d'arredo del centro. Il tutto è condito da un indigeribile mix di buoni sentimenti, amicizie strappalacrime nate nei corridoi, biografie più o meno stereotipate, famiglie che fanno un sacco di buoni propositi.
Non svelo il finale ma, potete immaginarvelo, è un happy end talmente mieloso e di successo che non mi sarei stupito se James avesse lasciato il centro di recupero con il mantello di Superman oppure in corsa per le elezioni alla Casa Bianca.
Il registro linguistico e la cifra stilistica innovativi che hanno aggraziato le pagine di Buongiorno Los Angeles, qui sono inutili fardelli che fanno riempire le pagine di iniziali maiuscole, frasi ripetute ossessivamente e metafore quasi mai azzeccate. Spesso mi sorprendevo a saltare interi capoversi come si fa con qualche brochure troppo dettagliata. Sui personaggi, stereotipati fino al ridicolo (il gangster buono, il pugile suonato, il giudice saggio, la ragazzina abbandonata) stendiamo un velo pietoso.
Un libro tutto sommato inutile, decisamente sopravalutato, la cui vicenda dei "particolari inventati" è davvero un nonnulla rispetto all'inconsistenza degli argomenti veri o presunti tali.


JAMES FREY
In un milione di piccoli pezzi
Trad. di B. Amato
pp. 460
TEA, Prima edizione 2003
ISBN 978-88-502-0479-3

11 febbraio 2010

Everybody's buzzing.

Com'è Google Buzz?
Peggio di Twitter e Facebook messi insieme, perché pure leggendo le email dobbiamo leggere i fatti degli altri. Se poi funziona come Wave siamo a cavallo.

Per i commenti a freddi ne riparliamo tra qualche giorno.

28 gennaio 2010

Benvenuti nella nuova rivoluzione industriale.

Non ve lo dico io, ma Chris Anderson, editor in chief di Wired, che ha da poco sfornato un nuovo, visionario articolo: gli atomi saranno i nuovi bit. C'è da scommettere che diventerà meritatamente un nuovo best seller.
Ma lo ha detto anche il Future Centre (comincia a mancarmi, si vede?), più di un anno fa, nei progetti ecosistemi. Qui si possono scaricare quattro lunghi articoli su Atomi e bit e La tua fabbrica in casa.

23 gennaio 2010

Nuovi Ashima AiRoTor Aro 08: non è solo questione di colore.

Qualche tempo fa, cercando nei negozi on line di componenti per bici, ho notato che i rotori Ashima AiRotor Aro 08, di cui ho scritto su questo blog, erano disponibili in una nuova versione, con la parte centrale colorata in rosso, oro, blu  o nero. La news è stata pubblicata recentemente sul sito del produttore taiwanese.


Il nuovo prodotto


A prima vista, si direbbe che si tratta solo di una modifica estetica, come spesso accade negli accessori aftermarket per mountain bike. Invece, se osserviamo il modello 2008-2009 con il modello 2010, notiamo che il rotore è stato completamente riprogettato, con le razze orientate in modo "tradizionale" (come nella maggior parte dei rotori) e non più in senso inverso, come si può vedere dal confronto delle due immagini (il modello 2009 montato sulla mia Giant Terrago e il modello 2010).


Il modello 2008-2009 nelle dimensioni 140, 160 e 180 mm (foto da mtbr.com)


Modello 2008-2009 da 180 mm.

 
Modello 2010, 180 mm, color version



Modello 2010, 160 mm, color version

Tale accorgimento consentirebbe una maggiore resistenza dei rotori alle deformazioni e in generale garantirebbero migliori prestazioni sotto sforzo rispetto alla versione reverse. Non so se è un caso, ma dalla nuova confezione è scomparso l'avviso che sconsigliava l'uso di questi prodotti in discipline gravity come il downhill e ne suggeriva l'uso per il cross country (vado a memoria). Nessun cambiamento nemmeno nei pesi dichiarati: gli Aro 08 continuano ad avere un peso piuma da record: 85 grammi per il 160 mm e 112 grammi per il 180 mm.
Ho utilizzato abbastanza intensamente la versione reverse, certo non per usi estremamente gravosi come il downhill, ma fino ad oggi non ho mai riscontrato alcun problema in termini di deformazione, consumo anomalo dei rotori o delle pastiglie, fading per eccessivo riscaldamento. Posso quindi immaginare che le modifiche introdotte renderanno questi rotori ancora più robusti ed affidabili, a vantaggio di una frenata pronta e modulabile.
La pista frenante, la dimensione e le forme dei fori non sembrano aver subito modifiche, con la consueta superficie forata che favorisce la dissipazione termica. Dopo quattro mesi di utilizzo vorrei anche sfatare il mito, molto comune nei forum, del consumo eccessivo di pastiglie dovuto, presumibilmente, ai grandi e numerosi fori: se le pinze sono montate correttamente e regolate simmetricamente rispetto al disco, il consumo delle pastiglie (metalliche) è fisiologico e uniforme.
Last but not least, la versione colorata è, da un punto di vista estetico, davvero azzeccata ed aggressiva.

