11 luglio 2006

Argo, la console portatile e wireless di Microsoft.

Microsoft non poteva restare fuori dal business lucrativo delle portable game console e dei portable media player. E fa il suo ingresso nel mercato con Argo. Un ingresso più che strategico, avverte il Seattle Times: se Microsoft non sarà in grado di contrastare il successo dei big della CE come Apple e Nintendo, rischierà di diventare una grande software house. Questa console portatile, che per caratteristiche e design è un mix di PSP e iPod, è nata all'interno del gruppo di lavoro che ha già sviluppato Xbox, e sarà dotata di interfaccia Wi-Fi per connettersi ad Internet e giocare in rete.
Il lancio commerciale è previsto per Natale 2006.
Al momento non sono molti i dettagli tecnici e di servizio in circolazione in rete, ma suppongo che questa periferica ben si inserisca nel filone di MSN Music e PlaysForSure e che supporti Windows DRM, così come è lecito supporre che presto sarà lanciata una serie di titoli di videogiochi dedicati.
La presenza di un'interfaccia Wi-Fi, se ben inserita in un contesto di servizio di download and play o streaming, potrebbe mettere alle corde la famiglia iPod la cui debolezza, come qui è stato scritto, è l'assenza di intrefacce radio.

Via Engadget e HWUpgrade.

06 luglio 2006

Il senso della vita di un vigile urbano.

Basterebbe un post vuoto. Perché la vita di un vigile urbano o poliziotto municipale o come dir si voglia, semplicemente, non ha senso.
Lo dico per la multa appena presa a quel porcile indegno che è l'aeroporto di Caselle.
Ho già scritto la targa, dici tu, con la tua uniforme floscia intorno a quelle quattro ossa da scioperato e il tuo taccuino sudaticcio. Certo, hai scritto la targa. Ma che bravo, lettere e numeri insieme. Niente male per un vigile urbano. E hai fatto tutto da solo, anche se eravate in tre: gli altri due si stavano semplicemente ispezionando il naso, perché i galloni sulla camicia glielo consentono.
Ma non è un problema. Quello schifo che ti porti dietro e che chiami vita avrà fine, e se esiste una giustizia, sarà una fine lenta e dolorosa, la peggiore che io possa immaginare. Ecco il mio augurio della buona notte.

Io sto con Cossiga.

Ci va giù duro Giuseppe D'Avanzo oggi su Repubblica: bisogna ammettere che il pezzo è scritto bene, e il plot ricostruito con la dovuta fedeltà.
Sì, il Sismi -- come tutti i servizi da che mondo è mondo -- non si è sottratto dallo sporcarsi le mani e in più occasioni dal combinare pasticciacci.
Ma l'arresto (io lo chiamo così) di Abu Omar e la successiva traduzione in Egitto per le verifiche (con la mano pesante, è vero) deve essere davvero censurato? Che cos'ha quest'azione di tanto mostruoso, rispetto alla consueta e non immacolata attività del controspionaggio, da risvegliare la magistratura dal suo sonno? A mia memoria, i giudici non sono mai intervenuti in maniera tanto rapida contro ufficiali e agenti dei servizi, sebbene nel nostro Paese abbiamo assistito e avuto notizia (sempre dopo) di atti tutt'altro che legittimi.
Negli anni '60 i servizi, i carabinieri e il governo americano erano pronti ad enucleare (che bel termine) cittadini italiani scomodi e non graditi per il loro ruolo nella vita politica e sociale del Paese. Pochi anni, con il golpe dell'Immacolata, dopo i soliti noti erano nuovamente pronti a cambiare l'ordine costituito. In entrambi i casi, tutti liberi, tutti innocenti.
E ora, per un azione che forse tanto priva di fondamento non è, i giudici si muovono con tale fretta da pensare che ci sia qualcuno a spingerli, chissà dove.
Si ostacolano indagini necessarie in un momento storico e politico in cui fa paura anche andare al supermercato o salire in aereo. Pensino i giudici a risolvere ben altri pasticciacci: alle smargiassate di qualche testa calda, grazie al cielo, ci penserà la storia.

05 luglio 2006

L'(assurdo) arresto di Mancini (SISMI).

