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19 settembre 2017

Cherry Three Acoustic Band: foto dei live.

Ecco qualche foto degli ultimi due live del nostro trio acustico


Goodbye Summer Fest, Le Serre, Grugliasco (TO), 16/09/2017


Festa dei Parchi Borgaresi, Borgaro torinese (TO), 17/09/2019
(leggi articolo, foto presa dall'articolo)





Pagina Facebook del gruppo

Prossima data:
Il Salotto di Mao, Piazza Vittorio Veneto, Torino, 19/09/2017


25 ottobre 2016

Lilac Wine - Live @ Il salotto di Mao - Il video!

Come preannunciato nel precedente post, ecco il video del concerto del mio gruppo Lilac Wine in Piazza Vittorio a Torino.

24 ottobre 2016

Lilac Wine - Live @ Il salotto di Mao (Torino, 23 ottobre)

Ieri sera con i Lilac Wine abbiamo suonato ospiti de Il Salotto di Mao organizzato da CortoCorto presso il LAB. La location era fantastica, il meglio che si possa chiedere: all'aperto, sotto i portici di Piazza Vittorio nel pieno centro di Torino.

Abbiamo scelto cinque brani che spaziassero dal rock dei Foo Fighters al pop dei Kongs of leon al soul di Amy Winehouse, e cercato di metterci tutta l'energia per scaldare il pubblico: clienti del locale e persone di passaggio che si fermavano ad ascoltare.

Sono molto contento, non posso negarlo. A parte l'opportunità di suonare in un contesto di questo tipo e davanti ad un artista veterano come Mao, le cose sono andate bene, senza particolari intoppi; forse sono riuscito a rilassarmi più del solito e a concentrarmi sul sound e sul groove del gruppo più che sullo strumento. 
Abbiamo raccolto riscontri molto positivi, e questo non può che farmi felice perché è davvero il migliore riconoscimento dell'impegno che stiamo mettendo in questo progetto acustico.

Ho registrato un video in HD del nostro show. Appena possibile lo metterò in linea. Ecco qualche foto della serata.




Un ringraziamento particolare a Mao e Daniela Trebbi, anime di CortoCorto e allo staff del Lab.

31 marzo 2016

Lilac Wine - The Acoustic Trio

E' con grande emozione e piacere che scrivo sul mio blog una bella notizia del nostro gruppo acustico. I No Hidden Fees, dopo un periodo (diciamo) di pausa, si sono profondamente rinnovati  nei contenuti, nella formazione, nel sound e anche nel nome che diventa Lilac Wine (un doveroso omaggio al cantautore Jeff Buckley che ha reso famosa questa canzone, ora parte del nostro repertorio).
Ecco il nuovo logo della band:


E abbiamo già la prima data: domenica 3 aprile saremo al Duke of Wellington di Torino con il nostro setup acustico.


Per ora non abbiamo ancora creato un sito ma gestiremo i contenuti e gli eventi attraverso la nostra nuova Pagina Facebook

Lilac Wine - The Acoustic Trio sono:
  • Virginia Piumatti voce
  • Giuseppe Piersantelli chitarra acustica
  • Ilario Gregori basso acustico

23 gennaio 2015

Dava rides with the crow.

Stefano Davarda è bravissimo rider di Canazei nonché fondatore di Fassa Bike; insieme a lui, anzi sotto la sua guida, ho fatto le mie primissime discese in bici nel 2009.

Con Stefano Davarda alla partenza del percorso Buffaure
Dava ha appena pubblicato un video di freeride estremo girato scendendo giù dal Piz Boè (3152 m di quota). Vi consiglio di guardarlo perché è emozionante. Bravo Dava!

18 agosto 2014

Gym@home.

5 mesi di stop assoluto sull'anaerobico. Voglia di ricominciare. Mi sto organizzando a casa.
I vantaggi rispetto alla palestra:
- i congiuntivi e i condizionali sono tutti al proprio posto.
- posso ascoltare i Black Label Society a palla e non le pubblicita' di RadioDeeJay

Iniziamo con i fondamentali.
Distensioni con manubri su panca piana, 4 x 12


Distensioni con manubri su panca inclinata 30°, 4 x 10

Forse, dico forse, qualcuno si aspettava altri video o altre foto. Keep calm and lift weights.

