18 agosto 2009

Io sono il rock, e voi non siete un cazzo.


Stefano Petrelli
"Mendoza"
02/11/1963 – 17/08/2009

foto da MySpace.

Stefano Petrelli, in arte Mendoza, musicista, compositore, rocker, leader carismatico del newsgoup i.a.m.s.c., ci ha lasciato il 17 agosto pomeriggio.

Nelle ultime settimane ci siamo sentiti al telefono oltre che in chat. Aveva voglia di tutto fuorché di andarsene. Ha lottato con forza, contro il male che lo affliggeva, contro i dottori che non lo ascoltavano e forse non gli hanno prestato le dovute cure. Cui però non serbava rancore. Chiedeva giustizia, questo siì. Faceva il duro, ma aveva una sensibilità e una capacità di capire davvero fuori dal comune.

E' un giorno triste. La comunità del rock perde una delle sue anime più sincere, creative e belle. Io perdo un amico sempre disponibile a scambiare due parole sulla musica e sulla vita.

Come potevo, non certo all'altezza della sua arte, avevo scribacchiato due paroline sui suoi monumentali capolavori rock: Another Rock n Roll Swindle, Another Rock n Roll Swindle Limited Edition e The Last Dragon.

La sua pagina su MySpace, dove trovate i suoi CD, che vi raccomando di comprare.

Qui le sue performance dal vivo.





12 agosto 2009

Omegle: Chat a caso, con sconosciuto.

Non ci sono limiti -- diciamo -- alla fantasia. Omegle.com è un servizio di chat anonimo che ti mette in contatto con uno sconosciuto a caso.
Gli effetti delle conversazioni sono pressoché unpredictable. Molto peggio che attaccar discorso in ascensore o dal medico.
Ho fatto un paio di prove. Agghiacciante.

10 agosto 2009

Breve test Rock Sox Reba Race.

Dopo aver montato la Rock Shox Reba Race (comprata usata su Internet, escursione 115 mm) sulla mia Giant Terrago 3 e aver fatto un po' di fine tuning all'impianto frenante anteriore, ho fatto un breve tragitto di sterrato leggero in pianura, lungo il canale Cavour nel parco fluviale del Po, tra Settimo e San Mauro.

Tutt'altro che impegnativo, questo tracciato è tuttavia caratterizzato da diversi tipi di fondo: asfalto, terra compatta, fango, ghiaia fine, ghiaia grossa, pietre, erba e ponti di legno, quindi si presta ad un rapido (e non esauastivo test) di un ammortizzatore. Certo, un paio di discese serie , un single track erboso e qualche tracciato tecnico permetterebbero di dare un parere più completo, ma non mancheranno in futuro.

La forcella è tarata medio morbida, a mia sensazione, sia per quanto riguarda la camera positiva che per quella negativa, il che va benissimo per me che sono tutto sommato leggero (sto appena sotto i 70 kg).

La regolazione fine del rebound è un godimento: il comando va dalla posizione lepre alla posizione tartaruga il che significa ritorno veloce e ritorno lento. Il funzionamento è davvero ben realizzato. La risposta in affondo e in frenata è precisa e reattiva, così come mi è parso molto buono il comportamento su tracciato sconnesso a velocità allegra. Ho capito per la prima volta il significato profondo dell'espressione "copiare il terreno". La Reba Race lo fa, punto.

Il remote lock, che ho sempre snobbato come prodottino di marketing, è invece utile come una luce al buio: se non ce l'hai campi lo stesso, ma se ce l'hai, beh, le cose vanno meglio ed eviti di perdere tempo, soprattutto quando si deve affrontare una salita (perché, diciamolo, pedalando un po' di affondo c'è sempre).

Ora passiamo alla parte meno tecnica e più di pancia. Oltre ad avere aumentato il comfort di marcia, adesso notevole all'avantreno, la Reba Race, che ha sostituito una Suntour ad elastomero di primo equipaggiamento, dà immediatamente una sensazione di maggiore sicurezza per la reattività sul terreno. E' come se una vocina dicesse: "tranquillo, spingi pure, l'avantreno è bello saldo al fondo". Quella sgradevole sensazione del tipo "adesso faccio un volo" che provavo nelle curve o su sfondo pietroso preso in velocità, si è decisamente attenuata.