Montaggio
Il prodotto è confezionato in un blister con fondo in cartoncino. Le viti autobloccanti sono incluse. Il retro della confezione presenta dettagliate istruzioni di montaggio, incluse indicazioni su coppie di serraggio consigliate e attrezzi necessari.
Una volta sganciate le ruote dala bici e svitati i rotori dai mozzi, si procede come di consueto al montaggio dei nuovi rotori.



Il retro della confezione


I modelli 2009 e 2010 a confronto

 
I due rotori da 160 mm e 180 mm.


La confezione di pastiglie metalliche Ashima.

Il montaggio delle pastiglie non comporta alcun problema. L'unica pecca è che nella confezione non sono incluse le forcellette d'acciaio. Purtroppo per il mio impianto Shimano non sono disponibili le nuove pastiglie a mescola mista Ashima SOS. Si prosegue quindi al rimontaggio delle ruote e al fine tuning delle pinze. Nessun problema al posteriore, mentre è stata necessaria qualche regolazione all'anteriore in quanto si verificavano strusciamenti del disco sulla pastiglia.



Rotore montato all'anteriore


Rotore montato all'anteriore (dettaglio)


Rotore montato al posteriore


Rotore montato al posteriore (dettaglio)


Il risultato finale sulla mia Giant Terrago 3.

Prova su (fuori)strada
Le condizioni metereologiche questa mattina non erano molto favorevoli: cielo coperto, freddo intenso, umidità prossima al 100%. Però non ho resistito alla tentazione di provare il nuovo equipaggiamento Ashima e ho quindi optato per la classicissima Castiglione-Bardassano-Gassino, percorso brake test che ho descritto qui. Data la brevità del percorso, non ho potuto effettuare una prova approfondita dei prodotti montati. Diciamo che è stato un test preliminare cui seguiranno altri più impegnativi.
Sulla discesa sterrata di Bardassano, il fango della settimana scorsa ha lasciato il posto ad un terreno duro e ghiacciato dove non mancano tratti innevati di fresco. Le chiome degli alberi sono ricoperti da uno strato di brina. L'aria è frizzante, umida. La luce filtrata dalle nuvole contribuisce a creare un'atmosfera suggestiva.


La discesa si fa presto ripida ed è il momento di provare i freni. Si abbassa la sella, si sgonfiano un po le gomme, e si inizia a pedalare per prendere velocità prima del tornante. La mia prima, rassicurante sensazione è che non ci sono cambiamenti sostanziali rispetto ai precedenti rotori, se non qualche rumorino dovuto che andrà via terminato il rodaggio. La frenata è esattamente come mi aspettavo: potente, controllabile e modulabile. Le pastiglie mordono bene la superficie del disco, permettono staccate in tutta sicurezza evitando i pericolosi bloccaggi dell'anteriore.
Il posteriore è quello che da subito dà il feedback migliore: più silenzioso rispetto alla vecchia combinazione, forse un pelo più potente. Dall'anteriore, specie dopo aver spremuto la leva con forza, arriva qualche vibrazione, che -- ne sono certo -- se ne andrà via appena il tutto si sarà assestato e dopo un secondo fine tuning della pinza. Il sistema rotori più pastiglie inizia a darmi soddisfazioni.
La potenza frenante è tanta e la si dosa bene. Il fondo è quanto meno indicato per le mie coperture Kenda, e qui frenare non è solo una questione di diminuire la velocità, ma anche di mantenere la traiettria e il controllo del mezzo. Una caduta a 40 all'ora su un fondo semicongelato non sarebbe un evento impossibile.
Concludo lo sterrato con confidenza, e passo alla seconda fase: la resistenza alla frenata prolungata. Inizia infatti un lungo tratto asfaltato con una pendenza significativa che consente di arrivare a 50 all'ora in breve. Lo percorro tenendo sempre premute le leve, mantenendo costante la frenata ma senza scendere mai sotto i 30 all'ora: con questi parametri, lo sforzo a cui sto sottoponendo soprattutto l'anteriore potrebbe causare il fenomeno del fading, ovvero la diminuzione della potenza frenante per l'aumentare della temperatura della superficie frenante. Ma andiamo sul sicuro: la dissipazione è, come di consueto, ottima, e non si percepisce una minima variazione della potenza. Arrivati nel centro di Gassino a velocità sostenuta (complice un cane che mi inseguiva tentando di azzannarmi una caviglia) lascio finalmente le leve dei freni e dò una rapida occhiata. Il test, per quanto breve, si può dire concluso con esito decisamente positivo. Non vedo l'ora che il tempo migliori per addentrarmi nei sentieri della collina dove la capacità frenante fa davvero la differenza e dove le sollecitazioni sicuramente maggiori possono fare emergere in maniera significativa la modifica da reverse a tradizionale.