09 febbraio 2012

La pratica del freeride e della medicina.

Il clima mite che dicembre ci aveva inaspettatamente regalato non sarebbe potuto durare a lungo, e come biker lo sapevamo, incollati alle previsioni meteo sul web e in TV. La neve, per quel sabato di fine gennaio, era prevista a bassa quota dalle 11 dal mattino. Eppure, guardando il cielo ancora sgombro di nubi, volevamo concedere ancora una volta una chance alla buona sorte anziché alla scienza della meteorologia.
"Figuriamoci se nevica già stamattina, e alle 11. I meteorologi sono approssimativi, si sa", penso.
Il programma è di quelli in versione ridotta, quando devi proprio essere seduto a casa per pranzo, doccia già fatta e zaino svuotato, senza appello.
"Saliamo a Superga da Moncanino, vediamo com'è su e scendiamo o dal 29 o dal 600", dico io.
"Il 29 no, che ormai ci manca solo la moquette", dice lui.
Lui è un amico con cui pedalo, e mentre ci arrampichiamo sul sentiero verso la panoramica, con le dita congelate e la schiena sudata, mi chiedo se hanno proprio tutti torto quelli che, in questo momento, stanno bevendo il cappuccino al bar.
Alle 11 siamo in cima. Ci fermiamo un minuto per rivestirci prima della discesa e cadono i primi fiocchi di neve. Sono le 11 e 00 e nevica. La neve ce l'aveva, quest'appuntamento. Mi figuro una schiera di meteorologi che ridono e si danno il cinque.
Il problema di Superga è il fondo. Per me è un mistero. E' viscido anche a luglio. Puoi trovare pozze di fango scivoloso come la cera per pavimenti anche se non piove da settimane.
La discesa si fa sulla 600, lungo il Sentiero degli Alberi. Appena perdiamo qualche metro di dislivello, la neve si trasforma in precipitazione meno solida e va a nozze con il fondo. Dopo aver chiuso, più per un caso fortuito che per tecnica, due tornantini in discesa, il sentiero diventa un single track in pendenza costante e si prende velocità. I freni è meglio non toccarli. Si sa che i Formula hanno un caratteraccio.
Poi arriva lei. E' la cunetta di fango che prende l'anteriore e lo porta a fare un giro dove non dovrebbe. In una frazione di secondo mi rendo conto di due cose: la prima è che non sto cadendo, sto volando; la seconda è che l'atterraggio farà più male del volo.
Così è. Mentre la bici prende una traiettoria che non avevamo concordato, il mio goffo tentativo di vincere la forza gravitazionale si conclude nella gola sotto il sentiero, contro il tronco di un albero; le mie costole contro la tua corteccia, mon cher ami.
Primo pensiero: "La bici, cazzo". Secondo pensiero: "Basta che non sia una vertebra, il resto si aggiusta".
Quando il mio sodale mi aiuta ad uscire da quel mezzo fossato, la bici è adagiata comodamente su un morbido letto di foglie e muschio profumato. A me manca il fiato e fa male un po' tutto. E piove, sempre più forte.


D'altronde, nella pratica del ciclismo si deve tenere in conto che qualcosa, prima o poi, interrompe quella fragile magia che è il nostro equilibrio; le cicatrici e i dolori sono lì a ricordarmelo.
E quando i dolori si fanno più intensi, decido che forse è il caso di dare un'occhiata alle ossa; sulla prescrizione si chiama RX torace.
Il medico radiologo, in forza al megapoliambulatorio convenzionato, che mi referta la lastre ha, a occhio e croce, dieci anni meno di me, una bella barba folta e un meraviglioso taglio di capelli alla moda. Bofonchia qualche termine gergale, che ovviamente non capisco, ma io so che la sua mente è altrove, che pensa all'happy hour e alle notifiche di Facebook. Sul referto c'è scritto "All'attenzione del medico curante", e questa non è una bella notizia.


