28 luglio 2005

Pronti... Via!

Lo ammetto, ho avuto qualche difficoltà tecnica e un breve momento di rifiuto. Ma ora eccomi qui alle spese con la minuscola tastiera del cellulare, a scrivere sdraiato sulla spiaggia di Cala Gonone, dopo aver attraversato in auto gran parte della Barbagia.
La piccola ford rossa, grazie a un tagliando estivo, si sta comportando egregiamente, e si arrampica con onore sulle stradine dell'interno. Cose da notare: sarà un caso, na rispetto alla mia prima esperienza ho sardegna, anno 1994, mi sembra che ci pic un gran numero di attività e negozi che si chiamano Tiscali... Potere della rete o clima da campagna elettorale?

25 luglio 2005

L'arma definitiva.

E' venerdì sera. Suona il telefono nel mio alloggio in penombra. Ring, ring, ring. Chi sarà? Ma è ovvio, qualche venditore.

"Buonasera, sono Laura di Telecom Italia"

Appunto, un venditore. Un brevissimo lampo di genio rischiara la mia mente ottenebrata dalla calura settimese. Un'idea per chiudere subito ed educatamente l'ennesimo tentativo di convincermi che non posso vivere senza l'ADSL.

"Buonasera, sono Laura di Telecom Italia"
"Buonasera, sono Giuseppe di Telecom Italia".

Sacrosanta verità. Laura ha un momento di defaillance, se si scrive così. Balbetta qualcosa, forse sorride, lievemente imbarazzata. Di certo, c'è solo che riaggancia.

24 luglio 2005

Il mio primo mobile blog

sono nel mio alloggio di settimo e sto scrivendo questo blog dal mio cellulare via gprs. Con questo piccolo accorgimento tecnologico non sarò costretto a rinunciare alla mia grafomania nemmeno sotto l'ombrellone. Contenti?

22 luglio 2005

Imprevedibilità o innefficienza?

Due giorni fa un signore inglese, conosciuto ad una conferenza, mi ha scritto: "Preferirei essere in Italia in questi giorni".

Subito gli ho risposto che, a parte gli aspetti metereologici, ritenevo che Londra sarebbe stata più sicura di Roma nelle settimane a venire. Le ultime parole famose.

Ora però comincio a credere che Blair, nel dichiarare che simili attentati sono del tutto imprevedibili, stesse mettendo le mani avanti conscio di una certa incapacità dei suoi apparati di sicurezza nel monitorare gli obiettivi sensibili.

Poi c'è il morto: ma i morti, si sa, fanno scalpore ma non collaborano né confessano.

Aveva ragione il mio amico: meglio Roma. Per ora.

21 luglio 2005

Podcasting: Cicero pro domo sua.

Ieri Repubblica ha dedicato un'intera pagina al fenomo del podcasting. Articolo ben scritto anche se un po' autoreferenziale. D'altronde, nel desolante panorama di casa nostra, Repubblica Radio è il più importante fornitore di podcasting in lingua italiana. Quindi, a buon diritto possono suonarsela e cantarsela.

Fa piacere che tra i podcaster più attivi sia citato Pendodeliri, il commuter forzato della S.S. Pontina.

E poi? Penso spesso a come, se e quanto si diffonderà il podcasting in Italia. A me sembra davvero l'arma vincente. La radio e televisione non hanno saputo adeguarsi ai cambiamenti sociali portati dalla tecnologia. La radio e la televisione, così come sono, mi hanno stufato.

Vorrei sentire il telegiornale delle 8 su Radio Rai Uno ma raramente sono in auto a quell'ora: perché la Rai non mi lascia scaricare sull'iPod un MP3 con il notiziario o almeno un riassunto? La BBC lo fa.

Aggiungo: il 90% di quanto ascolto per radio è inutile e snervante. Eppure non ho scelta: se un programma mi annoia posso solo farmi annoiare da un altro programma su un'altra frequenza. Se sono in anticipo o in ritardo per un contenuto che mi interessa non posso che rinunciarvi.

Eppure è finito il tempo della vita cadenzata da orari precisi lavoro-casa-telegiornale. I broadcaster devono adeguarsi al cambiamento e al nomadismo, devono rinunciare alla loro rigidità. Lo hanno già fatto i giornali, con le edizioni online e i feed RSS. A quando la radio e la Tv davvero personali?

20 luglio 2005

A saperlo prima...

Dev'essere girata la voce che la mia carriera professionale non è proprio esaltante come quella di Briatore.

Infatti alcuni gentili signori mi dicono che in due settimane potrei finalmente avere una laurea, un dottorato o un MBA e dare una svolta alla mia esistenza. Basta un colpo di telefono. Vabbe', le lauree non hanno alcun valore, ma non stiamo a spaccare il capello in quattro.