Dopo mesi di notizie confuse, accuse reciproche, omiss, silenzi, la magistratura milanese è intervenuta mettendo agli arresti due uomini dei nostri servizi segreti.
Arresto per cosa? Per avere appoggiato una procedura non cristallina conclusa con il sequestro di un Imam? Per aver coadiuvato agenti della CIA di stanza in Italia? Per avere coperto voli "segreti" sui cieli Europei?
Ma andiamo! Da quando i servizi segreti, nello svolgimento delle funzioni di tutela della sicurezza interna, devono rendere conto del proprio operato ai giudici? Come si può pensare ad un'attività di sicurezza ed intelligence che non possa operare nel segreto, sotto copertura e senza informare tutte le istituzioni e i poteri delle indagini e delle procedure in corso?
Da quando è emerso il caso del sequestro Omar ad opera dell'agente Lady, ho sempre pensato che in questa campagna contro i servizi vi fosse anche molta ipocrisia per almeno tre motivi:
  1. In primo luogo, ogni apparato di sicurezza deve poter operare, quando necessario e al fine di tutelare l'incolumità di una nazione, al di sopra della legge e nello stretto riserbo delle istituzioni. La stampa e la magistratura non possono intralciare il lavoro di intelligence impegnata a contrastare minacce interne. Che senso ha, in questo contesto, l'arresto da parte dei magistrati del direttore delle operazioni del Sismi?
  2. In secondo luogo, in un Paese come il nostro in cui, dalla fine degli anni 60 alla caduta del muro di Berlino, i servizi segreti sono stati al centro di attività gravi ed illegittime, come per altro confermato dalla commissione Pellegrino, volte a contrastare l'equilibrio delle istituzioni, quale credibilità può avere l'arresto di agenti dei servizi per una volta impegnati non a danneggiare bensì a tutelare e garantire la sicurezza dei cottadini? Altri sarebbero gli arresti da fare, e per altre azioni, ormai seppellite nell'oblio.
  3. La fine del secondo conflitto mondiale ha portato la nostra Nazione in una condizione di sudditanza nei confronti dell'influenza americana: per decenni, in cambio della sicurezza ad est, abbiamo ospitato senza troppo protestare basi militari, personale straniero e la presenza di intelligence americana sul nostro territorio. L'alternativa, nel '48, sarebbe stata ospitare altrettanta marmaglia vestita d'altra divisa. E per quale motivo si grida ora allo scandalo se qualche barba finta - ben inserita nella dolce vita italiana - ha sorvolato i nostri cieli e allontanato un tale che proprio uno stinco di santo non era?
Siamo entrati in guerra con gli inglesi e gli americani, e ci siamo messi contro il mondo islamico: un atto pericoso e ambiguo per un Paese come il nostro. Se l'integralismo islamico ha avuto recrudescenze in Italia, un po' ce la siamo cercata. E allora ha più senso difenderci con i mezzi consoni che fare tanto i garantisti in patria, e i soldati in casa d'altri.

04 luglio 2006

La resurrezione dei contenuti digitali.