Il mio dottore è un bravo dottore, ne sono certo. Ma ha molti mutuati, moltissimi, e poco tempo. La sala d'attesa è sempre gremita di pensionati ultrasettantenni in perfetta salute che si sbranano come pitbull in un incontro clandestino per passarsi l'uno davanti all'altro, anche se si va su appuntamento.
Il dottore non l'ho mai sentito parlare, né ascolta quello che gli si dice.
Abbiamo un accordo: si deve portare un foglio di carta con scritto il sintomo, vero o presunto; il dottore prende il foglio di carta, lo legge, e a seconda dell'uso che ne fa, si ottiene diagnosi prognosi e terapia. Se il dottore ne fa un aeroplanino e lo lancia verso l'armadietto dei medicinali può essere bronchite guaribile in giorni 5 con un fluidificante oppure infiammazione del nervo sciatico guaribile in giorni 7 con riposo e un antinfiammatorio. Se trasforma il foglio in una barchetta è quasi sicuramente una lieve forma di allergia alle graminacee, se può vada al mare, beato lei, io non ho ferie fino alla terza di agosto, e così via. Una specie di oracolo del sistema sanitario nazionale.
Questa volta non ho fatto a tempo a preparare il foglio e devo, mio malgrado, parlare. 
Espongo subito le radio e il referto, e pronuncio il numero massimo di parole consentite: Buonasera, esiti di trauma da caduta durante attività sportiva non agonistica. Dono della sintesi.
Lui è costretto ad ascoltare e a parlare. Una tortura. Guarda le lastre contro la lavagna luminosa, non legge il referto e, gesto inedito, si alza per tastarmi il torace.
"Caduto dagli sci?", mi chiede. In effetti, fuori c'è mezzo metro di neve.
"Dalla bici, dottore", rispondo io.
E qui accade l'imprevedibile.
Il dottore fa un passo indietro, sgrana i suoi begli occhi azzurri, che sembrano invasi da una luce nuova, inclina un po' il capo verso di me, e chiede: "Dalla bici? E' caduto sul ghiaccio?"
"Sul fango, dottore. Sono volato contro un albero. Più che altro ero preoccupato di aver fatto qualche guaio... alla roba molle che c'è lì dentro", dico io.
Ho usato l'espressione roba molle che c'è lì dentro. Ma si può essere più ignoranti? E usare i termini organi e tessuti, no?
Il dottore non si scompone. "Stia tranquillo, nulla di grave", dice, ma la sua mente è rapita da altro.
"Dov'era?", mi chiede.
"Superga, sopra Rivodora", rispondo.
"Rivodora... lì... ci sono anche dei rii... Con la bici, eh... E' caduto in acqua?", mi chiede, sinceramente ineteressato. Nei suoi occhi si intravede un sottile velo di malinconia, come un fantasma delle occasioni perdute nella routine della vita.
"No dottore, ma a pochi metri dal rio", rispondo. In quel momento, capisco che non gli è estranea la pratica del freeride, al pari di quella, nobile, della medicina.
Mentre mi rivesto, lo sento parlare tra sé "...in bici, Rivodora... la discesa!". Con un gesto a lui alieno mi accompagna verso l'uscita, facendosi largo tra la folla di ottuagenari che mena fendenti a destra e a manca e usa la dentiera come un improvvisato tirapugni.
"I sentieri di Superga... in bici!", mi dice candidamente, stringendomi la mano. E' il suo nobile commiato. Con quella stretta di mano, in realtà, mi sta già guarendo. 
Scendo le scale dell'ambulatorio ascoltando i miei passi scricchiolare sulla neve. 

02 settembre 2011

Pinkie - Il mio dito mignolo.

