02 settembre 2008

A volte sbucano dal buio.

La mia storica esposizione sulla big internet – online con un sito web da dieci anni, iscritto a newsgroup e forum – porta sovente i suoi frutti, taluni marci, altri acerbi, di rado gustosi. Incurante della privacy, anche il mio cellulare personale è facilmente reperibile in rete. No, non ve lo scrivo qua. Cercatevelo.

Uno di questi, non infrequente, è il contatto con persone (o cose) provenienti dall'oltretomba della mia memoria, dai viali più nascosti del mio passato.

Altro che Facebook. Piersantelli.it è il vero social network.

Prendi ieri ad esempio. Ambo. No, dico: ambo. Mica roba da ridere. Ma andiamo per ordine.

Riscoperte piacevoli.

Come spesso accade, gente a me ignota oppure nota ma persa di vista mi trova online grazie ai miei scritti: chi cerca di musica, chi di chitarre, chi di foto, chi di libri. Le solite cose del mio blog. E' attraverso il mio blog che ho ricevuto un messaggio del nipote del giornalista Nino Vascon o dell'autrice di Uno bianca, trame nere, ma anche di quella studentessa che, bontà sua, mi ha citato nella sua tesi di laurea. Sic.
Ieri mi scrive Fabrizia, una deliziosa ragazzina (beh, allora era una ragazzina, adesso ci avrà – che so? - diciamo trent'anni) di Brescia, conosciuta al mare, frequentata in amicizia un'estate e poi per scritto. Con carta e penna, come mi ricordava. Stava googlando notizie sul libro di Flamini (a proposito: chissà se l'autore ha letto la recensione) e ha trovato me. Curioso, no?
Lei dice di ricordarmi con un sorriso. Altrettanto, cara Fabrizia, anche se mi par strano perché io son sempre stato un gran musone, più incline al grugno che al sorriso. Tant'è. Sarà stata la spensieratezza dei 17 anni, l'estate. Bentornata.

Torna dov'eri, ovvero: Va' a lavorare, barbone

Mentre preparavo la valigia per la ormai consueta trasferta veneziana, mi arriva un SMS sul cellulare privato. Uno di una lunga serie di lunghissimi SMS. Il tale, che mi pare subito uno squilibrato o comunque non propriamente in bolla, si firma Robo (termine corretto nel suo caso, il maschile di roba, cose...) e attacca a scrivere in versi – sì, in versi in un messaggio, e andando pure a capo – della sua recente permanenza a Torino, della nostra vecchia amicizia, della sua caparbietà, dell'attaccamento alle persone nonostante le tante bastonate prese. Insomma un sacco di fregnacce.
Si firma pure “tuo fratello maggiore”. Al che gli spiego che i miei unici fratelli erano nel 157 Reggimento di fanteria (Leoni di Liguria, pluridecorato, sciolto e poi ricostituito) e che dubitavo fortemente che ne avesse fatto parte.
Dapprima ho avuto qualche dubbio sulla sua identità; ma dopo i primi SMS ho avuto ben chiaro chi fosse questo curioso e sfaccendato personaggio che a mezzanotte mi scriveva camminando da non so quale lungomare. Trattasi di un elemento che, anno del Signore 1999, frequentai per via del vizio comune di scrivere.
Oddio, scrivere: lui, questo lo ricordo perfettamente, metteva in fila delle parole e le chiamava racconti, talvolta andava a capo e le chiamava poesie. Aveva fatto le scuole dai preti, eh, non + che fosse proprio all'oscuro di sintassi, grammatica e ortografia. Ma era così pieno di sé che se avesse ricopiato l'elenco telefonico di Campobasso si sarebbe chiesto perché mai tardassero a nominarlo per il Pulitzer.
Ricordo che dal punto di vista sessuale era, diciamo, più vicino ai Village People che a George Clooney, e nonostante ciò – da qui si vede che era proprio un amico leale – ci aveva provato pesantemente con la mia fidanzata o ragazza di allora.
Vada come vada. La notte scorre e la giostra continua a girare. Nel senso che io rispondo picche e spengo il telefono e lui manda centinaia di parole alla rinfusa che terminano con: “Non sono venuto per giudicare, io sono tuo fratello, io sono tuo amico, io sono come un cane che preso a bastonate ama la mano che lo percuote e mostra la giugulare”.
E da qui in poi la situazione degenera. Ma seriamente. Come vede che lo ignoro e cerco di scrollarmelo di dosso, iniziano a volare giudizi pesantissimi sulla mia persona, sulla mia vita e le mie scelte, insulti, accuse, insomma, ci mancano le minacce del tipo "mi suicido per colpa tua, cattivone".
A posto. Maledetta legge 180. Questo sta messo male. Credo che con un delirio di onnipotenza e un paio di quelle poesie, la mutua le passi gratis, le medicine. A Robbe', sei fortunato: io l'aspirina la pago.
Conclusione. Vabbe' che molto de mio passato è una fogna, ma perché è la merda a tornare sempre a galla?

PS. Se stai leggendo questo post, ecco un avviso per te e solo per te, caro "Robo". Mandami ancora un cazzo di SMS e ti denuncio per atti persecutori.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Divertente... ecco, per te non saprei... ;)
Ciao
Giorgio