Conclusioni e note finali.
Come immaginavo, la nuova versione dei rotori Ashima soddisfa in pieno le aspettative: più potenza e dissipazione, meno peso. Le pastiglie hanno prestazioni corrette e rumore contenuto. Sono convinto che con impianti più performanti del mio Shimano BR-M485 possano dare prestazioni superiori.
Consiglio questi rotori sicuramente per usi cross-country e marathon, ma credo che siano ormai maturi per essere messi alla prova in discipline gravity. Il fattore estetico non è trascurabile.

Problemi riscontrati.
Nessun problema tecnico riscontrato. La verniciatura sembra delicata: alla fine della mia uscita ho riscontrato qualche graffio dovuto probabilmente alla ghiaia saltata.

Informazioni aggiuntive
Brian, autore del blog Gram Light Bikes, ha già potuto montare sulla sua bici sia questi dischi che il nuovo impianto frenante Ashima PCB, come ci racconta in questo post.
I prodotti Ashima sono distribuiti in Italia da Mandelli.

17 gennaio 2010

Strada Gassino Bardassano [brake test].

Il loop che descrivo è divertente e costituisce un valido allenamento che può essere effettuato in meno di un'ora e mezza. 
L'applicazione Nokia Sports Tracker mi ha tradito pochi metri dopo la partenza, così non sono in grado d uploadare il percorso e la traccia GPS di questo giro. Tuttavia è abbastanza semplice: basta raggiungere Castiglione Torinese (io sono partito da Settimo Torinese, percorrendo il sentiero che corre lungo il canale Cavour), imboccare Via Mario Caudana e salire fino alla Rezza di Bardassano; da qui girare a sinistra e imboccare una strada sterrata abbastanza ampia che si chiama strada Gassino Bardassano. Come dice il nome, dopo qualche kilometo si arriva nel centro di Gassino Torinese. Da qui si ritorna al punto A.
Il primo tratto, fino alla Rezza, si percorre principalmente su asfalto, tra i tornanti che si arrampicano sulla collina in direzione di Chieri. La salita non è mai particolarmente dura. Bisogna solo fare un po' di attenzione agli automobilisti che percorrono questo tratto a velocità sostenute, soprattutto in curva.
Arrivati alla Rezza si imbocca la Strada Gassino Bardassano. Se asciutto, il fondo è duro, con un alternarsi di terra compatta e tratti ghiaia di piccolo calibro. In giornate come questa, dopo molta pioggia e neve, il fondo si presenta coperto da uno strato di fango di altezza variabile, sempre percorribile, con pochi tratti più profondi, di solito in zone all'ombra e in prossimità di neve non ancora sciolta. Fango e neve, il giro di oggi lo conferma, non sono i terreni preferiti dalle mie Small Block 8.
Dopo poche centinaia di metri, inizia la parte in discesa, sempre ampia e non tecnica, con alcuni tratti più ripidi e un paio di curve decisamente coperte di fango. Le foto qui sotto sono state scattate all'inizio della discesa, dove mi sono fermato per diminuire la pressione (molto alta) delle gomme. Come si vede il terreno è coperto di fango. Qui è facile arrivare a velocità di 50 kmh ed un paio di freni potenti e modulabili fanno la differenza tra una discesa affrontata in sicurezza e una prosaica caduta nel fango. Ancora una volta, la mia coppia di Ashima AiRotor sono stati perfettamente all'altezza della situazione, permettendomi di dosare continuamente la forza sulle leve, di calibrare specialmente la frenata anteriore, di controllare senza esitazione la traiettoria della bici, nonostante la vocazione tipicamente hardpack delle coperture.






Visualizza Indicazioni stradali per Strada Gassino Bardassano in una mappa di dimensioni maggiori

E' un itinerario facile e sempre percorribile che consiglio, ideale per quando ci si vuole sgranchire un po' le gambe e divertire in discesa.

15 gennaio 2010

Quando il Business impara dalla Natura.