Càpita di cadere quando si va in bici. Un po' per la forza di gravità, un po' perché c'è sempre qualcosa da imparare. La stanchezza alla fine di una bellissima gita. Mettici anche una gomma sgonfia, quella davanti.
Cosa è successo non l'ho mica capito. E' successo in fretta e mi sono ritrovato con la testa al posto sbagliato e i piedi molto più in alto del solito. E molto del mio peso appoggiato ad un dito: il mignolino.
Ma c'era la discesa da fare e cosa non si farebbe per una discesa, tutta d'un fiato, senza mai posare un piede a terra? Si sopporta la fatica, il dolore nemmeno si sente.
La mattina dopo faccio meno il galletto. Ho un dito, il mio dito mignolo della mano destra, storto, gonfio come una salsiccia di maiale e di un colore poco rassicurante, tendente al blu notte. Fa un male cane. Non c'è un'invitante discesa da lenire il dolore. No no.
 Il seguito è noto a chi pratica sport: due di picche dalla guardia medica, lunga attesa al pronto soccorso di Chivasso, radiografie, referto un po' affrettato e rassicurante ("Ci metta del ghiaccio").
Le settimane e i mesi passano. Visita dall'ortopedico ("Lo massaggi nell'acqua calda e con la crema"), fisioterapia, ricerche in rete per scovare la patologia. Buchi nell'acqua. Il dito rimane storto. Siamo precisi: rimane in atteggiamento flesso. Significa che è un po' piegato. Esteticamente fa schifo, funzionalmente è quasi a posto, ma duole.
Qualche settimana la decisione: rivoglio il mio mignolo com'era prima della caduta. Più o meno, non sto a spaccare il capello in quattro.
Nuove radiografie, nuove ecografie, finalmente si capisce qualcosa di più. Ma l'ultima parola spetta ad un chirurgo della mano, uno che ci deve capire parecchio perché la diagnosi me la fa guardandomi da mezzo metro (una lesione, si tratta di deformità ad asola o “en boutonniére") e trovando la conferma nelle immagini delle radiografie. Insomma, quei dottori che incontri sempre troppo tardi. Il nome, se serve, ve lo dico in un orecchio.
Non si può operare, il ditino. E' passato troppo tempo dal trauma (inciso: di dottori ne ho visto almeno un paio: non mi sarebbe dispiaciuto se ci avessero azzeccato anche loro al momento giusto). E quindi... che si fa?
Pare che si debba mettere h24 questo trespolo di metallo
che si chiama ferula di Bunnel e non è molto bello a vedersi così come deve essere piuttosto fastidioso da indossare. Forse, con un po' di pazienza, fortuna e costanza, in capo a uno o due mesi qualche risultato lo vedrò (leggi: recupero di qualche grado di estensione della falange). Mettiamola così: c'è chi, per avere un argomento di conversazione, si compra un cucciolo di labrador; io girerò con una gabbietta attaccata ad un mignolo e dovrò ripetere un po' di volte la stessa storia.
Morale della favola. Primo: no, non smetto di andare in bici. Secondo: se ci si fa male, il pronto soccorso va bene per riportare la pelle a casa, ma per il resto meglio chiedere a chi ha più tempo e voglia.Terzo: per un bel po', avrò qualcosa di molto appariscente di cui rendere conto agli sguardi dei curiosi.

06 settembre 2010

Erano in un parcheggio questa stamattina.


Ha tutta l'aria di un avvertimento. Forse uno sgarro tra uomini di peluche. Vai a sapere.

20 aprile 2010

Vivere ogni giorno l'incertezza della crisi.