Oggi ho assistito al convegno L'informazione pubblica è un bene comune? organizzato da Il Secolo della Rete e CSI.
Tra gli altri ha parlato J.C. De Martin (Politecnico di Torino) come rappresentante di Creative Commons contento di non essere - come sempre accade - il primo a parlare di Creative Commons durante un convegno. In effetti, le licenze CC sono state il vero highlight della giornata di studi.
Riflettevo sul fatto che in questi dieci anni ho avuto la possibilità di vivere in prima persona e attivamente molte delle fasi della vita digitale dei contenuti. Ho avuto questa serie di pensieri che mi piacerebbe rendere in maniera più organica.
Prima sono stato coinvolto nel progetto dell'Antilibro di Francesco Pirella, in forte contrasto con la logica del copyright, dell'editoria e dei sistemi tradizionali di distribuzione dei contenuti. Io stesso per anni ho stampato - grazie alla relativa libertà della stampa digitale e dell'on demand - libri autoprodotti cercando di recuperare solo i costi vivi, e fa piacere vedere che c'è ancora qualcuno che segue quest'idea. Negli stessi mesi nascevano iniziative simili, come Liberodiscrivere a Genova e Lampi di stampa a Milano.
Tuttavia l'editoria digitale cartacea rimaneva legata mani e piedi ai costi e alla distribuzione. Alcuni autori non comprendevano bene il senso dell'editoria digitale come libertà dalle catene del polverosa e inadeguato tutti i diritti riservati che fa bella mostra su ogni parallelepipedo cartaceo che giace (venduto o invenduto) sulle librerie.
L'avvento e la diffusione di Internet e delle connessioni a banda larga prima e la diffusione del blog poi hanno contributo in primo luogo a liberare la creatività degli utenti (che hanno scoperto la posibilità di rendere note le proprie capacità autoriali) e in secondo luogo hanno reso vieppiù inadeguato il concetto di diritto d'autore (copyright, così come lo si conosce nel diritto tradizionale) applicato a documenti e informazioni digitali.
D'altronde la rete, con la sua architettura peer to peer, si è prestata da subito alla circolazione incontrollata (copyleft) delle informazioni e dei documenti digitali.
Creative Commons ha avuto il merito di riempire lo spazio tra l'appropriazione indebita del frutto del lavoro intellettuale e l'anacronistico tutti i diritti riservati. L'utilizzo di una licenza CC in un blog o in un sito garantisce la trasportablità dell'informazione e tutela il lavoro di chi produce le informazioni: ed è esattamente quello che non si era riuscito a fare, nonostante gli sforzi, con gli Antilibri, che erano difficili da riprodurre e distribuire ma potevano essere trattati senza riguardo e senza che l'autore potesse ricevere tutela in alcun modo.
Tuttavia ritengo che gli Antilibri abbiano svolto un ruolo importante nella diffusione della cultura di un'editoria digitale nuova e libera, efficace ed ecologica, prima che Internet entrasse nelle case e nelle scuole (perché si parla del 1996, non di ieri). Erano anni in cui digitale significava ancora reprografie e xerografie, in cui scrivere un documento (romanzo, pesie, che importa!) significava subire il rifiuto di piccoli e medi editori (che dovevano pur mettere insieme il pranzo con la cena) oppure accettare il ricatto dei sedicenti editori a pagamento - in realtà stampatori e tipografi che in cambio di notevoli somme consegnavano all'autore una cassa di libri (le soffitte ne sono piene).
In questo contesto, l'Antilibro, culturalmente onesto ed ecologico, consentiva di stampare quello che si voleva, quanto serviva, quando si poteva.
Certamente, l'avvento della rete dev'essere considerato a pieno titolo un evento rivoluzionario nella modalità di distribuzione e fruizione dei contenuti. Eppure mi piace pensare che i contenuti abbiano attraversato queste 2 fasi:
  1. nascita, con la stampa gutemberghiana e l'editoria tradizionale
  2. morte, con il declino e la crisi dell'editoria (offerta che supera la domanda)
Al contempo, posso affermare che i contenuti digitali sono stati protagonisti di 3 fasi:
  1. nascita: con l'avvento dell'editoria digitale e on demand
  2. morte: quando l'editoria digitale non ha saputo varcare i confini geografici e del copyright
  3. resurrezione: con l'avvento di Internet, dei blog, del peer to peer e, finalmente, delle licenze CC.
Ci sarebbe molto altro da scrivere. Spero di trovare presto il tempo e il modo di farlo.

03 luglio 2006

La revisione obbligatoria dei veicoli.

Il mio motorino Aprilia Scarabeo 50, anno di nascita 1995 e 22.000 km sul groppone, ha passato a pieni voti la revisione obbligatoria. Che, per la cronaca, costa 41€ più 15€ di pre-revisione. Con 56€ ho ottenuto un bell'adesivo che mi ricorda quello che già sapevo: il mio motorino parte, frena e ha le luci a posto. E per la serie siamo tutti uguali la tariffa applicata è la stessa per un ML da 100.000€ e per un ciclomotore che ne vale 100.

02 luglio 2006

Il torrone Demurtas.

No, non è una pubblicità.
Un anno fa, di ritorno dalla Sardegna, scrissi un post scherzando sul nome di un dolciume in vendita su una bancarella. Lo corredai di una piccola foto scattata con il cellulare: nella foto si intravedeva una simpatica ragazzina al banco dei dolci. Chiesi ed ottenni consenso verbale.
Qualche settimana fa ho ricevuto una mail, abbastanza incazzata, da parte del proprietario della ditta di torrone Demurtas: tolga la foto altrimenti ci arrabbiamo. Più o meno.
Rispondo io: caro signor Demurtas, non si incazzi. Ora vengo in Sardegna e ne parliamo di persona.
Detto fatto, a San Teodoro ho incontrato il titolare della ditta, che ha garbatamente spiegato il motivo della sua richiesta: la figlia si vergogna di apparire in foto, e si era dispiaciuta di vedersi in un sito. Svelato l'arcano, ho promesso che avrei rimosso la foto.
Così ho fatto.
PS: Demurtas mi ha anche offerto una degustazione del suo torrone, quello al miele con la cialda sopra. Buono da morire.

Angelo M. D'Addesio NON è uno spammer.

Breve e doverosa rettifica sulla mia tirata d'orecchie a tal D'Addesio, che posta un commento, spiega che è innocente, e tutto finisce qui.
Spero.