07 aprile 2008

Il sabato pomeriggio dell'italietta cafona.

Poco prima delle 3 di pomeriggio, via Roma, centro di Torino.
I teenager, ma possiamo chiamarli adolescenti, ragazzi, giovani, studenti, marmaglia, cominciano a sciamare. Arrivano da ogni parte e in pochi minuti, i portici del salotto sabaudo si riempiono di corpi, teste, borse, zainetti, nuvole di fumo.

Guardando questi rumorosi gruppuscoli, mi rendo conto di quanto i maschi italiani sui 14-20 anni si assomiglino tutti. Il livello di omologazione estetica è tale che mi riesce difficile, osservando un gruppo a poca distanza, distinguere due individui diversi: basta distrarre lo sguardo per un secondo e non sono più in grado di ricordare se stavo osservando uno o l'altro o il terzo. Sono troppo uguali.

Troppo uguali con il taglio di capelli a mezza cresta inzuppati di gel maleodorante, il viso abbronzato e ancora implume ma già trafitto da piercing e coperto in gran parte - per fortuna - da occhialoni appariscenti. Uguali nei jeans attillati, nelle scarpe con le stringhe slacciate e nelle cinture che gridano marche troppo costose per lo stipendio di un padre e per la paghetta di un adolescente. Troppo uguali anche le ragazzine che mettono in mostra, con il primo caldo, non solo le tette strizzate nei pushup o l'elastico del perizoma, ma anche strabordanti rotoli di grasso che ingombrano il girovita e crescono al ritmo dei BigMac divorati tra grida, bestemmie, sputi e fumo di sigarette.

I/le teenager fumano tutti/e. Impacciati, in posa, grossolani. Quel che oggi è un vezzo, domani sarà un vizio e infine una malattia (cancro, infarto) che peserà sui conti di una sanità pubblica alimentata dalle tasse del sottoscritto, non fumatore. Traduco: butto via oggi i miei soldi per curare, domani, questi coglioncelli. Ne farei a meno, credetemi.

Gridano, schiamazzano, come a farsi coraggio prima di una battaglia. Sono piccoli spaventati soldati dentro le loro costose uniformi tutte uguali. Ma la loro vita, almeno quella dei maschietti, non sarà disturbata nemmeno da pochi istruttivi mesi di servizio militare perché, a parere di chi ci governa, non serve più. Ne dubito: svegliarsi presto, prendere qualche ceffone e pulire turche non ha mai ammazzato nessuno. Eppure.

Sciamano. Indistinguibili. Fanno a gara a chi indossa l'accessorio più vistoso e cafone, e probabilmente falso. (Alimentano anche la lucrosa industria del falso, come se il resto non bastasse). A chi usa il profumo più forte e nausante che sovente copre un'igiene approssimativa.

Ma non basta, in tanto chiasso, gridare più forte per emergere. Il livello medio è talmente basso che in pochi isanti non si fa più caso ad una fibbia d'acciaio grossa come un mattone, a un paio di mutande completamente scoperte dai jeans a mezzagamba o dal trucco adatto ad un'anziana prostituta sul viso di una tredicenne.

Va bene così. E' la brevissima rivincita dell'Italia cafona che, libera dal vincolo ormai solo formale degli impegni scolastici e da un'occupazione giovanile tra le più basse d'Europa, si riversa dalle periferie al centro. Un moto centripeto che aumenta d'intenstà fino a sera, e ridiventa centrifugo al tramonto.

I mezzi sono quelli di sempre, con qualche aggiornamento. Si va dal basso (autobus, dove i teenager hanno inaugurato la moda di usare il vivavoce del cellulare per riprodurre MP3 a tutto volume e ballare come deficienti scoordinati), al motorino con lo scarico libero, alla Fiat Punto con l'autoradio al massimo e i finestrini abbassati. Quel che conta non è vivere: è fare più rumore possibile.

Per fuggire a questo bailamme, i rimedi sono pochi. Ci si può rifuguare una libreria - i "giovani" non leggono, forse non sanno nemmeno più leggere e comprendere un periodo intero, figuriamoci un libro intero - oppure evitare il centro.

Si fugge, si rinuncia. Non c'è speranza di un qualsiasi miglioramento in queste masse indistinte di cafoncelli, colpevoli solo in parte della loro maleducazione. Hanno avuto pessimi esempi, modelli mediatici deteriori, un sistema scolastico frutto di interessi personali del ministro di turno, un sistema familiare in cui separazione e divorzio sono lo status normale.

Il sabato sguaiato scivola via. Il rumore si attenua, i portici si svuotano. Rimangono a terra cartacce, mozziconi e pacchetti di sigarette, bicchieri. Gli scarti del consumo. Le vittime cadute sul campo di una battaglia contro se stessi. Fuggiti gli ultimi rumorosi adolescenti, non resta che sperare che le braccia di uno spazzino portino via anche le loro ultime sudicie tracce.

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Le righe che hai scritto sono disperanti. E, a parte il merito di qualche dettaglio, particolare od osservazione che non sono mie (nessuno sguardo, per fortuna, coincide esattamente), sono le cose o il genere di cose che scriverei, se scrivessi, in questi giorni. Per questo non scrivo; forse non voglio ammetterlo neanche a me. Il pensiero. Se lo scrivo lo invero.

Anonimo ha detto...

approfitto qui per raccontare la mia domenica pomeriggio a Genova, la mia città.
Ho scoperto che i residenti hanno l'intero circuito di musei e palazzi comunali gratuito (la domenica).
Per vincere la pigrizia e il cattivo tempo, ho passato un paio di ore a palazzo rosso, supportato(per 3€ ben spesi) da un'audioguida che raccontava quadri e affreschi di interesse.

Ne è valsa la pena, non fosse altro, per la vista meravigliosa di cui si gode dal terrazzo situato sul tetto del palazzo.

Fare il turista nella propia città mi ha procurato un godimento particlare, forse perchè affiancato da una sensazione di orgoglio, che a visitare città non proprie non si prova.
stef.

Giuseppe ha detto...

palazzo bianco e palazzo rosso ospitano una delle piu imponenti collezioni della scuola fiamminga.
come hai potuto constatare sono anche un efficace rifugio dalla chiassosa e indistinta folla adolescenziale, terrorizzata da ogni forma di cultura :-)

Anonimo ha detto...

Caro Pippo,
anche io facevo parte, circa 12-13-15 anni fa, della folla rumoreggiante dall'igiene approssimativa che dalle periferie della val Polcevera si riversava il sabato pomeriggio in via venti a Genova. Al posto delle cinture appariscenti e degli mp3 avevamo indosso i bomber con l'interno arancione e le Dr Martin's, però credo che l'impressione e il fastidio che si desse agli adulti fossero stati gli stessi.. Questo ti suggerisce che ciascuno ha il suo tempo, e che riuscire comunque ad esprimere un'identità non è facile, e di certo di più se hai diciotto anni e vuoi fare quattro passi in centro con il tuo branco.
Non rinnegare quello che (anche se magari senza il bomber arancione "zarro" ma con un maglione di shetland slabbrato "radical shic") sei stato. Con molto affetto! Marta

Piè ha detto...

Concordo in pieno con Marta, soprattutto leggendo il tuo post precedente (non sono sicuro di voler cresscere)
Un abbraccio grande
Piero

Anonimo ha detto...

grazie Piè! marta