Le sezioni finanziarie dei giornali di oggi lasciano poco spazio all'immaginazione e molto alla paura. Ed è solo un nuovo capitolo di una storia che non sembra avere altra conclusione che la fine di quel tessuto produttivo italiano che è stato per anni l'opportunità e l'orgoglio di un Paese. Repubblica aggiorna periodicamente il bollettino di guerra di licenziamenti, chiusure e disoccupazione. Sotto le bombe della cosiddetta crisi cadono centinaia di posti di lavoro alla settimana e, soprattutto, perisce un intero sistema industriale e produttivo.
Diventeremo un Paese di inoccupati senza speranza, dediti ad un triste commercio (cui segue il baratto) di beni importati (perché nel frattempo avremo smesso di produrli), strangolati dal cancro del credito al consumo con cui una parte della popolazione, per qualche anno, si è sentita più ricca e libera. Noi.
Loro no. Non accadrà all'elite della vorace classe dirigente che ha senz'altro approfittato della crisi del credit crunch per aumentare i propri personalissimi profitti a danno dei redditi delle famiglie; che ha senz'altro contribuito alla polverizzazione di un tessuto capace di innovare, produrre, adattarsi e reagire. Perché a leggere le cronache di fallimenti e chiusure, da uomo della strada capisco che il conto lo stanno pagando sempre e comunque gli ultimi anelli dell'infame catena. Nemmeno per un istante si pone il dubbio se davvero proprietà e management di tante piccole e medie imprese abbiano agito negli interessi di aziende che sono fatte di persone, cultura, famiglie. Mai.
Quando nell'ottobre del 2008 è iniziata la grande (imprevedibile?) crisi finanziaria, l'uomo della strada, sempre lui, quel poco che ha capito è che grande parte della responsabilità di una situazione che sarebbe precipitata da lì a poco era da attribuirsi alle banche. Banche che hanno chiuso (in pochissimi casi, e sempre a danno degli impiegati dacché il top management si è ingrassato), banche che hanno ottenuto aiuti governativi (quindi con le tasse di quella che un tempo lontano fu la classe media), banche che dopo qualche titolo in prima pagina hanno ricominciato ad agire senza che alcuno di quei controlli reclamati a gran voce sia stato effettivamente messo in atto. Tutta colpa delle banche? L'uomo della strada questo dubbio ce l'ha. Ma se guardiamo al bollettino di guerra, sono solo gli altri a rimetterci: imprese in sofferenza, piccole ditte artigianali. Poi ci sono altri casi, che hanno tanto l'aria di essere un pretesto per tagliare costi ed arricchirsi ulteriormente, anche se le cose continuano ad andare bene o benino: e qui la delocalizzazione in Cina è la parola d'ordine, una brillante strategia industriale che lascia a casa le famiglie e le loro vite.
E anche chi un lavoro ancora ce l'ha (ma non appartiene ad elite né club né reti di amici di amici) vive e lavora ogni giorno con la paura che sia l'ultimo e che il successivo sia solo una lettera sulla scrivania che dice: ci dispiace, è la crisi, è il mercato. E di trovarsi in un Paese ormai privo di aziende grandi o piccole. Solo banche e commercio che si gonfia nei centri commerciali e che, ci scommetto, prima o poi si trascina nel baratto.
Per chi ha la tessera del club e della rete di amici di amici, qualcosa ci sarà sempre. Per gli altri, che però sono un po' di più, ci sarà poco. Così poco da poter stare tutto in una valigia.

29 marzo 2010

Perché detesto i (padroni dei) cani da guardia.