Anche se la prova è stata breve e non completa, posso dire che mi sento soddisfatto dell'acquisto (che grazie al cielo era in buone condizioni e non troppo usato). Adesso resta da effettuare un'escursione un po' più impegnativa per mettere a prova la Reba Race.

09 agosto 2009

Rock Shox Reba Race dual air, montata sulla mia Giant.


Sono soddisfazioni.
Il montaggio è stato breve -- molto più semplice e breve di quanto mi aspettassi. Ora non resta che provarla.

21 luglio 2009

Appello a Endemol: Berté, fatela finire sul lastrico.

Loredana Berté rilascia un'intervista a Sorrisi e Canzoni in cui chiede (implora) a Endemol, la società che organizza il reality Grande Fratello, e a Alessia Marcuzzi, sua storica presentatrice, di prenderla alla prossima edizione dello show.
Motivo: la cantante è fortemente indebitatata e teme di fare la fine di Michael Jackson: morire sola e piena di debiti.
A suo dire:

Sono rimasta senza soldi, ho un mutuo bimestrale da pagare di 8.500 euro.
Le alte spese condominiali mi hanno quasi ridotto sul lastrico. In casa non ho più i mobili, nè la cucina per poter mangiare. I rapporti con i vicini sono pessimi. Ogni scusa è buona per mandarmi la polizia.

La Berté, che i più coraggiosi hanno avuto lo stomaco di vedere a X-Factor (trasmissione a cui presumo abbia partecipato dietro a lauto compenso), vede quindi nel reality show l'unica via d'uscita per la sua precaria situazione economica.

Rivolgo un appello a Endemol e alla sig.ra Marcuzzi: non considerate la candidatura di Loredana Berté per la prossima edizione del GF. Lasciate che se la cavi, o che faccia definitivamente naufragio. Lasciate che provi (o faccia finta di provare) quello che milioni di italiani provano quotidianamente sulla propria pelle: la paura (e la vergogna) di non arrivare a fine mese, di dover fronteggiare debiti che crescono, di pagare la rata del mutuo (magari 800 euro al mese per un trilocale, non 8500 al bimestre per chissà cosa).

Lasciate che i meno critici si accorgano che la Berté ha e ha sempre avuto molto poco da offrire al mondo in cambio di tutto quello che ha avuto: attenzione, interesse, fama, soldi, successo. A quanto pare, sembra che l'egocentrica calabrese abbia dissipato senza rispetto tutti i doni che la vita le ha dato.

Saprà la signora Berté quanti musicisti seri e preparati non hanno mai avuto e mai avranno la possibilità di esprimere la propria arte e il proprio talento in Italia? Non è forse la sua personale vicenda uno schiaffo alla miseria della cultura musicale moderna?

Adesso l'unica merce di scambio di Loredana Berté con il gettone di presenza del GF (e forse qualcosina dagli sponsor, e forse non sempre alla luce del sole, chissà) è la compassione per la miseria in cui racconta di versare. Non ha un talento o una capacità da offrire né un lavoro, un impegno, un progetto: solo la speranza di poter stare ancora una volta al centro dell'attenzione (richiamata a squarciagola con qualche consumato trucchetto) per arraffare qualche quattrino e tirare a campare.

Spett.le Endemol, sig.ra Marcuzzi, non prendetela. Dimostrate che la diceria secondo cui lo star system è spietato è ancora vera. Lasciate che si arrangi. Anche se il GF non è esattamente una fucina di virtuosi, la Berté è tra i peggiori esempi che si possa dare a questo Paese.

Cercate qualche giovane lampadato o una ventenne con il seno rifatto. Ci sarà comunque da rimestare nel torbido a sufficienza.

17 luglio 2009

Grillo, le tessere, lo statuto.