Se mi avessero scritto una decina d'anni fa, col cavolo che avrei passato tutte le sere sui libri e fatto il ricercatore aggratis nella speranza di un dottorato.

In fondo alla mail c'era pure questa scritta misteriosa:

"a When you in 1804 in 1993 Free in 1990 What area, please?"

Se è un saggio della preparazione dei loro laureati non c'è da stare allegri.

Molto ma molto bene.

19 luglio 2005

Chiudere i recinti quando i buoi sono usciti.

Anzi, quando sono dentro già da un po'. Ma chi glielo spiega a quel comico di Castelli che chiudere le frontiere è perfettamente inutile? Le bombe a Londra le hanno messe dei cittadini britannici... Certo, un po' di training veniva dall'esterno, forse dal Pakistan, che fa molto Stato-canaglia con l'atomica.

Ma che fine hanno fatto i bei vecchi tempi, in cui i Carabinieri sapevano davvero vita morte e miracoli di qualunque organismo pluricellulare non iscritto alla massoneria che calpestasse il suolo italiano?

18 luglio 2005

Convivere con la paura.

Ieri mattina ero a Genova. Stavo camminando verso il garage dove tengo la Vespa. Impossibile andare al mare senza Vespa.

Da lontano, una pattuglia di due carabinieri mi ha chiesto di fare il giro largo, di non passare vicino a loro: sul marciapiede, sola sotto la canicola di una mattina di luglio, c'era una valigetta nera.

I due militari stavano probabilmente aspettando gli artificieri e nel frattempo dovevano tenere alla larga la gente e custodire l'oggetto sospetto, con il rischio di saltare in aria nel caso in cui si fosse trattato del bagaglio di qualche invasato musulmano delle balle.

E' curioso che spesso la valigia, di per sé metafora del viaggio, sia scelta come strumento per causare a molti l'ultimo viaggio. Solo qualche mese fa, il primo di passaggio si sarebbe fregato la valigia abbandonata per strada. Oggi si chiamano i Carabinieri.

Quando sono tornato la sera, non c'era né un cratere per terra né un posto di blocco. Probabilmente la valigia conteneva una copia del Secolo XIX, qualche scartoffia e le chiavi di casa di un distratto.

Ma il terrorismo, alla fine, è proprio questo: non far saltare la gente in aria, ma costringerla a vivere con la paura nel cuore.

17 luglio 2005

Convivere con l'incertezza.

Non c'è da nulla da fare. Non posso smettere di lavorare, prendere l'autobus o fare la spesa nei supermercati perché dentro percepisco forte la paura che il tipo accanto a me con un grosso zaino sullo spalle stia per farsi esplodere.

Venerdì sera ero sulla linea rossa del Tube londinese. Poco prima di Holborn una voce ha annunciato che era stata rilevata una minaccia di pericolo nella stazione successiva e che il treno si sarebbe fermato fino a nuovo ordine. Nessuno è sceso.

Ho pensato: "Se scendo e vado a piedi, non arriverò in tempo a Stansted e perderò l'aereo. Se rimango, quante probabilità ci sono di festeggiare i miei trent'anni nella morgue di qualche ospedale inglese, con tre tecnici di laboratorio impegnati a riscostruire pezzo per pezzo il mio cadavere?"

Sono rimasto. Il treno è ripartito. Poi si è arrestato nuovamente. Infine è ripartito e mi ha portato a Liverpool Street. Altre incertezze: ci sarà una bomba nascosta sullo Stansted Express delle 5? Sarà salito un terrorista sul volo Ryanair che sto pe prendere?

Negli anni '50 era la minaccia atomica a tenere la gente col fiato sospeso. Nei '70, la lotta armata. Io quelle paure non le ho vissute in prima persona. Quando, all'inizio degli '80 le strutture eversive sembrarono smantellate, io andavo sereno alle elementari. Oggi devo imparare a convivere con nuove minacce, nuove paure e, conseguentemente, un diminuito livello di sicurezza percepita, aggravato dalle mie abitudini: viaggio, mi sposto in treno, in aereo, in auto. Se vivessi in un villaggio di campagna e lavorassi la terra, mi esporrei a meno rischi. Ma non è così -- viaggio più della media delle persone e faccio la spesa alla Auchan anche se tante volte ho sentito dire che gli ipermercati dell'hinterland torinese sarebbero obiettivi sensibili -- quindi mi espongo a un numero considerevole di rischi.

Che cosa succederà? Non c'è modo di predirlo né c'è modo di prevenire fatti spiacevoli. Questo, per me piccola pedina, è solo il tempo di sperare.