Credo che tra i proprietari di cani da guardia (ovvero quei muscolosi quadrupedi atti a difendere un'abitazione da abusi e furti) ci sia un sostanziale confusione tra i concetti di proprietà privata e pubblica strada.
Dalle mie parti succede che, appena qualche chilometro fuori da un qualunque centro abitato, ovvero zona collinare di San Mauro, Gassino, Baldissero ecc., la situazione abitativa media sia composta da villetta semi indipendente o cascina più o meno ristrutturata e ameno giardino con accesso sulla strada. Ah, per strada intendo quella via di comunicazione costruita e mantenuta da un ente pubblico con i soldi delle tasse. Tanto per essere chiari.
Ma torniamo alla casetta più o meno rurale. Questa è dotata in genere di giardino o cortile (sul cui gusto e contenuto soprassiedo) limitato da una recinzione e da un cancello. Un accidenti di cancello. E dietro il cancello, l'immancabile muta di cani inferociti addestrati a difendere con la vita quattro forconi arrugginiti e una Punto con le gomme Marangoni.
Il cane in questione in genere non è un animale particolarmente sveglio. Probabilmente per imitazione del suo padrone. Il quale, a dimostrazione di non aver capito a cosa serve un cancello né un cane, lascia solitamente il cancello aperto e il cane libero. Una cazzo di catena da 1 euro, no?
Ecco, succede che il sottoscritto, che non ha cani che sporcano le strade e paga (in trattenuta) le tasse con cui gli enti pubblici dovrebbero costruire e mantenere strade di pubblico accesso e libera circolazione, sabato mattina, inforcata la propria mountain bike in direzione di Bussolino, ha dovuto cambiare percorso tre volte di seguito per evitare di essere sbranato da altrettanti cani ovviamente lasciati liberi a difendere i cancelli spalancati di cascine e casette.
Per la cronaca, lo stupido quadrupede, in ossequio alle bastonate ricevute dal padrone, non conosce altra reazione che cominciare a correre verso oggetti o persone semoventi (se necessario, abbaiando, ringhiando e mostrando i denti) che hanno fatto l'errore di trovare a pedalare (o camminare) nel raggio di azione delle loro fauci. Che, sia ripetuto per chiarezza, non è una strada o una proprietà privata ma una strada pubblica. Pagata anche dalle mie tasse.
Inutile far capire allo stolto mammifero (il cane o il padrone, trovate voi la differenza) che il sottoscritto in quelle pulciose cascine imbrattate di sterco di vacca e coperte da tettoie di amianto non ci entrerebbe nemmeno per ritirare il Premio Nobel (che cacchio vi dovrei rubare, il letame?): l'unica preoccupazione del loro proprietario è che il fido animale terrorizzi e attacchi chiunque non sia protetto dalle lamiere spesse di una macchina.
La conseguenza è che il sottoscritto, per riportare la pelle a casa, per tre volte sabato mattina è stato costretto a fare dietrofront e ad allontanarsi in fretta e furia, maledicendo non la proprietà privata ma i proprietari.
Ed ecco le vostre obiezioni e le mie risposte:
1. I cani non attaccano, difendono solo il territorio.
Un par de ciufoli. Primo, la strada non è il territorio di nessuno: è un'opera pubblica. Secondo, perché lasciare il cancello aperto e il cane sciolto? 
2. I cani attaccano solo se dimostri di aver paura.
Che sentimento dovrei provare mentre un alano di 70 kg mi rincorre spalancando le fauci?
3. Non fa niente, è un cucciolo, vuole solo giocare.
Allora che passi il proprio tempo a giocare a mordere le chiappe del suo padrone. 
Lo dico chiaro e tondo, sperando che qualche "animalista" (bifolco è un'offesa?) legga queste righe: i vostri accidenti di cani da guardia, teneteli a fare la guardia alle vostre accidenti di cascine dietro a un cancello oppure legati ad una corda. Perché il mio diritto a camminare incolume sul suolo pubblico vale di più della vostra discutibile abitudine di alimentare l'aggressività degli animali domestici.

23 marzo 2010

Questo blog è migrato su Blogspot per cause di forza maggiore.