L'anziano clown è riuscito in qualche modo a iscriversi al PD: una piccola sezione di un piccolo paesino in provincia di Avellino gliel'ha concessa.
Ora dicono che l'iscrizione non è valida perché contraria allo statuto. E allora perché il locale circolo ha disatteso le direttive e ha accolto il brizzolato buffone?
Rimpiango il PCI: a quei tempi un no era un no, e per i disobbedienti c'era l'espulsione.

14 luglio 2009

Carfagna, dal calendario al libro il passo è breve.


Per la serie, il lupo perde il pelo ma non il vizio. Mara Carfagna, Ministro della Repubblica, qualche anno dopo essere apparsa sul calendario di Max, manda alle stampe un volume autocelebrativo del suo anno di attività di governo.

Cambiano l'editore (da Max o chi per esso alla Presidenza del Consiglio dei Ministri), i costumi di scena e le location, ma per il resto è sempre lì a dire quanto sono bella, quanto sono brava.

Fa piacere vedere in quale cesso vengono buttati i soldi delle mie tasse. Farà sicuramente molto piacere anche ai terremotati dell'Aquila e ai parenti delle vittime di Viareggio, in attesa di gesti concreti da parte del Governo.

Grillo e l'assedio del PD.

Grillo ha trascorso gli ultimi due-tre anni della sua convulsa attivita' (in)civile lanciando critiche, offese e invettive al sistema dei partiti. Ora bussa alla porta del PD per candidarsi alle primarie. Fa dello spirito, scherza sulla quota di iscrizione. Fa il clown, insomma. Di programi neanche l'ombra. Figuriamoci.
Il posto di segretario e' vacante cosi' come nel PD e' vacante da anni una classe dirigente minimamente credibile o alla quale sia riconosciuta una qualch autorita'.

C'e' da augurarsi che quel che rimane del PD non cada nella facile tentazione di assecondare le voglie del capopopolo consentendogli di accedere alle elezioni primarie. Non c'e' da temere tanto per il PD, ridotto ormai all'ombra di se stesso e incapace di qualunque iniziativa politica, quanto per le istituzioni, gia' messe a dura prova e spogliate di decoro e credibilita'.
La candidatura di Grillo con il suo (largo) seguito di indottrinati puo' portare ad una involuzione del Paese in senso antidemocratico, populista e antipolitico.
Non sono queste le premesse per il rinnovamento della classe politica e delle istituzioni che da piu' parti e da tempo si auspica con forza.
Grillo non e' la soluzione ad un problema, ma una facile scorciatoia per non affrontare i reali problemi del Paese e di quell'eredita' democratica che anima ancora partiti e movimenti politici.

08 luglio 2009

Jacko e Viareggio, due funerali senza un corpo.


In queste ore si stanno celebrando due importanti cerimonie funebri che sembrano non avere nulla in comune.

A Viareggio, circa 30000 persone tra familiari, conoscenti e cittadini, si stanno stringendo intorno alle bare delle vittime del recente disastro ferroviario. Una cerimonia solenne, sobria, ordinata pregna di dolore e commozione. Tragicamente, la manifestazione simbolica di quel senso di civile solidarieta' che gli italiani sanno ancora provare e dimostrare nei momenti piu' difficili.

A migliaia di kilometri di distanza, nell'assolata California, si prepara e celebra un altro funerale: quello di Michale Jackson. Organizzate in uno stadio -- luogo enorme, disperso, pubblico e festoso per definizione -- per accogliere il numero impressionante di partecipanti, le esequie di Jacko sono in in realta' e prima di tutto un evento mediatico con un importante impatto economico (permetteranno di rientrare dei costi sostenuti per i concerti gia' programmati e per i biglietti da rimborsare). E' anche una vetrina per lo star system che sfilera', compreso nel proprio ruolo di orfano, tra musica e vacue parole di circostanza.

Due eventi diversissimi tra di loro, in luoghi lontani e con motivazioni differenti. Eppure vi e' qualcosa che, ai miei occhi, li rende comuni: ad entrambi i funerali, salvo sviluppi e cambiamenti, manca un corpo. E' quanto apprendiamo dalle news e dalla stampa.