Come è evoluta la società negli ultimi 30-40 anni? Quale ruolo hanno avuto la tecnologia, le telecomunicazioni e la diffusione di Internet? Come stanno cambiando i modelli produttivi, distributivi e di consumo dei beni e dei servizi? Quali possono essere gli scenari futuri delle scienze, della tecnologia e della vita digitale?
Telecom Italia Future Centre di Venezia, tramite una serie di progetti dedicati allo studio degli ecosistemi di business, ha indagato questi temi, li ha discussi sul blog Business Ecosystems e li ha proposti al pubblico in un ciclo di incontri aperti.
I progetti hanno affrontato diverse tematiche (dalla produzione industriale all'ombra digitale, dalle immagini digitali all'Internet delle cose) con un approccio ecosistemico che affonda le proprie radici nella scienza moderna e nell'osservazione dei fenomeni naturali (a microcambiamenti locali conseguono influenze globali) ed economici: un'innovazione locale corrisponde ad un processo di selezione da parte del mercato che può portare a cambiamenti globali.
Dai materiali preparati per gli incontri è nato il volume Quando il Business impara dalla Natura (a cura di G. Fettarappa, G. Piersantelli e Roberto Saracco, direttore del Future Centre ed ideatore del progetto): il libro, articolato in quattro sezioni (Gli ecosistemi, Dalla luce ai bit, Atomi e bit, Vita e vite in bit), vuole essere un contributo piacevole e leggero su come il mondo sta cambiando.
Sul canale Innovazione di Telecom Italia è possibile partecipare ad un concorso per ricevere una copia omaggio del volume.


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La fantasia dell'e-marketing.

Oggi va di moda la Vendita Flash, qualunque cosa essa sia. Inizia Fnac e segue, a distanza di 45 minuti, Pixmania. Secondo me si sono messi d'accordo ieri.


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11 gennaio 2010

Joe R. Lansdale, Bad Chili.



Di gran lunga il più deludente e banale romanzo della saga di Hap e Leonard, Bad Chili è una storia poco verosimile (e fin qui non ci sarebbe nulla di male), narrata quasi con stanchezza e priva delle esilaranti metafore cui Lansdale ha abituato i propri lettori.
I personaggi di contorno (la fidanzata Brett, il detective privato Bob Joe, il poliziotto onesto Charlie, il gangster King Arthur) sono tagliati con l'accetta e ripropongono gli stereotipi creati per altre storie (soprattutto Rumble Tumble), mentre il plot sembra più una sequenza di eventi pretestuosi e mal concatenati che una storia vera e propria.
Neanche i dialoghi sono particolarmente coinvolgenti, ed è un peccato, perché nella struttura dialogica lo scrittore texano è stato sicuramente un innovatore e un caposcuola, almeno nel suo genere.
Il libro si chiude con un colpo di scena elementare e un happy end non credibile. Un peccato, perché di solito Lansdale riesce a far sorridere e ad intrattenere con le sue storie.

Joe R. Lansdale, Bad Chili
Einaudi - Collana: Stile libero Noir / Stile Libero
Pagine 262 - Formato 12x19,5 - Anno 2006 - ISBN 9788806180355

07 gennaio 2010

Test Kenda Small Block Eight su neve (e fango, tanto per cambiare).



Non soddisfatto della prova del fango di qualche settimana fa, ieri ho deciso di fare un breve test nella neve e mi sono diretto sul lungo Po, tra San mauro e Settimo, nei sentieri tra i campi di granturco e i filari di pioppi.
Lo strato residuo di neve era abbastanza sottile (direi 4-5 centimetri, a parte alcuni punti in cui si era accumulata) e molto dura e compatta. Nei tratti soleggiati era il fango a farla da padrone.
Le Small Block Eight (ora disponibili anche al profumo di pino: ma perché?) non sono gomme M+S (mud and snow), ma dalla prova fatta devo dire che sulla neve compatta mantengono una trazione e un grip quasi inaspettati. Colpito dalle performance ho affrontato un paio di discese e relative salite e ho avuto conferma che i piccoli tasselli delle Kenda (anche a pressioni stradali) sulla neve compatta non perdono aderenza. Anche in frenata ci mettono del loro: a patto di dosare bene la forza sulle leve, le ruote non si bloccano. Davvero una sorpresa!
Sul misto stretto, le curve nei sentieri innevati si affrontano in discreta sicurezza (un po' di sensibilità serve sempre), ma quando dalla neve si passa al fango, è più facile perdere aderenza a causa dello scarso drenaggio.
Ancora una volta, le SB8 non sono coperture invernali (così come non sono da fango) ma in caso di neve i tasselli hanno il grip sufficiente a rimanere in sella.