Non scendo nei dettagli tecnici, chi sa sa. Blogger ha annunciato di sospendere la pubblicazione mediante FTP dei blog ospitati su domini di secondo livello come il mio www.piersantelli.it.
Sfortuna vuole che il mio blog ricada proprio in questa categoria. Improperi a parte, la situazione non è semplice. Vero è che Blogger offre un'alternativa per una migrazione seamless verso un dominio xxx.blogspot.com. Purtroppo una tal Roberta ha registrato piersantelli.blogspot.com (senza neanche degnarsi di buttare giù una mezza righetta di testo, quindi non ci andate). http://gpiersantelli.blogspot.com è libero, e l'ho attivato. Non è quello che volevo.
La seconda alternativa prospettata da Blogger, che non spiego, consiste in un servizio DNS da chiedere al proprio hosting provider (nel mio caso, Aruba) e che permetterebbe di avere un indirizzo sul proprio dominio, ad esempio blog.piersantelli.it. Ma la procedura non è semplice, e comunque per attivarla dovrei chiedere anche una migrazione ad un altro sistema di hosting.
Poi esisterebbero le procedure fai date al di fuori della galassia Google. Ma anche in questo caso hic sunt leones. Perché, per citarne una, Wordpress (come servizio, non come piattaforma) non supporta la migrazione dei blog in formato XML da Blogger "vecchio stile". E, di male in peggio, tale funzione è supportata da Worpress in formato piattaforma da installare e configurare: ma, ahimè, tale procedura richiede una migrazione ad un altro sistema di hosting (i.e. da Windows Server a Linux).
Ricapitolando, se voglio continuare ad aggiornare il mio blog senza troppi sbattimenti, devo farlo creando un nuovo blog from scratch (usando i servizi di Blogger o di Wordpress): in questo modo perderei sia la continuità con lo storico del pubblicato (signori, dal 2004: non sono bruscolini) sia l'accesso dal dominio www.piersantelli.it (prima che qualche aspirante webmaster fiati, sì, lo so: uno scriptino di due righe di codice effettua il re-indirizzamento da una URL ad 'altra, ma non è quello che voglio).
Quindi, in conclusione: maledetta sia Google per aver sospeso il supporto FTP senza un'alternativa efficace e davvero wizardata (la procedura di migrazione si è bloccata diverse volte). Che di Blogger non gliene importasse nulla è sempre stato chiaro: è la piattaforma di blog con le caratteristiche peggiori  che possiate trovare, e pochissimo (o quasi nulla) è stato fatto per migliorarla; mentre Wordpress decollava e Joomla prendeva il largo, Blogger affondava in una pozza di pece.
Che si fa allora? Adesso vedrò di valutare le alternative possibili. Di certo per un po' questo blog resterà muto o, per lo meno, balbuziente. Per il momento utilizzerò questo nuovo indirizzo, ma già vedo che ci sono un sacco di magagne. Son on line, ma non come vorrei io.
Se siete ed eravate lettori affezionati, potete esprimere il vostro rammarico non cliccando più sugli sponsored link e sulle inserzioni pubblicitarie generati da Google. E' ben poca cosa, lo so.
A tutti grazie dal profondo del cuore per il supporto in questi 6 anni e (speriamo) arrivederci a presto.
Voster semper voster,
                                      Pippo Piersantelli

28 dicembre 2009

Questa non è Los Angeles.


Infatti è Genova, il lungomare di Corso Italia, una sera di fine dicembre.
Nel pomeriggio ci sono quasi 16 gradi, lo Scirocco porta umidità e sale.
Qualcuno mi chiede ancora perché me ne sono andato. Sì, c'è ancora qualcuno che fa queste stupide domande. Quando ho voglia, gli rispondo che sì, è vero, me ne sono andato; ma che, tuttavia, io posso sempre tornare. Mentre chi è sempre rimasto, non può far altro che rimanere.

20 dicembre 2009

Tutorial di autodifesa dalle email di auguri.

Natale si avvicina impetuosamente, favorito anche dal clima decisamente appropriato, e con esso anche la solita, inevitabile, ipocrita fiumana di email di auguri, inviate in Ccn da colleghi, conoscenti, clienti e fornitori che credono così di aver compiuto un gesto sensibile e gradito.
Vediamo quindi come difenderci da questo attacco utilizzando il client di posta elettronica Microsoft Outlook 2003 in soli 10 comodi passi.. Con qualche variante, che vi troverete per i fatti vostri, gli stessi passi sono applicabili ad Outlook Express e versioni simili. O, almeno, credo.

1. Prima di tutto cliccate la voce Sterumenti --> Regole e Avvisi. Vi apparirà la seguente schermata; premete OK.



2. Selezionate la voce Crea nuova regola



3. Spuntate le voci presenti nell'elenco indicate nella parte inferiore della finestra.



4. Inserite le parole che volete filtrare. Qui ho suggerito "auguri, natale", ma "feste, felicità, presepe" ed altre keyword sono demandate alla vostra fantasia e misantropia.



5. Premete il taso aggiungi. Ripetete l'operazione per ciascuna delle regole create al passo 3.



6. Nella seguente schermata potete visualizzare le regole create.





7. Stabilite che fare delle email sottoposte alle regole create. Si può eliminare un messaggio o spostarlo in una cartella di vostro gradimento.