Andrea Farloni, 50 anni, elettricista, stava portando a spasso il cane quando e' stato investito dall'esplosione del carro merci alla stazione di Viareggio. Dato a lungo per disperso, di lui non si sono trovati i poveri resti. "Non avremo nemmeno un corpo su cui piangere", ha giustamente lamentato la famiglia.

Il corpo di Michael Jackson non sara' da subito presente alla cerimonia-show che celebra la sua scomparsa. Il funerale si svolgera' in forma provata al Forest Lawn, il cimitero dei VIP, e solo dopo la bara sara' portata, in forma di feticcio, allo Staple Centre. Dove non ci sara' un funerale, ma una festa molto redditizia.

Ecco, due modi diversi con motivazioni del tutto distanti per cui un corpo, le spoglie mortali di un essere umano, sono sottratte al rito del saluto da parte della comunita' dei vivi. E' questa assenza -- o mancanza -- che ha colpito la mia mente nella cronaca degli utlimi giorni.

In mezzo c'e' un abisso. Un terribile incidente ha cancellato i resti mortali (non il ricordo e l'affetto) di un privato cittadino, un artigiano, un uomo della strada. Uno che portava a spasso il cane. Scommetto che aveva anche il sacchetto di plastica annodato al guinzaglio, per non lordare la strada. I parenti vorrebbero un corpo su cui piangere.

Al di la' del mare -- di questo abisso mediatico e culturale -- il corpo di un essere parossistico e caricaturale, oberato dai propri debiti, inebetito da un'esistenza quantomeno discutibile, viene sballottato e trasformato in un iconico totem da esporre in pubblico, per poter vendere qualche gadget in piu'.

Ai fan della popstar poco importa se la bara c'e' o non c'e': lo star system impone l'iconografia, e questa immaginifica e surreale protesi basta e avanza per ballare fino al mattino. E per dire: io c'ero.

03 luglio 2009

Carlos Ruiz Zafón, L'ombra del vento.


Se cercate il titolo di questo libro su IBS troverete più di 500 tra recensioni accurate e brevi commenti. Il potere del web. E allora a cosa serve un'altra recensione di questo bestseller?
Nella migliore delle ipotesi, a nulla. Se non, forse, a mettere nero su bianco (o bianco su nero, dato il layout del mio sito) il mio parere sul caso letterario spagnolo: L'ombra del vento è di gran lunga il peggior romanzo (d'appendice, s'intende) che abbia mai letto. Anzi, a voler essere sinceri, non l'ho nemmeno finito di leggere: in un gesto di pietà verso me stesso, mi sono dispensato delle ultime inutili, penose, farraginose 30 pagine.
La sinossi ve la cercate su Wikipedia, da bravi.
Veniamo al succo.
Questa cartaccia avvolta in una copertina abbastanza oscena si discosta poco, per qualità, contenuti, stile, apporto creativo e messaggio, ad un volume della collana Harmony, della quale, purtroppo, non condivide il prezzo popolare.
I dialoghi sono qualitativamente inferiori solo a quelli dei primi Diabolik e Satanik, fumetti che peraltro conservano una ruspante sincerità.
I personaggi, poi... Variano dalla caricatura pseudofiabesca (il clochard erudito, il poliziotto violento) alla più completa inconsistenza (il protagonista Daniel, che si innamora prima di una cieca poi di una vecchia e infine della sorella di un amico; ma dai, ci mancava la dottoressa del comando militare e faceva poker).
Chiude in bellezza, si fa per dire, una storia che non ha né capo né coda, del tutto slegata dal contesto storico in cui è ambientata. Siamo nel '45, pergiove, mica una data qualunque.
La conclusione viene da sé. L'ombra del vento è una lettura adatta a chi già si dedica a contenuti del medesimo livello e spessore, come l'elenco telefonico di Parma o i romanzi di Coelho. Ma ancora meglio sarebbe evitare di leggere e comprare questo imbarazzante blocco di carta rilegata.
Con gli stessi soldi, compratevi un Happy Meal da McDonalds: fa schifo uguale, ma almeno c'è dentro il pupazzetto.