8. Stabilite qualche eccezione per evitare di cestinare almeno gli auguri del vostro amministratore delegato



9. Nella seguente schermata potete visualizzare le regole create e le eccezioni.



10. Premete il tasto OK.



Complimenti! Avete completato il tutorial e non riceverete più quelle stucchevoli, indesiderate, imbarazzanti email con destinatari in Ccn, auguri generici, disegnini di abeti addobbati, renne e babbonatale.

E' o non è un magnifico regalo di Natale?

E ora non vi aspetterete mica gli auguri, vero?

09 dicembre 2009

I was skiing and I found a baby mole in the snow.





No idea why this little baby was roaming in the snow tracks neither if it will survive: the air was freezing and the soil was convered with a thick layer of snow. Probaly got lost.
I tried to warm the little thing with my breath but then I had to give it back to mother nature. No way to carry the creature with me without hurting it (pocket? backpack? too dangerous).
Good luck you baby mole.

08 novembre 2009

E' passato un mese dal mio ultimo post.

Tranquilli, sto bene. E' che ho poco tempo, viaggio tanto e non riesco a tirare fuori quello che ho dentro. Domani, magari.

02 ottobre 2009

So what. SO WHAT?

non ho piu' scritto molto. anzi, quasi zero. ne ho ben d'onde, ci ho i miei sacrosanti motivi. per questo breve aggiornamento non usero' nemmeno le maiuscole. ci ho i miei sacrosanti motivi.
lasciate che ve lo dica: qualche kilometro l'ho fatto. eppure, le distanze... e' come se non riuscissi a rassegnarmi.
invece dovrei essere cosi' onesto e coraggioso da fermarmi un attimo, tirare un respiro profondo e ammettere a me stesso che ho perso un sacco di persone e di legami e che non c'e' niente, ma proprio niente, che io possa fare per tornare indietro.
e' solamente il ragionevole e necessario prezzo che deve pagare chi e' lontano? oppure ho commesso cosi' tanti sbagli?
distanze, distanze. eppure, qualche kilometro l'ho fatto.
cambiamo discorso, che pero' in qualche modo c'entra perche' di strade e di distanze si parla diffusamente.
sto leggendo Buongiorno Los Angeles di James Frey, libro che ho acquistato -- perche' negarlo -- per il titolo e l'ambientazione (l'antica, mai sopito amore per la metropoli californiana) e accidenti se meritava l'acquisto. di cosa tratta, scopritelo nelle recensioni, io poi postero' la mia qui sul blog. non e' un romanzo e nemmeno un saggio. e' un po' entrambe le cose, e questo lo rende gia' meraviglioso. voglio dirvi che rientra nel numero ristretto di quei libri che non vorrei che finissero, o che almeno continuassero ancora un po'. Come mio uso e costume, consigli non ne do mai. Quindi se vi va di leggerlo, bene. Fate voi.



ma non era di libri che volevo scrivere. in realta' non volevo scrivere proprio niente.
volevo (e voglio), come al solito, tenermi tutto dentro. per fortuna, questa e' casa mia e posso fare quello che voglio.
so what.

11 settembre 2009

Mendoza rocks! Un sito per ricordare Stefano.


In queste settimane, credo per i post che ho pubblicato sul mio blog, ho ricevuto molte email e contatti delle persone che sono state affettivamente e professionalmente vicine a Stefano Petrelli in questi anni. Abbiamo condiviso emozioni e ricordi e soprattutto l'entusiasmo per un concerto in suo ricordo che si terrà il prossimo 6 novembre. 

Così, molto spontaneamente, è nata l'idea di mettere on line notizie, foto e ricordi su Mendoza. Con un po' di sano artigianato ho pubblicato il blog Mendoza Rocks dedicato appunto al ricordo di Stefano Petrelli. Un grazie speciale a Matteo Carnio dei Fury 'n Grace per il supporto morale e pratico e per i contributi dati all'idea. 

Mendoza rocks!